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Meloni zittisce Nordio e liquida Marina Berlusconi: siluri della premier sulla giustizia

Meloni zittisce Nordio e liquida Marina Berlusconi: siluri della premier sulla giustizia

Che Giorgia Meloni intendesse usare l’occasione offerta dall’anniversario della strage di via D’Amelio per recuperare l’immagine di inflessibile nemica della criminalità organizzata e liquidare le sortite garantiste del suo guardasigilli, del resto da sempre pochissimo ascoltato, era già palese dalla vigilia.

Anzi dal giorno prima, da quando la premier aveva annunciato al cdm l’intenzione di varare al più presto un decreto per cancellare la sentenza della Cassazione che impone di usare gli strumenti investigativi eccezionali permessi nei casi di criminalità organizzata solo con chi alle organizzazioni criminali effettivamente è sospettato di appartenere. Ieri a Palermo la premier si è spinta anche oltre, di fatto liquidando l’intera campagna sulla riforma della giustizia, che pure era uno dei capisaldi del programma elettorale del centrodestra.

Sin dal primo mattino, con una lettera al Corriere della Sera, la premier rivendica in pieno l’eredità di Borsellino, la cui uccisione ha sempre sostenuto essere all’origine del suo impegno politico: “Il suo coraggio e la sua integrità sono doni che ci ha lasciato e che tanti giovani hanno deciso di raccogliere per affermare due valori imprescindibili: la legalità e la giustizia”. A Palermo, dopo aver deposto la corona di fiori e prima di presiedere la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza, Meloni esalta poi i risultati del suo governo nella guerra alla mafia, nega di aver rinunciato alla fiaccolata della sera per paura di contestazioni, si scaglia contro chi polemizza col governo: “Ci sono giorni in cui non si dovrebbero fare polemiche sterili e inventate che fanno bene solo a chi stiamo combattendo. Poi chi mi dovrebbe contestare? Solo la mafia mi potrebbe contestare”.

I pezzi forti arrivano quando la ministra, dopo aver confermato che il concorso esterno non verrà toccato, scarica quasi apertamente Nordio: “Sul concorso esterno ha solo risposto a una domanda ma ha detto che non è nel programma di governo”. Certo, aggiunge, “dovrebbe essere più politico: le cose che si vogliono fare si fanno e del resto si può evitare di parlare”. Traduzione: dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa. Drastico anche il commento sulla lettera di Marina Berlusconi, che incitava di fatto ad andare avanti con la riforma: “Con tutto il rispetto, non posso considerarla un soggetto della coalizione: non è un soggetto politico”.

Sulla querelle ormai insensata legata al concorso esterno il capo dello Stato aggiunge il suo carico: “L’esempio di Falcone e Borsellino ci invita a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità”. Salvatore Borsellino non si accontenta della retromarcia di Giorgia: “La premier dovrebbe dirlo a Nordio, il quale dovrebbe riconoscere di essere stato inopportuno e dire che abbandona il progetto”. Detto fatto: il ministro chiarisce che la sua intenzione, casomai, era quella di rendere la fattispecie di reato “ancora più efficace”. Nel complesso, l’intera vicenda ha fornito alla premier l’occasione per una inversione di marcia, certo non dichiarata ma in compenso praticata.

La stessa intenzione di modificare per decreto non una singola sentenza di Cassazione ma l’intero approccio della Suprema Corte, articolato in numerose sentenze a partire dal 2016 e anche da prima, è un segnale inequivocabile della scelta di limitare al massimo la riforma della giustizia. Verrà abbassato il tiro anche sulla cancellazione dell’abuso d’ufficio. Ieri, con un ritardo che equivale a un segnale politico, Mattarella ha firmato il ddl. Si aspetta in Parlamento correzioni sensibili del testo. La premier, nel colloquio faccia a faccia, si è impegnata. Ma la materia resta molto scivolosa, trattandosi appunto di una sterzata brusca a scapito del cavallo di battaglia di Forza Italia. L’obiettivo reale delle frecciate contro il ministro troppo loquace e contro l’invasione di campo della figlia di Berlusconi è il partito azzurro, o almeno le sue ambizioni di portare a casa una riforma della giustizia radicale e di ampia portata.

Cambiare cavallo in corsa però è rischioso e complesso. La prova è il parere della commissione per le Politiche comunitarie, stilato da FdI, sulla direttiva europea che imporrebbe di confermare in pieno il reato di abuso d’ufficio. Il parere è un rifiuto drastico e radicale della direttiva, in nome anche dell’autonomia legislativa dei singoli Paesi. Un passo in pieno contrasto con gli impegni assunti dalla premier sulla revisione del ddl sull’abuso d’uffici. Capita, insomma, che piani diversi e strategie mutate nel corso del tempo si intreccino e spesso si contraddicano e in questa giungla non è affatto escluso che maturi una progressiva autonomizzazione di Forza Italia dal resto della coalizione. In fondo, se c’è un fronte sul quale il partito azzurro e la galassia centrista sono davvero vicinissimi, molto più di quanto possa dirsi a proposito di Fi e del resto della destra, è proprio la giustizia.