Vincono i Popolari, ma senza i numeri per formare una maggioranza al Congresso per governare il Paese. È questo il risultato a sorpresa delle elezioni tenute domenica in Spagna, con i sondaggi pre-voto che davano il centrodestra di Alberto Nuñez Feijóo grande favorito per la vittoria, col solo ‘dubbio’ della necessità di un accordo politico con l’estrema destra di Vox per la formazione del governo.
Accordo con Vox visto con disagio da buona parte della leadership e dell’elettorato del PP che in ogni caso non sarà necessario perché la somma dei seggi non basta per raggiungere la fatidica quota 176, maggioranza assoluta nel Congresso composto da 350 seggi.
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È proprio Vox la grande delusione del voto spagnolo. I nostalgici del franchismo, il partito anti-femminista, xenofobo e anti-immigrazione guidato da Santiago Abascal, alleato a livello europeo con Meloni che in più occasioni ha partecipato a sue iniziative elettorali, non va oltre i 33 seggi. Pur terza forza parlamentare, il risultato è un flop: nella scorsa legislatura, chiusa anticipatamente dal premier socialista Pedro Sánchez dopo la grave sconfitta elettorale subita alle amministrative di maggio, Vox contava su 52 seggi.
Tornando ai due movimenti principali della scena spagnola, i Popolari di Feijóo diventano il primo partito con 136 seggi e scavalcano il PSOE, i socialisti di Sánchez fermi a 122. Eppure per la sinistra resta un risultato migliore delle attese della vigilia: i socialisti arrivano addirittura a guadagnare due seggi rispetto alla scorsa legislatura.
Bene ma non benissimo Sumar, la coalizione di partiti della sinistra radicale creata alcuni mesi fa dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz. Al suo interno sono confluiti Podemos, Más País, En Comú Podem e Compromís: insieme hanno ottenuto 31 seggi, che potrebbero diventare decisivi per una eventuale formazione di un governo di sinistra allargato ai partiti regionali.
Sánchez, non nuovo a ‘miracolose’ alleanze larghe, potrebbe ottenere l’appoggio di Esquerra Republicana, dei due partiti nazionalisti baschi Bildu (di sinistra) e PNV (di destra), del partito regionale Navarro e della Canarie, ma soprattutto dovrebbe ottenere il sì, o quantomeno una astensione strategica, dei sette eletti tra gli indipendentisti catalani di Junts, la coalizione guidata dall’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont, colui che guidò il tentativo separatista della Regione nel 2017 scappando poi in Belgio.
Da parte sua Feijóo nella notte ha rivendicato “il diritto del Pp di formare il governo”, come leader del partito più votato, tornando a chiedere al Psoe un patto di neutralità. Non è chiaro però come il leader dei Popolari possa, nelle consultazioni che avvierà a breve re Filippo VI, promettere la formazione di una maggioranza con i numeri usciti dalle urne. Di fronte a questo stallo politico non è da scartare l’ipotesi di un ritorno al voto.