Il gioco delle alleanze
Cosa succede in Spagna dopo il voto, chi ha vinto e chi ha perso
In cambio dei loro 7 voti, necessari alla maggioranza del Psoe, chiedono un referendum di indipendenza in Catalogna e l’amnistia per i loro condannati
Esteri - di Raùl Moreno
Il risultato delle elezioni spagnole dà spazio a molte considerazioni. La prima: la Spagna volta le spalle alla destra estrema e evita che il Partito popolare di Núñez Feijóo abbia reali opzioni di governare nonostante abbia vinto le elezioni. Il fatto che Vox, partito di estrema destra e principale alleato del Partito popolare, abbia perso più di mezzo milione di voti e di 19 deputati, complica molto a Núñez Feijóo la maggioranza, ma allontana il fantasma della destra.
Secondo dato: gli elettori approvano il modo di governare del partito socialista di Pedro Sánchez. Non solo il Psoe ha guadagnato più di un milione di voti, successo causato in parte dall’ottimo risultato dei socialisti catalani, ma ha anche la possibilità di formare un governo tessendo accordi con il resto delle forze dell’arco parlamentare. Il suo principale alleato, Sumar, guidato da Yolanda Diaz, che è stata vicepresidente del governo Sanchez, consolida i risultati ottenutidall’ex marchio elettorale Podemos. Ma questo non sarà sufficiente. Così come nella legislatura appena chiusa ci sarà bisogno di accordarsi con partiti più piccoli, di ambito nazionalista catalano e basco, ma assolutamente necessari per l’investitura del partito socialista. Si prevede un negoziazione e dura, complicata, ma possibile.
Il risultato elettorale di domenica guardato da un’ottica di politica di blocchi mostra per la destra spagnola una vittoria agrodolce: vince senza governare. La sinistra, nonostante non abbia vinto, resiste e ha la possibilità di governare. Se non andrà così, l’unico scenario possibile potrebbe essere tornare al voto, ciò avrebbe un impatto negativo sull’insieme dell’elettorato che stavolta si è recato in massa alle urne facendo crescere di molto la partecipazione rispetto alle elezioni politiche di quattro anni fa e nonostante questa volta si sia votato nel pieno dell’estate. Più di due milioni e mezzo di cittadini hanno votato per posta.
Il vincitore di queste elezioni, Feijóo, ha invitato il Psoe a facilitare una sua investitura con l’astensione del partito socialista. Detto di altra maniera: non avendo abbastanza voti per governare sommando i suoi a quelli dell’estrema destra, il Partito popolare pretende che i socialisti si astengano in cambio di nulla, con la falsa argomentazione di lasciar formare il governo alla lista più votata e di non bloccare la volontà maggioritaria degli elettori. Cosa che Feijóo non ha fatto nella formazione dei governi di diverse regioni autonome dopo il voto amministrativo, e cosa che per di più non è contemplata dal nostro sistema parlamentare. La democrazia rappresentativa di Spagna dà l’incarico della presidenza al candidato che riesca a ricevere un appoggio più largo da parte dei deputati, non alla lista più votata. Ma questa è solo l’ultima cartuccia sparata alla cieca da parte del Partito popolare: tentare di convertire il Psoe nel responsabile di un eventuale ritorno alle urne.
Scenario quest’ultimo da non scartare. Il Psoe di Pedro Sánchez sono anni che dimostra di avere capacità di resistenza e di successo di fronte alle situazioni complicate. Per ottenere una maggioranza parlamentare che lo lasci alla Moncloa (sede del governo spagnolo n.d.r.) Sánchez ha bisogno innanzitutto di convincere i nazionalisti baschi che già hanno espresso vagamente la loro volontà di dialogare per riuscire a formare una maggioranza progressista.
Lo scenario si complica però nel caso dei nazionalisti catalani. Nonostante questi ultimi abbiano perso un grande appoggio elettorale in Catalogna, i loro sette deputati sono necessari per l’investitura di Pedro Sánchez. Nella loro lista di richieste c’è la celebrazione di un referendum di indipendenza in Catalogna e l’amnistia delle persone processate a causa della dichiarazione unilaterale di indipendenza illegale fatta nel 2017.
Gli indipendentisti catalani, a priori, si mostrano inflessibili rispetto alle loro pretese. Bisognerà però aspettare per vedere se sono capaci di sopportare la pressione che comporterebbe impedire da parte loro l’investitura di Sánchez e portare il peso di essere loro i reali responsabili di un eventuale ritorno alle urne regalando così la possibilità alla destra e all’ultra destra di tentare ancora di arrivare al governo della Spagna.
Il Psoe, da parte sua, non può accettare queste condizioni che oltretutto sono state chiaramente già respinte dall’immensa maggioranza dei catalani nei risultati elettorali di domenica. In Catalogna i socialisti guidati da Salvador Illa hanno avuto un successo strepitoso, hanno ottenuto più di un milione e duecentomila voti dimostrando così che la politica dell’accordo, della ricerca dell’unione e della convivenza si è imposta su quella di un indipendentismo senza progetto soltanto divisivo per la società catalana.
In definitiva la Spagna scommette per continuare ad avanzare e taglia il passo agli estremisti di destra e a chi pretendeva di sdoganarli facilitando il loro accesso al governo della Spagna. Né i mezzi di comunicazione della destra, né i sondaggi trasformati in arma elettorale, né la campagna stile Trump di Feijóo, né le bugie sfacciate della destra sono riuscite a recare un danno all’appoggio elettorale del partito socialista in Spagna. Formare un governo non sarà facile per Sánchez. Ma per Feijóo sarà impossibile.
Questo è il momento di esigere responsabilità e cultura del patto a quelle forze politiche che, difendendo legittimamente posizioni avverse a quelle dei socialisti, sanno che l’unico modo in cui la Spagna può continuare ad avanzare nella difesa dei diritti e delle libertà è facendo formare un governo a Pedro Sánchez e non lasciando, un’altra volta, che l’estrema destra, la grande sconfitta di queste elezioni, possa minacciare una ritorno alle urne che le potrebbe permettere di arrivare al governo. Non è soltanto interesse della Spagna, è anche interesse della socialdemocrazia europea.
*Deputato catalano del Partito socialista