Ieri è giunta notizia di altre cinque persone uccise dalla sete e dal governo tunisino nel deserto ai confini con la Libia. Anche un padre col bambino. La foto del padre col bambino è molto simile a quella ormai celebre della donna morta di sete insieme alla figlia qualche giorno fa. Giustamente Nello Scavo, giornalista dell’Avvenire, ha scritto un tweet, che pubblichiamo in questa pagina, nel quale spiega che prendere delle persone e gettarle nel deserto, senza cibo né acqua, a farsi bruciare dal sole, non è una cosa diversa dall’atto di caricarli su un aereo e poi gettarli in mare. Facevano così, negli anni settanta, i generali argentini e cileni.
Videla, Pinochet. Simboli delle peggiori atrocità commesse dai regimi dittatoriali dell’America latina. Stavolta la condanna a morte e l’esecuzione sono decretate dal governo tunisino e da quello libico, che però non agiscono in proprio: agiscono su mandato dei governi europei. In particolare su mandato di Roma. Negli anni ottanta, quando il regime cileno si era già consolidato, papa Wojtyla si recò in visita in America latina. E fu ricevuto da Pinochet. La cosa creò uno scandalo enorme in Europa, e specialmente in Italia. Non solo la sinistra insorse. Insorsero soprattutto i cattolici. Eppure il papa pronunciò parole severe verso il regime cileno, verso lo stesso Pinochet: non si limitò alla stretta di mano. E non fu lui a ricevere il dittatore, fu il contrario.
In quegli anni fece scandalo persino il ragionevolissimo viaggio in Cile, a Santiago, di quattro ragazzini italiani, tennisti, guidati dal più maturo Paolo Pietrangeli. Gente di sport, con poche responsabilità politiche. I quali semplicemente andavano lì per disputare la finale della coppa Davis che avevano faticosamente e con merito guadagnato. Una parte significativa del mondo politico italiano voleva che disertassero. Loro alla fine decisero di giocare, dopo tante discussioni, indossando, come gesto di sfida al regime, una maglietta rossa. Rossa come la bandiera. Vinsero. Tornarono a Roma con la coppa. Ma non presero applausi.
Il gesto compiuto l’altro giorno dal Presidente Mattarella certo è molto più grave. Ha ricevuto al Quirinale il capo del regime tunisino. L’uomo sul quale pesano le responsabilità degli omicidi nel deserto. È stato gentile con lui. Non ha sollevato alcun problema. Neppure una parola di condanna o di sdegno. Foto sorridenti. E ieri il ministro dell’Interno italiano, in un’intervista alla Stampa, ha parlato di diritti umani rispettati in Tunisia. Il presidente Mattarella non ha avuto niente da ridire, credo, sulle parole surreali del suo ministro.
Possibile che siamo a questo punto? E perché siamo a questo punto? Non è difficile spiegarlo. Il centrodestra ha vinto le elezioni condannando la sinistra e Draghi che erano stati troppo poco feroci contro i profughi e gli sbarchi. Poi è andato al governo e gli sbarchi sono triplicati. Il centrodestra si sente ora obbligato a giustificare questa situazione, perché teme che possa creare contraccolpi pesanti sul piano del consenso. Così decide di mostrare la faccia rabbiosa. E sostiene, davanti a tutt’Europa, l’idea che siamo in guerra e che dobbiamo proteggere i confini dall’invasione dei negri (non dicono negri, tranne Salvini, ma lo pensano).
E così decidono di pagare milioni e milioni di euro ai governi dittatoriali del Nord Africa perché imprigionino o sterminino i profughi prima che essi prendano il mare. È una linea che già era stata assunta, ma con meno spavalderia e un po’ di nascosto, anche dai governi di centrosinistra, con il ministro Minniti. Ora però si rompono tutti gli argini del buonsenso. Possibile che il Presidente della Repubblica, cattolico cattolico, figlio della Chiesa, di La Pira, di Dossetti, di Moro, di Paolo VI, non senta la sua responsabilità personale? È una grande delusione, questa.