Raffaele Fitto sembra scomodare Orwell e la sua “neolingua” quando giovedì, uscito dall’incontro con i ministri nella cabina di regia del Pnrr, dice sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che non vi è stato alcun taglio da 16 miliardi bensì un “definanziamento dal Pnrr e il rifinanziamento attraverso altre fonti, come il Piano nazionale complementare al Pnrr e i fondi delle politiche di coesione”.
Eppure si tratta di un giro di parole che nasconde una verità amarissima da dichiarare per l’esecutivo di Giorgia Meloni, volata a Washington per incontrare il presidente statunitense Joe Biden: il governo riscrive il Pnrr e firma una revisione di 144 misure-progetti (sui 349 totali) da ripresentare e da far approvare a livello europeo.
Il ‘nuovo’ Pnrr sarà presentato alle Camere ad inizio agosto e, con l’approvazione scontata visti i numeri della maggioranza, inviati alla Commissione europea entro il 31 agosto per iniziare i negoziati con Bruxelles.
Cambiamenti e modifiche praticamente “ineludibili”, come annunciato dalla maggioranza già a maggio: il governo ha accumulato nell’ultimo anno ritardi e mancato diverse scadenze intermedie e, come noto, il Pnrr prevede una serie di traguardi intermedi da rispettare pena l’annullamento dei fondi.
La mossa del ministro degli Affari europei Fitto è stata dunque quella di togliere dal Pnrr i progetti in bilico e spostarli su altri fondi, in particolare quelli denominati Fondi di coesione e sviluppo che non scadono nel 2026 come il Pnrr. Altri invece verrà cancellati del tutto e non è chiaro se e quando verranno recuperati: a beneficiarne sarà un altro piano, il REPowerEU, pensato per accelerare la transizione energetica e l’autonomia energetica dell’Italia con investimenti sulle infrastrutture come gasdotti e reti per la distribuzione dell’energia elettrica, che nella sua nuova versione varrà oltre 19 miliardi di euro.
La tagliola del governo ha colpito in particolare i Comuni, che sono sul piede di guerra con l’esecutivo Meloni. I tagli, o come li definisce Fitto “definanziamenti”, comprenderanno interventi per la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni (6 miliardi di euro), interventi per la rigenerazione urbana (3,3 miliardi di euro), piani integrati (2,49 miliardi), misure per la gestione del rischio alluvione e per la riduzione del dissesto idrogeologico (1,2 miliardi), utilizzo dell’idrogeno per la riqualificazione dell’Ilva di Taranto (1 miliardo), potenziamento dei servizi e infrastrutture sociali di comunità per le aree interne (724 milioni), promozione degli impianti energetici innovativi (675 milioni), valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni), tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano (110 milioni).
I fondi più colpiti dallo “spostamento” sono dunque quelli per il dissesto idrogeologico, il tutto mentre il Mezzogiorno è alle prese con gli effetti brutali degli incendi, il Nord con i disastri provocati da tempeste-lampo e nel maggio scorso l’Emilia Romagna era stata travolta da una drammatica alluvione.
Visti i tagli che andranno a colpire principalmente i Comuni, non è un caso se ad alzare i toni è il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro. “I Comuni – spiega a Repubblica – sono le uniche amministrazioni pubbliche che stanno spendendo con rapidità ed efficienza queste risorse a differenza di quanto accade per alcuni soggetti attuatori che non hanno neanche predisposto i progetti. È quello che voglio dire è che comunque i comuni non si fermeranno e andranno avanti, ma dal governo ci aspettiamo risposte certe”.
A dargli mancorte è il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, del Pd: “Non esiste nessun problema di ritardo da parte dei comuni. Anzi, i comuni stanno spendendo meglio e più velocemente di qualsiasi altro ente. Si stanno rivelando molto più efficienti dei ministeri, delle regioni. Non c’è paragone. Quindi la questione non riguarda assolutamente rallentamenti o difficoltà da parte nostra. Questo è bene chiarirlo”.
Sempre dal Nazareno la segreteria Elly Schlein punta invece il dito contro la politica degli annunci della premier e con la realtà dei fatti dei provvedimenti presi dal suo governo: “Ci sono evidentemente due Giorgia Meloni. Una è quella del video di ieri in cui annuncia un grande piano di prevenzione del dissesto e cura del territorio, l’altra è a capo del governo che taglia i fondi del Piano nazionale di ripresa già previsti proprio per questi obiettivi“.