“Mia sorella si è opposta alla camorra e per questo è morta. Non è morta per un proiettile vagante. Ma non viene ufficialmente dichiarata come vittima innocente della camorra per un cavillo di una legge. Ma mia sorella ha scelto chiaramente da che parte stare. E invece è da 20 anni che combatte, che io devo difendermi e devo giustificarmi e dire a tutti che sono una brava persona. Mi devo difendere anche dallo Stato che dovrebbe difendermi. Per questo accolgo la notizia degli arresti con profonda delusione”. Francesco Verde, fratello di Gelsomina, si sfoga al telefono con l’Unità. Da poche ore ha saputo degli arresti di due presunti responsabili del brutale omicidio di sua sorella avvenuto la notte del 21 novembre 2004 a Secondigliano, periferia di Napoli. Fu torturata, uccisa e il suo corpo dato alle fiamme. Aveva solo 21 anni.
Gelsomina, che tutti conoscevano come Mina, si dedicava al volontariato per aiutare la gente del suo quartiere, sorto all’ombra delle vele e all’epoca stretta in quella morsa infernale. E’ una delle vittime della terribile prima faida cha in quegli anni lasciò a terra morti e feriti a ogni ora del giorno e della notte. Una guerra che vedeva da una parte gli eredi di Paolo Di Lauro, boss indiscusso di Secondigliano; dall’altro gli ‘scissionisti’, ex alleati dei Di Lauro, divenuti poi loro acerrimi nemici. I due gruppi si contendevano con ogni mezzo gli affari criminali sul territorio, legati in particolare al traffico di droga. Gelsomina era completamente estranea a tutto questo. L’unica cosa che Gelsomina condivideva con queste tremende storie criminali era il quartiere: anche lei era nata e viveva a Secondigliano.
Mina era nata in una famiglia di grandi e onesti lavoratori. “Mio padre faceva il venditore di scarpe in un mercato, mia madre la collaboratrice domestica e con sacrifici, non spacciando droga, ci hanno cresciuto e ci hanno fatto studiare” – ha raccontato Francesco – Non lavorava, ma, nonostante tutto, i miei genitori facevano sacrifici per mantenerla ed accontentarla perché per lei contava solo spendere il suo tempo con quei bambini, i figli di tutti quelli che l’hanno uccisa e non solo”. Mina credeva fortemente in quello che faceva.
Mina conosceva Gennaro Notturno, uno degli ‘scissionisti’ e altri ragazzi della zona, conosceva i loro volti ed è proprio per questo che il commando dei Di Lauro aveva deciso di prelevarla e interrogarla. Lei non volle dare informazioni a nessuna delle due fazioni, nemmeno le fotografie che erano state richieste. “Io non sono come voi, non vi darò mai quelle foto, dovete solo uccidermi”, disse, come ha raccontato il fratello Francesco all’Unità. Il commando non accettò che la ragazza potesse ribellarsi e la torturò pensando di ottenere le risposte che voleva. Poi fu colpita alla testa e il suo corpo dato alle fiamme nella sua auto che poco prima gli aveva regalato il suo papà facendo tanti sacrifici. Il fatto destò grande clamore per l’incredibile brutalità con cui quegli aguzzini si accanirono sulla ragazza che era totalmente estranea a quel contesto. Per l’omicidio di Gelsomina furono arrestati e condannati Pietro Esposito, che aveva condotto la giovane all’appuntamento con i suoi assassini, e Ugo De Lucia, ideatore e partecipe alla esecuzione materiale dell’agguato in qualità di responsabile di uno dei gruppi di fuoco attivi durante la faida per conto dei Di Lauro. Diciannove anni dopo altri due arresti: Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi. Una notizia che non solleva affatto la famiglia Verde ma riapre una ferita profondissima.
La vostra famiglia come ha accolto la notizia dei due arresti per la morte di Gelsomina?
“Potevano essere fatti 20 anni fa, io e la mia famiglia accogliamo questa notizia con profonda delusione. E’ molto doloroso vedere che dopo 20 anni mia sorella non è stata riconosciuta ancora come vittima innocente della camorra. Non è giusto. Ci sono persone che sono state condannate in tre gradi di giudizio con un reato ostativo, e ricevono benefici, escono dal carcere e conducono una vita normale, mentre mia sorella sono 20 anni che combatte tra lo Stato che la usa come stendardo quando si parla di vittime innocenti di camorra ma non la annovera ufficialmente come tale.
Perché Gelsomina non è ufficialmente una vittima innocente di camorra?
C’è una legge che stabilisce che fino al quarto grado di parentela nessuno in famiglia deve avere precedenti. C’è un lontano parente di mio padre, un cugino di secondo grado che non abbiamo mai visto e frequentato, che ha un precedente per associazione a delinquere, che è morto nel 2008, ma la sua sola esistenza è bastata a rigettare la concessione dello status di vittima innocente della camorra per mia sorella. Nonostante lei e la sua famiglia sono completamente estranei alla criminalità. In questi 20 anni ci sono stati tanti di quei pentiti a dirlo e confermarlo. Nonostante questo non essere riconosciuti tali è davvero deludente. E la cosa peggiore e vedere che la camorra ha ammazzato una vittima innocente e lo ha fatto in una sola giornata. Lo stato invece ti addita e ti mette in condizione di essere un criminale per lungo tempo. E’ brutta la sensazione di aver scelto la parte giusta, lo Stato, non la criminalità, e trovarsi di fronte a cavilli burocratici che ti mettono in difficoltà. Mi domando: non dovrebbe essere più importante il nucleo familiare, e quello che succede tra le mura domestiche? E’ facile che gente che vive a Scampia in quattro gradi di parentela abbia qualcuno che si sia comportato male. O che un nucleo familiare si sia comportato bene nonostante un posto del genere. Ma per lo Stato questo non conta. Allora che mi venite a dire a fare che dopo 20 anni avete arrestato queste persone? Ai criminali concedono i diritti, a chi si è comportato bene no. Ma io lo so per certo: chi nasce brava persona non muore criminale.
Cosa la addolora di più di questa situazione?
Lo Stato non ci vuole brave persone ma criminali. Questa è la verità. E’ più facile e remunerativo diventare un criminale che una brava persona. Ma io continuo per la mia strada. E mentre i criminali si prendono i benefici, io sto ancora qua a pagare l’ergastolo a vita del dolore. E sto ancora qui a difendermi dallo Stato che non mi tutela e mi calpesta. Quando lo Stato dice che noi non siamo totalmente estranei alla criminalità organizzata è come se dicesse ai criminali di non avere a che fare con noi perché si sono schierati dalla parte dello Stato. E alla brava gente di non avere nulla a che fare con noi perché non siamo totalmente estranei alla criminalità organizzata. E noi dobbiamo essere emarginati. Io sono riuscito a dimostrare che nell’arco di 12 anni io ero una persona cambiata e mi occupavo di attività sociali. Quindi su di me non si sono appellati, nonostante facessi parte del nucleo familiare di Gelsomina.
C’è anche un’altra questione che la addolora particolarmente e riguarda la narrazione dei fatti che coinvolgono sua sorella. Cosa successe quella drammatica sera?
Quando il comando andò a prendere mia sorella, avevano intenzione di interrogarla, al massimo di picchiarla, per estorcerle informazioni. Lei, facendo attività di volontariato poteva entrare nelle case di chiunque e non avrebbe destato sospetti. Dissero: ‘Gelsomina ci ha sfidati, per questo è morta. Si è permessa di dire a noi che la potevamo pure uccidere perché le foto non ce le avrebbe date perché si sarebbe sentita più donna a farsi sparare in testa piuttosto che dare a loro le fotografie per far ammazzare qualcuno’. Quelle foto non le avrebbe date né agli uni ne agli altri. Si è rifiutata di aiutare entrambe le parti. Si è opposta alla camorra, il comando è arrivato dall’alto, doveva morire. Sono cose che hanno raccontato i testimoni, non le abbiamo inventate noi. Dal primo giorno mia sorella doveva essere vista come vittima innocente di camorra. Per questo è estranea ai fatti, perché ha scelto di esserlo e non come è stato detto ‘per aiutare il suo ‘compagno’. Dicono cose senza informarsi.
Gelsomina non aveva avuto una relazione con Gennaro Notturno?
Era stata fidanzata con lui tre anni prima, tra il 2000 e il 2001. Mia sorella è stata avvicinata nel 2004. La sua unica colpa era che conosceva il volto di questa persona. Ma noi non molliamo e porteremo avanti la nostra battaglia per Gelsomina. Avevo proposto anche una revisione della legge.
Oggi sei attore e hai deciso di restare a vivere a Scampia.
Sì, ho scelto di restare non perché io voglia cambiare il mondo ma perché di quei territori si è sempre detto che c’è solo brutta gente. Allora mi sono detto che se tutti quelli che fanno qualcosa di buono poi vanno via resterà davvero un posto dove c’è brutta gente. E io questo non lo voglio.