Il tonfo di Vox
Perché Vox ha perso le elezioni in Spagna: la caduta nel ridicolo di Santiago Abascal
“Ha llegado el tiempo de los patriotas” doveva essere la hit dell’estate lanciata dal duo italo-spagnolo. E invece “Santi”, come lo chiama l’amica Giorgia, è caduto da cavallo. Direttamente nel ridicolo
Esteri - di Michele Prospero
“Ha llegado el tiempo de los patriotas” doveva essere la hit della torrida estate 2023 lanciata dal duo italo-spagnolo. E invece è caduto da cavallo “Santi”, come lo chiama confidenzialmente Giorgia Meloni. Un celebre video della campagna pubblicitaria dei nostalgici spagnoli riprendeva il condottiero Abascal su un destriero, altri scatti lo immortalavano in tenuta da caccia o nei raduni militari, alle prese con il kickboxing o il sollevamento pesi, scalatore di montagna o spettatore di una corrida de toros. Voleva governare Madrid vendendo l’immagine marziale di rude “uomo vero”, amante delle divise e delle macellerie, cultore marmoreo della tradizione e dell’ordine.
E però gli elettori impietosi, che vedendolo montare non sono finiti preda dello stesso incantamento del filosofo dinanzi alla rivelazione di Napoleone che avanza a cavallo, lo hanno buttato giù dal corsiero. Così è precipitato nel ridicolo – può mai esserci una comunicazione politica ispirata al fascismo che non sfiori il kitsch? – il patriota che sventola i miti arcaici dei “veri spagnoli” che odiano le donne e invocano la “soppressione delle organizzazioni femministe radicali sovvenzionate”. Con le sue falangi, Abascal ha guidato tra mille pose gladiatorie una rivolta non dei disperati, quelli li ha ben rappresentati la sinistra recuperando la salienza della frattura di classe, ma dei ceti agiati – con picchi nel sesso maschile (il 61,6% dell’elettorato di Vox è costituito da uomini) – ostili alla rivoluzione silenziosa della modernità che ha portato alle libertà femminili (l’8 marzo è una “invenzione della sinistra radicale”) e simpatizzanti dell’ordinamento che precedeva la Spagna democratica.
Tutto cominciò in Andalusia nel 2018, con la destra radicale di Vox che con l’11% dei voti afferrò delle finestre di opportunità che prima erano ben serrate (nel 2015 si fermava allo 0,46%). Dopo quarant’anni, i socialisti furono allontanati dal potere della regione. E pensare che da quelle parti lo spettacolo lo dava il Siviglia, sugli spalti del suo stadio ricolmi di bandiere rosse con la falce e il martello. Eppure, proprio in quelle terre, i post-franchisti sfondarono per la prima volta ponendo fine alla felice anomalia iberica e al cordone sanitario che li teneva fuori dal sistema.
Anche quando diventa la terza forza politica del paese (e si struttura come organismo con 63.000 iscritti), Vox non rappresenta la destra degli “ultimi” dilagante nel bacino del voto popolare che con rabbia ha abbandonato la sinistra. Il blocco del lavoro e la pregiudiziale antifascista hanno retto in Spagna. L’izquierda, meritandosi gli strali di Abascal contro il governo “social-comunista”, non ha perseguito la linea di una convergenza programmatica dal sapore moderato. Non ha gestito la crisi arroccandosi in direzione centripeta per assicurare la governabilità (il Partito Popolare è peraltro anch’esso una formazione conservatrice, e proprio da una sua scissione provengono i vertici di Vox), ma ha raccolto l’effetto della polarizzazione coniugando classe e diritti.
La destra dei ricchi, che in origine trionfò nel quartiere noto come “miglio d’oro” di Madrid, l’ultra-borghese barrio de Salamanca, non compete con la sinistra sul piano del disagio sociale, ma conquista spazio politicizzando la frattura centro-periferia (sempre calda nel paese delle 17 Comunidades Autónomas, delle Ciudades Autónomas di Ceuta e Melilla, delle lingue locali riconosciute per Costituzione come co-ufficiali). Senza la questione esplosiva della secessione catalana (con il referendum non autorizzato tenutosi il 1° ottobre 2017) non sarebbe divampato il partito che marcia con emblemi alludenti al Generalissimo (riecheggia il motto “Es la hora de la España Viva”). La dimostrazione di forza, sfoggiata nella manifestazione all’arena Vistalegre contro l’indipendentismo catalano, ha fatto di un movimento altrimenti solo caricaturale, che denuncia la “Jihad femminista” e ricorre allo slogan ideologico “Spagna, unità e sovranità”, un temibile soggetto politico che si rapporta alle masse con una attitudine mobilitante.
Artisti, cantanti, benpensanti in doppiopetto accompagnarono la prima adunata di “Santi”, che insorgeva in nome della Nazione contro la provocazione della Catalogna che vuole farsi Stato. Oggi il leader che piace a Meloni, da sconfitto e con l’abituale virulenza, parla di una vittoria del “separatismo golpista” e del “terrorismo”. È come se in Italia Giorgia guidasse la sommossa nazionale contro Salvini e la sua autonomia differenziata. Per dire come la destra radicale sia camaleontica quanto ad impalcatura ideologica. È destra, e solo questo conta, poiché i valori specifici che la fanno attecchire nelle preferenze dei cittadini sono soltanto un pretesto o un espediente connesso a una frattura occasionale da sfruttare abilmente. Il balzo che nel 2019 ha fatto salire Vox a 3.656.979 voti (15%, 52 seggi) è legato al trascinamento dell’elettorato giovanile e alla collocazione antisistema della classe media benestante ma radicalizzata (“la España que madruga”, cioè “la Spagna che si sveglia presto”), che condivide l’assioma di Abascal secondo cui l’ancoraggio etnico al popolo-nazione sempre precede la Costituzione e la forma dell’ordine politico.
Gli studi empirici di José Rama, Lisa Zanotti, Stuart J. Turnbull-Dugarte, Andrés Santana (VOX. The Rise of the Spanish Populist Radical Right, Routledge, 2021) collocano gli ultraconservatori iberici in una zona grigia che, se esclude la riconduzione del partito alle posizioni eversive dell’estremismo politico che persegue metodi e obiettivi ostili alla democrazia, mostra comunque un’accettazione solo sub condicione delle procedure liberali. Nel panorama europeo, Vox condivide proprio con Fratelli d’Italia l’ampiezza tra i suoi seguaci di un sentimento volatile, se non fortemente estraneo, rispetto al corredo del costituzionalismo democratico.
La conclusione della ricerca politologica è che “sebbene a livello teorico i partiti di destra radicale non siano antidemocratici ma piuttosto in contrasto con la componente liberale della democrazia, nel caso di Vox le ricorrenti allusioni al passato pre-democratico della Spagna che emergono in diverse arene (il discorso pubblico, il programma e i social media) ci inducono a discutere sul fatto che gli atteggiamenti degli elettori nei confronti della democrazia siano cruciali nel determinare il voto per il partito. Quelli con forti sentimenti antidemocratici sono oltre il 27% nelle elezioni anticipate del novembre 2019 (tali pulsioni antidemocratiche sono residuali nel resto delle opzioni politiche). Fondamentalmente, i nostri risultati suggeriscono che gli elettori di Vox sono motivati dalle preferenze circa il regime politico. E questo colloca Vox oltre il radicalismo, sino ad approdare nei regni dell’estremismo” (p.133).
Il tonfo di una forza retriva che perde oltre mezzo milione di voti nella sua battaglia “para la Defensa de Nación Española” è un indice di salute del sistema politico iberico e smentisce il pessimismo circa il destino che avanza con le onde irresistibili della reazione. Giorgia, la quale ha deposto gli anfibi del suo primo comizio di Madrid per indossare i più eleganti tacchi che però le recano dolore, non ha portato fortuna al movimento fratello di Spagna con il suo saluto “buonasera patrioti, buonasera Santi”. Il grido di battaglia che si levava dalla Garbatella (“È arrivato il tempo dei patrioti; in Italia, Finlandia, Svezia, Polonia e Repubblica Ceca, abbiamo dimostrato che noi patrioti possiamo governare e contribuire all’aumento della prosperità della gente. La vostra vittoria può dare impulso a tutta l’Europa”), rivelatosi quanto mai scalognato, non ha gonfiato il sostegno ad Abascal. Piuttosto ha mobilitato delle preziose energie democratiche che hanno fermato un tipo che si vantava di “portare sempre con sé una Smith & Wesson”. Nei paesi che conservano una sinistra forte vale il principio aureo secondo cui “a giocare col nero perdi sempre”.