I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha generati.
(A. Einstein)
Inizio volentieri la mia collaborazione su l’Unità. La denominazione della rubrica, che avrà cadenza settimanale, è Sottosopra: a indicare l’attuale mondo rovesciato e la necessità, urgente e inderogabile, di (ri)mettere le cose dritte sui piedi. Siamo giunti al punto che è la sopravvivenza stessa dell’umanità a essere ipotecata. Stretta, ormai, da emergenze soffocanti. Il mondo sta bruciando, ben al di là degli incendi estivi.
Si consuma per i mutamenti climatici, per la ripresa spasmodica della corsa agli armamenti (convenzionali e nucleari), per le guerre in atto – “la terza guerra mondiale a pezzi”, che è in corso, secondo la precisa definizione di papa Francesco – per le guerre commerciali quasi devastanti come quelle degli eserciti, per le migrazioni destinate a crescere, per il predominio del profitto capitalistico che ci ha portato alla società dell’1%: l’1% dell’umanità è arrivato a possedere ricchezze e beni che superano quelli del 99%. Follia. Non si era mai visto un accaparramento di risorse così concentrato.
Per tutti questi fattori i premi Nobel e gli scienziati, che sovrintendono al Doomsday Clock – “l’Orologio dell’Apocalisse” – all’inizio del 2020, prima del Coronavirus e della guerra Russia-Ucraina-Nato-Usa, hanno spostato le lancette a 100 secondi dalla mezzanotte, che simboleggia la fine del mondo. L’uomo contemporaneo è portato a non pensare a questo insidioso orizzonte, prigioniero com’è di quel materialismo quotidiano da cui si lascia pervadere (e inebetire), alimentato da una costante propaganda parcellizzata, che spezza, e tritura di continuo, il quadro d’insieme del mondo. Così corriamo verso il precipizio, più o meno inconsapevolmente. Occorre una rivoluzione di pensiero, individuale e collettiva, senza la quale non potremo rovesciare lo stato presente delle cose. E salvarci. Prima che sia tardi.