Partiti e vip nel mirino
Chi c’è dietro i dossieraggi abusivi e illegali dell’antimafia, si muove il Copasir
Il finanziere distaccato alla Dna ha agito da solo? Su mandato di chi? Sono molti i punti da chiarire sull’indagine di Perugia. Ma anche sulla fuga di notizie finite dritte dritte su Corriere e Repubblica, proprio come accadde con il Palamaragate
Giustizia - di Angela Stella
Fare piena luce: è quello che chiedono tutti i partiti in merito all’inchiesta di Perugia su possibili dossieraggi abusivi a carico di politici, esponenti istituzionali e personaggi noti. Già una richiesta di un’informativa del governo è arrivata da Pd, M5s, Italia Viva. Le domande a cui l’indagine condotta dal Procuratore capo Raffaele Cantone deve dare risposte sono molte. Parallelamente, a chiarire i molti punti oscuri di questa vicenda, ci penserà anche il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, organismo presieduto da Lorenzo Guerini del Partito democratico.
Innanzitutto, come ha scritto colui che ha fatto partire l’inchiesta con una sua denuncia, il Ministro della Difesa Guido Crosetto, in una lettera al Corriere della Sera, bisogna chiedersi: “Possiamo convivere con il sospetto che persone, dentro lo Stato, lavorino per minarne le istituzioni? È giusto continuare a far finta di nulla quando si vedono pubblicati atti di indagini in corso che, tra l’altro, gettano schizzi di fango inaccettabili su istituzioni serie come la Dna?”. Eh già, bisognerà prima capire se il finanziere che fu distaccato alla Procura nazionale Antimafia ha agito contra legem, e poi se eventualmente ha operato da solo o insieme ad altri, su mandato di chi, se esiste o meno una struttura eversiva all’interno delle nostre istituzioni.
E chi sono stati gli altri bersagli. Anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha riferito di essere stato vittima di dossieraggio: “Anche io ho subito la violazione della mail durante la presidenza del Copasir e ne ho fatto oggetto di una denuncia alla procura di Roma”. “Quello che la vicenda Crosetto fa capire – scrive il leader di Italia Viva Matteo Renzi nella sua Enews di ieri – è che ci sono strani intrecci tra mondi diversi: qualche redazione, qualche investigatore, qualche magistrato, qualche pezzo delle istituzioni pubbliche hanno lavorato insieme alla costruzione di dossier e soprattutto alla distruzione dell’immagine di qualche politico”.
Questo è tutto da accertare ma resta il fatto che stranamente, come avvenne già nel 2019 con l’indagine a carico dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, anche questa volta gli stessi due giornali di allora, con l’aggiunta di un terzo, hanno ricevuto la soffiata da qualcuno nello stesso momento. Chi è il regista di questa manovra? Sta di fatto che potrebbe essere stato violato il segreto istruttorio, come ci aveva confidato ieri una nostra fonte di alto livello all’interno della magistratura, tanto è vero che lo stesso Crosetto ha annunciato “di sporgere una nuova denuncia per violazione del segreto istruttorio, al fine di aiutare il lavoro dei magistrati e di ottenere la verità su una vicenda inquietante, ma anche a tutela dell’indagato stesso, l’ufficiale della Guardia di finanza”.
Sappiamo che Cantone è molto critico sulle fughe che potrebbero partire dagli inquirenti o dagli organi di polizia giudiziaria: quando ci fu la palese violazione della segretezza della richiesta di archiviazione predisposta dalla procura di Perugia sull’indagine Ungheria, l’ex vertice dell’Anac parlo di “un fatto gravissimo”, in cui “la procura di Perugia è parte offesa”. Vi era stato già un precedente nella stessa Procura durante l’indagine sull’esame farsa svolto dal calciatore della Juventus Luis Suarez. In quella circostanza Cantone decise incredibilmente di sospendere per un periodo di tempo tutte le attività di indagine. Questa volta però sembrerebbe che la fuga di notizie sia partita da Roma.
Altra questione: dai primi accertamenti sembrerebbe che gli accessi abusivi da parte del finanziere – che ha ammesso gli accessi dicendo però che si trattava di una pratica abituale – siano iniziati a luglio 2022, poco prima delle elezioni politiche: qualcuno voleva controllarle attraverso specifici dossier? Se è vero che Cantone ha sottolineato in una nota che l’attuale procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo “aveva, già prima dell’avvio delle indagini, provveduto a riorganizzare radicalmente” il servizio delle ‘Segnalazioni di operazioni sospette’ (Sos) ci si chiede se altre falle ci siano state anche negli anni precedenti.
“Gli ultimi tre Capi della Dna si sono candidati alle elezioni. Due nel Pd uno, l’ultimo, nell’M5S. Informazione utile per contribuire al dibattito in corso sull’ufficio ‘colabrodo’ della SuperProcura”: ha scritto su Twitter Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Azione. Il parlamentare si riferisce a Federico Cafiero De Raho, eletto alla Camera con i pentastellati in questa legislatura, a Franco Roberti eletto nel 2019 all’europarlamento per il Partito Democratico, e a Pietro Grasso, eletto senatore sempre tra i dem nel 2013. Il tema sollevato da Costa porta a domandarci se la Procura Nazionale Antimafia abbia avuto gli anticorpi in questi anni per evitare possibili dossieraggi e fughe di notizie mirate e se i vertici, quindi, siano stati in grado di governare correttamente la struttura.
Possibile che nessuno nella super Procura sapesse dell’attività di dossieraggio, se realmente vi è stata? Ultima questione, per il momento: ai tempi dell’inchiesta Palamara, che scosse il Csm, l’allora Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede attivò gli ispettori, il cui compito era di svolgere «accertamenti, valutazioni e proposte». Considerato che l’indagine è stata trasmessa a Perugia, appunto perché potrebbero essere coinvolti magistrati romani in qualsiasi veste, e che coinvolge la DNA il Ministro Nordio che farà?