La strage di Bologna
Licenziare De Angelis? Pura follia…
Editoriali - di Piero Sansonetti
Questa storia di De Angelis è spaventosa, la riassumo brevemente. C’è un giornalista che si chiama Marcello De Angelis, di destra, che è un collaboratore del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, che scrive su Facebook l’altra di essere certo dell’innocenza in relazione alla strage di Bologna di Mambro, Fioravanti e Ciavardini.
Una dichiarazione discutibile se volete, io la condivido, altri no. Oltre a questo De Angelis dice che tutti sanno che sono innocenti, ma fanno finta di non saperlo. Io condivido anche abbastanza questa seconda parte della dichiarazione, ma non ha importanza: è una dichiarazione, una opinione, punto.
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È successa l’ira di Dio perchè non è permesso esprimere dubbi su una sentenza, e se esprimi dubbi su una sentenza sei un mascalzone fascista che deve sparire dalla circolazione. È stato chiesto il licenziamento di questo giornalista per aver espresso la sua opinione, opinione espressa tante volte in passato da Marco Pannella, da Francesco Cossiga, credo anche da Furio Colombo, da moltissime persone: perché quella sentenza di condanna di Mambro e Fioravanti non si regge in piedi, non c’è alcuna prova ai loro danni tranne la dichiarazione di un presunto pentito che dice “Ho sentito Fioravanti dire: “Hai visto che botto, a Bologna siamo stati noi””.
Non sappiamo se è vero, non sappiamo se l’ha detto, non sappiamo cosa volesse dire: un ergastolo in queste condizioni è un po’ difficile da dare. Perciò sono legittimi tutti i dubbi, non ci sono prove, c’è anche una sentenza di assoluzione in Appello. C’è una Corte di Appello che pensa che siano innocenti, forse è legittimo pensare che siano innocente. Poi lasciamo stare, c’è una norma del codice penale che dice che si può condannare solo in assenza di ragionevoli dubbi: una sentenza di assoluzione di una Corte di Appello è un ragionevole dubbio.
Io non voglio neanche discutere della probabile innocenza di Fioravanti, Mambro e Ciavardini per l’attentato a Bologna del 1980: quello che mi indigna è che non si possa dire una cosa di questo genere. Sono state chieste immediatamente le dimissioni, è stato chiesto a Rocca di cacciare De Angelis: ma per che cosa? Ma perché uno si deve dimettere per aver detto la sua opinione? Ma parche uno deve essere cacciato per aver detto la sua opinione legittimissima?
Adesso fatemi dire un paradosso: questo è fascismo, proibire alla gente di esprimersi è quello che si fa nei regimi totalitari, si fa in Russia dove è stato fatto l’altro giorno con la condanna a Navalny. Se davvero Rocca licenzia De Angelis è una ferita mortale per la democrazia, spero che lo difenda a spada tratta.
De Angelis è fascista? Chi se ne frega, certo è meno fascista di chi li vuole cacciare. Non ho capito perché non possa esprimere la sua opinione. Ho visto che i capi dei partiti di opposizione hanno parlato di “ignominia”, ma cosa c’è di ignobile dire che una persona è innocente? È un atto coraggioso, non è un atto ignobile. È vero, l’opposizione in Italia è diretta da gruppi molto giovani e inesperti, da poco in politica e non conoscono bene la storia della nostra democrazia, della Repubblica, delle lotte che sono state fatte.
Però attenzione, e lo dico con dispiacere e angoscia: fare una richiesta di questo genere è l’atto più reazionario che si possa fare, non si sarebbe indignato anche Marco Pannella ma avrebbe indignato anche i capi del Pci, che pure era un partito con venature autoritarie. Ma una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta.
Non scherziamo col fuoco, chiedere il licenziamento di una persona che ha espresso una sua opinione, opinione coraggiosa, è un atto politicamente intollerabile.
Presidente Rocca, non ci provi a licenziare De Angelis, lei ha fatto una campagna elettorale complicata, ha espresso posizioni molto interessanti su molti temi come l’immigrazione, in dissenso netto col suo schieramento. Non faccia questo passo, si rovina la reputazione. E poi un appello ai capi dell’opposizione: ritirate quella richiesta di dimissioni, è una pazzia.