L'addio alla scrittrice
Com’è morta Michela Murgia, la malattia della scrittrice scomparsa a 51 anni
Un carcinoma renale al quarto stadio, di cui aveva dato notizia lei stessa in una toccante intervista concessa a maggio ad Aldo Cazzullo. Così giovedì 10 agosto se n’è andata Michele Murgia, la scrittrice 51enne morta per le conseguenze della malattia che la affliggeva da tempo.
Un rapporto con la malattia, col cancro, scevro dalla classica retorica della “battaglia”. “Il cancro non è una cosa che ho – aveva detto in quell’intervista a Il Corriere – è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno”.
Per quel carcinoma renale, aveva poi aggiunto la scrittrice, si stava curando “con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti”.
Purtroppo la malattia invece le ha dato poco tempo, circa tre mesi: periodo in cui però l’impegno e l’attività della Murgia non si è fermato. Dopo quella intervista aveva deciso di raccontare pubblicamente i suoi ultimi mesi di vita, non solo attraverso i suoi canali social ma anche con l’ultimo libro, “Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi“, uscito a primavera. Nelle ultime settimane però c’era stato il rapido peggioramento: l’11 giugno aveva annunciato il ritiro dagli incontri pubblici.
A metà luglio aveva quindi sposato “in articulo mortis” l’attore, regista e musicista Lorenzo Terenzi, conosciuto nel 2017 grazie a uno spettacolo teatrale in cui lei era la protagonista e lui lavorava alla regia, celebrando la sua famiglia queer e continuando le sue battaglie da attivista per i diritti civili.
Michela Murgia era nata a Cabras, in provincia di Oristano, in Sardegna, nel 1972 e prima di fare la scrittrice aveva fatto studi teologici e vari lavori tra cui l’insegnante di religione, la cameriera e la portiera di albergo. L’esordio letterario arriverà solo nel 2006 con “Il mondo deve sapere“, un libro denuncia sul mondo del telemarketing, nato dalla sua esperienza personale di lavoratrice precaria e dal quale Paolo Virzì aveva tratto il film “Tutta la vita davanti”. Il grande successo arriva però tre anni più tardi con “Accabadora“, vincitore tra gli altri premi del “Campiello”, e con cui aveva dato voce ai matriarcati sardi tanto ricchi di tradizione quanto misconosciuti.
Pur avendo esordito a 35 anni, Murgia è stata sicuramente tra le intellettuali italiane più influenti degli ultimi vent’anni. Non si definiva neanche una scrittrice, bensì un’attivista che usa la letteratura, e più in generale la scrittura, per portare avanti le sue battaglie politiche. Battaglie diverse nel corso degli anni: in un primo periodo quella dell’autonomismo sardo, tanto da spingerla anche nel 2014 a candidarsi per la presidenza della Regione (raccogliendo il 10% dei voti), poi spostandosi sulle lotte femministe e le tematiche LGBTQ+.