La coerenza non è un obbligo
Tutti indignati per le parole di De Angelis, ma 30 anni fa nessuno credeva alla colpevolezza di Mambro e Fioravanti
Cronaca - di Piero Sansonetti
Leggete questa nota Ansa, poi ne discutiamo. “Il consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità una mozione presentata da tutti i gruppi con cui chiede alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi di dar luogo alle necessarie audizioni per acquisire le dichiarazioni dei testimoni a difesa di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che non sono stati ammessi nel dibattito processuale a Bologna”. Il consiglio ha dato incarico al presidente della giunta (…) di farsi interprete della mozione presso la commissione parlamentare. Sempre all’unanimità è stata approvata un’altra mozione, firmata da esponenti di tutti i gruppi, dal titolo: “E se fossero innocenti?”. Il consigliere regionale dei Verdi Paolo Cento ha detto che “con questo voto il consiglio regionale del Lazio ha voluto positivamente riaprire, al di là degli atti processuali, una pagina che troppo frettolosamente qualcuno si ostina a chiudere sbattendo dei mostri in prima pagina”. Cento ha anche annunciato, con i consiglieri Bonelli (Verdi) e D’Amato (Rifondazione comunista) una mozione che “impegna la Regione Lazio a sostenere l’ipotesi di una soluzione politica (amnistia-indulto) per i protagonisti della lotta armata negli anni ’70-’80”.
Interessante, no? Ho messo i puntini sospensivi al posto del nome del Presidente della regione per lasciare un po’ di suspence. Il Presidente non era Rocca, ex Msi, ma Piero Badaloni, candidato del Pds che sconfisse il candidato di Forza Italia Alberto Michelini. Dunque questa nota è abbastanza antica. È del 1995 quando lo spirito pubblico in Italia era ancora abbastanza liberale, e per fare politica non era stato ancora dichiarato obbligatorio un inchino alla magistratura. Tra i protagonisti di quella iniziativa politica, molto impegnata, c’erano però anche dirigenti politici che sono ancora molto attivi. Per esempio Angelo Bonelli, capo assoluto dei Verdi da diversi anni, e Alessio D’Amato, che è stato l’avversario di Rocca alle ultime elezioni di qualche mese fa.
Tutti insieme i partiti, e i consiglieri regionali, guidati dai loro leader dell’epoca, mettevano in discussione la serietà del processo che portò alla condanna di Fioravanti e Mambro (infatti polemicamente chiedevano che fossero ascoltati i testimoni a discarico che il tribunale rifiutò di ascoltare) e avanzavano il dubbio sulla colpevolezza dei condannati. Paolo Cento, leader storico dei Verdi di sinistra, parlava esplicitamente di una pagina che qualcuno voleva frettolosamente chiudere sbattendo il mostro in prima pagina. Mi pare che a voler chiudere la pagina e a sbattere i mostri in prima ora siano in parecchi.
Non risulta che allora lo schieramento democratico si sollevò contro l’iniziativa eversiva della Regione Lazio. E non risulta che nessuno abbia chiesto le dimissioni di Badaloni e l’espulsione dai loro partiti dei leader di sinistra. Quello che mi stupisce di più sono le dichiarazioni torchemadiste rilasciate oggi da alcuni dei protagonisti di allora. Per esempio da Angelo Bonelli: “De Angelis si deve dimettere – ha detto – oppure, se non si dimette, il Presidente della Regione ha lo strumento per revocare l’incarico a questa persona”. E poi ha parlato di dichiarazioni indecenti del collaboratore di Rocca e di disprezzo per le istituzioni, e se l’è presa anche con Giorgia Meloni, che tace e che vuole rovesciare la storia. Uno dice, vabbè, ma la coerenza mica è un obbligo per i politici. Vero. Ma una cosa è cambiare idea sull’età pensionabile, o sul prezzo degli aerei, o persino sulla sanità. Un’altra cosa è pensare che il processo fosse “bacato” a danno degli imputati e poi dire che è una vergogna immaginare che quel processo sia giunto a una soluzione sbagliata.
E poi l’altra cosa che colpisce è l’unanimità. Allora tutti unanimi sulle posizioni di De Angelis. Ora tutti unanimi nel chiedere la sua fucilazione. Diciamo la verità: è una pagina politica brutta brutta.