L'incontro

Salario minimo, com’è andato l’incontro tra governo e opposizioni: toni soft ma è muro contro muro

La premier parla per mezz’ora senza sbarrare la porta ma senza neanche aprire spiragli. «Intanto li abbiamo costretti a discutere sul tema dei salari poveri», dice Elly Schlein

Politica - di David Romoli - 12 Agosto 2023

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Salario minimo, com’è andato l’incontro tra governo e opposizioni: toni soft ma è muro contro muro

La proposta della premier arriva nella replica, dopo gli interventi dei vari leader e le risposte del governo: “Proviamo ad avviare un percorso celere ma attento per arrivare a una proposta condivisa su lavoro povero e salari bassi”. Non è un’apertura sul salario minimo: è la stessa proposta già illustrata dal sottosegretario leghista Durigon, centrata sul coinvolgimento del Cnel dell’ex ministro Brunetta. Non è neppure una chiusura, non nei toni almeno. E’ un tentativo di mantenere aperta la vicenda e l’opposizione lo raccoglie.

“Non c’è una proposta alternativa ma la premier ha detto che il tema è importante e non ci sottrarremo al confronto”, replica Fratoianni, e Schlein confermerà poco dopo. “Coinvolgere il Cnel ci sembra un buttare la palla in tribuna ma se serve ben venga”, afferma Conte riprendendo il giudizio di Magi. Il più ottimista è Calenda: “Nessuno ha sbattuto la porta. E’ un passo nella direzione giusta”. La premier esce da palazzo Chigi e conferma: “Ho convocato le opposizioni perché la questione del lavoro povero mi sta a cuore moltissimo. Il salario minimo non basta a risolverlo: proviamo a fare una proposta comune su tutta la materia, che è complessa, entro 60 giorni, in tempo per la legge di bilancio in modo da avere le coperture. Il Cnel è pronto”. L’opposizione era arrivata altrettanto decisa a non arretrare di un centimento sulla sua proposta e lo ha fatto, respingendo in tutti gli interventi e le critiche di Giorgia Meloni, le stesse già anticipate più volte, ultimo il lungo video di due giorni fa. “Andiamo a sentire se il governo ha novità da proporci. Intanto li abbiamo costretti a guardare agli oltre 3 milioni di lavoratori poveri”, dice Elly Schlein.

“Andiamo a illustrare la nostra proposta anche con grafi ci, per cortesia istituzionale”, dice Giuseppe Conte. “Andiamo per cortesia istituzionale ma diciamo no alle passerelle”, dice Riccardo Magi. “Andiamo e io sono ottimista per natura”, dice Carlo Calenda. Poi però raffredda l’ottimismo della volontà: “Non che porti sempre bene…”. Apre i lavori la premier. Parla per mezz’ora senza sbarrare la porta ma senza neanche aprire spiragli. Sottolinea la complessità della questione, espone i dubbi già noti. “Sembra un question time alla Camera o una replica dei lavori in commissione”, sbotta Magi. Prima di lui avevano parlato Calenda, il più disponibile alla mediazione, Conte e Fratoianni. Elly Schlein parla per ultima: ordine rigorosamente alfabetico.

Tutti insistono sulla proposta dei 9 euro lordi l’ora. Tutti negano i rischi che la premier invece sottolinea e conferma nella replica, anticipata, dopo il giro dei leader d’opposizione, dalla ministra Calderone, di Tajani e di Salvini. Più che un incontro tra delegazioni quella di ieri a palazzo Chigi è stata un’assemblea: una ventina gli esponenti dell’opposizione, tra leader e teste d’uovo esperte in materia. Vertici al gran completo, dal lato del governo, anche se Salvini non c’era in carne e ossa ma presenziava in call. Nessuno scommetterebbe un soldo sull’accordo. Politicamente non conviene a nessuno. L’opposizione ha segnato il punto, costretto il governo al passo indietro sull’emendamento soppressivo che doveva strangolare in culla la proposta di legge, trovato un punto d’unione che, pur con Renzi escluso, fa sempre campo largo.

Ha anche messo le mani su un vessillo davvero popolare e soprattutto la segretaria del Pd non ha alcuna voglia di farselo sfilare dalle mani. Il governo è sulla stessa e rissosa lunghezza d’onda: non bisogna permettere che l’opposizione canti vittoria su un punto tanto sensibile quanto i salari e anzi il gioco di prestigio starà nel risolvere il problema a settembre, con la formula messa a punto dal sottosegretario leghista Durigon, per poi accusare l’opposizione di aver cercato di impedire il magico risultato per fini di propaganda.

Sono questi calcoli e retropensieri a spiegare la rigidità delle due parti. Per gli uni il salario minimo è una panacea priva di controindicazioni, da prendere così com’è senza lasciare niente. Per gli altri la proposta è da cestinare in toto, procedendo invece con la formula, per la verità molto fumosa nei contenuti se non nel titolo, di una riforma della contrattazione collettiva, allargata ai settori che ogni ne sono esclusi e con eliminazione dei “contratti pirata”.

Di sfuggita la ministra Calderone, che prende la parola dopo il giro delle opposizioni, accenna alla detassazione degli aumenti salariali. Messe così le cose, la fine era già nota sin dalla vigilia, le chances di successo pari a zero. Ma non è questo che si augura la premier, che mira invece a prendere tempo, lasciare il dialogo in sospeso, dimostrare che comunque ha a cuore la cosa smentendo così la critica che ha morso a sangue, quella di disinteressarsi dei poveri e del disagio sociale. Neppure li leader dell’opposizione intende uscire con la porta sbattuta alle spalle, lasciando così a Meloni l’agio di accusarli di non voler concludere niente e di essere interessati solo alla propaganda.

12 Agosto 2023

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