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Toto Cutugno e quell’oscena autoradio nella mano destra dell’“italiano vero”

Toto Cutugno e quell’oscena autoradio nella mano destra dell’“italiano vero”

“Buongiorno Italia e gli spaghetti al dente e un partigiano come Presidente…” Per comprendere il valore, come dire, plebiscitario che la voce di Toto Cutugno (non Cotugno!) riassumeva, associata al suo successo popolare più evidente, “L’italiano”, devo fare il ritorno ai giorni della guerra di mafia in Sicilia, quel brano, tra Ballarò, Vucciria e Zen, così veniva allora non meno orgogliosamente parafrasato: “…lasciatemi sparare, con il Kalashnikov in mano, sono palermitano, palermitano vero…”, in possesso di un sentire civile e antimafioso, ritenuti montati e radical chic da un pubblico ordinario per nulla selettivo nelle preferenze musicali, reputavano invece che bastasse la semplice evocazione della postura decisamente plebea dell’“autoradio sempre nella mano destra” per trovare l’insieme osceno.

Si tratta di immagini datate, più nessuno avrebbe ormai modo di proteggere la suddetta, un tempo estraibile, al sicuro dai ladri, sottobraccio, come fosse una feluca da ambasciatore plenipotenziario, tuttavia quest’ultimo pronto a banchettare con un panino con la “meusa”, metti, alla Kalsa; si sappia infatti che il padre di Toto era siciliano. Tuttavia, quella canzone, carta d’identità e insieme di credito di molti concittadini in bermuda e ciabatte nel globo turistico terracqueo, è ancora adesso viva e presente, quasi ontologicamente nella percezione straniera nei nostri confronti. Passaporto e porto d’armi insieme, anzi.

È vero, Cutugno ha composto anche canzoni non meno di riscontro ben oltre la dogana di Ventimiglia: per Dalida, Johnny Hollyday, Claude François, Mireille Mathieu, e Iggy Pop ha registrato “Et si tu n’existais pas”, ma iconicamente, insieme alla capigliatura cotonata, posa da miglior taglio anni Settanta, degno arredo fotografico da sala di coiffeur maschile, “L’italiano”, scritta, insieme a Cristiano Minellono, rimane sempre la più compendiaria….

Ora un dubbio, doveroso: molti, a sinistra, grazie al riferimento testuale a Pertini “presidente”, seppure per esigenze di rima associato agli spaghetti “al dente”, cui segue non meno plateale l’autoradio nella mano destra (in quegli stessi anni Voxson ne produsse un modello cui dette nome “Mostro”, in assoluto proprio la prima estraibile, e anche questo molto dice dell’antropologia nazionale) hanno probabilmente ritenuto che si trattasse di un omaggio all’antifascismo, sembra tuttavia di ricordare che Cutugno, interpellato su pregi e difetti della gens politica nazionale, attribuisse un valore non proprio commendevole a che un “partigiano” avesse raggiunto il Quirinale, assecondando, forse, in questo modo l’idea qualunquistica della Resistenza come “scempio”, con il “povero” Mussolini a testa in giù da un distributore di benzina in piazzale Loreto; non vorrei sbagliare, ma da parte del web ci deve esser traccia di quelle sue parole.

Forse che la candida fiducia che si trattasse di un omaggio al “presidente più amato dagli italiani”, non meno delle cucine Scavolini, era puramente illusoria? In fondo, Toto Cutugno apparteneva unicamente a se stesso, al suo gusto, al suo stile, alla sua indole, alle sue intemperanze, al malumore, per nulla celato, di avere calcato il Teatro Ariston di Sanremo uscendone sempre accompagnato dal numero due, mai davvero vincitore, mai trionfatore, piuttosto cadetto comunque di successo, certamente popolare, “rionale”, potendo così far sua la voce vittimistica, non meno italica, che ciò che conta alla fine è soltanto l’amore del pubblico, assai meno della critica, che, infame, mai gli avrebbe perdonato proprio l’immagine dell’autoradio sempre lì, fissa nella mano destra.