L'America razzista e i diritti
Chi è Claudette Colvin: la donna afroamericana che anticipò Rosa Parks e disse “no” sul pullman
La prima donna afroamericana a non alzarsi per lasciare la sua seggiola a un bianco non fu Rosa Parks ma la signora Colvin. La reazione della stampa bianca fu feroce, ma la rivolta era partita e nessuno poté più fermarla
Esteri - di David Romoli
È una scena che conosciamo o crediamo di conoscere tutti: un autobus nella città di Montgomery, Alabama, dove nel 1955 sono in pieno vigore le regole della segregazione razziali, le Jim Crow Laws. I posti davanti, quelli dei bianchi, sono tutti occupati e in quei casi sono i neri seduti nei posti a loro riservati a dover cedere la loro seggiola se un bianco, in questo caso una donna bianca, la reclama. Per la prima volta una nera rifiuta di alzarsi, grida che non cedere il posto è un suo diritto costituzionale e per questo finisce in manette.
Quell’immagine la associamo da sempre al nome di Rosa Parks, l’attivista per i diritti civili e dirigente della Naacp (National Association for the Advancement od Colored People, la principale associazione per i diritti civili fondata nel 1909) il cui arresto innescò il lunghissimo boicottaggio degli autobus di Montgomery da parte dei neri. È un errore. La donna nera che per prima rifiutò di obbedire all’ordine razzista si chiama Claudette Colvin, compirà 84 anni il prossimo 5 settembre, all’epoca aveva appena 15 anni ed era in effetti una giovanissima militante del gruppo guidato da Rosa Parks.
La Naacp aspettava solo un incidente del genere per avviare la mobilitazione contro la segregazione negli autobus ma Claudette Colvin non sembrò la figura adatta. Era troppo giovane, troppo nera e soprattutto incinta senza essere sposata: la stampa bianca avrebbe avuto gioco facile nel demolirla. Dunque l’associazione preferì tenere bassa la vicenda in attesa di una nuova occasione, quella che si presentò 9 mesi più tardi, il primo dicembre, quando fu proprio Rosa Parks a rifiutare di cedere il posto ed essere arrestata.
Rosa sapeva per esperienza diretta che la reazione della stampa bianca sarebbe stata mettere sotto processo la vittima. Proprio lei aveva giocato un ruolo di primo piano, 10 anni prima, nella vicenda dello stupro di Recy Taylor, il primo caso di razzismo diventato oggetto di una mobilitazione nazionale, il vero atto di nascita del moderno movimento per i diritti civili. Recy Taylor fu rapita e stuprata da sei bianchi il 3 settembre 1944 in un borgo dell’Alabama. Denunciò gli stupratori e non era mai successo prima. La Naacp inviò la sua migliore militante contro le violenze sessuali razziste, Rosa Parks, per sostenerla.
I sei uomini non negarono ma affermarono che Recy Taylor era in realtà una prostituta. Il Gran Giurì li sollevò da ogni accusa in meno di 5 minuti. Una mobilitazione che coinvolse tutti i nomi più prestigiosi della comunità nera in tutta la nazione impose un secondo esame da parte di un nuovo Gran Giurì. Finì esattamente come quello precedente ma il clamore della vicenda mise però in piena luce la segregazione negli Stati del sud e avviò un movimento di protesta che era già diffuso ovunque nel sud quando, anni dopo, partì il grande boicottaggio a Montgomery.
Tra l’arresto di Claudette Colvin, il 2 marzo 1955, e quello di Rosa Parks si era verificata una tragedia destinata a incidere come poche altre cose nel provocare la sollevazione dei neri non solo negli Stati del sud ma in tutti gli Usa. In agosto Emmett Till, un ragazzo di 14 anni di Chicago in vacanza dai parenti nel Mississippi, fu accusato di aver “mancato di rispetto” a una donna bianca. Alcune notti dopo l’accusa della donna, il marito e il cognato rapirono il ragazzo, lo torturarono, sfigurarono e uccisero.
La madre volle funerali pubblici a Chicago con la bara aperta, in modo che tutti vedessero lo scempio. Gli assassini furono subito processati e assolti, poi, non potendo essere riprocessati dopo l’assoluzione, rivendicarono l’assassinio e vendettero anche il racconto dettagliato del linciaggio alla rivista Look. L’impatto dell’assassinio di Emmett Till fu enorme negli Usa e anche nel resto del mondo. Contribuì in modo determinante all’esplosione del movimento per i diritti civili.
Il boicottaggio degli autobus di Montgormery proseguì per 381 giorni. Coinvolse quasi la totalità della popolazione nera, che rappresentava anche la grande maggioranza dei passeggeri, e si concluse solo quando, nel novembre 1956, la Corte suprema ordinò la desegregazione degli autobus nella città dell’Alabama. Nei primi giorni del boicottaggio fu creato un comitato apposito destinato a guidare la vertenza e il leader della Naacp in Alabama, E.D. Nixon, scelse personalmente come suo presidente un giovane pastore battista della Georgia, Martin Luther King che si affermò come leader del Movimento proprio grazie a quello sciopero.
È impossibile rendere conto delle migliaia di manifestazioni, sit-in, proteste di ogni tipo organizzate negli anni seguenti dalla Naacp, dal Core, Congress of Racial Equality e dallo Sncc, Student Nonviolent Coordinating Commitee, formatosi nell’aprile del 1960. Quella per i diritti civili fu una guerra di lunga durata nella quale il movimento scelse di seguire la strada della non violenza, in larga misura riprendendo i metodi e le forme di lotta adoperate da Gandhi in India. Nel 1957 la Naacp iscrisse 9 studenti nei in una scuola segregazionista di Little Rock, capitale dell’Arkansas.
Il governatore Faubus schierò la Guardia Nazionale per impedir loro l’ingresso. Il presidente Eisenhower reagì “fedralizzando” la Guardia Nazionale e facendo scortare i 9 dall’esercito dove però furono completamente isolati e derisi dagli studenti bianchi per l’intero anno. Tennero duro e nel settembre 1958 la Corte suprema ordinò la desegregazione in tutte le scuole dell’Arkansas. Faubus decise allora la chiusura di tutte le scuole per l’intero anno scolastico. Nel 1961, dopo un anno di continui sit-in, il Core organizzò il primo Freedom Ride: attivisti e studenti bianchi e neri, sfidavano le Jim Crow Laws viaggiando per tutti gli Stati del Sud sugli stessi autobus, continuamente attaccati dai bianchi razzisti e dalla polizia, con arresti, lanci di bombe, pestaggi.
Nel 1964, nel corso della Freedom Summers, tre riders, un nero e due ebrei, che cercavano di organizzare la registrazione degli elettori neri furono uccisi nel Mississippi. Nel 1962 James Meredith fu il primo studente nero a entrare nell’università segregata del Mississippi. Per riuscirci il ministro della Giustizia Robert Kennedy, fratello del presidente, dovette farlo scortare da quasi 500 agenti. Gli scontri con la popolazione razzista bianca provocarono due morti e numerose devastazioni. Nella primavera del 1963, l’anno della grande marcia su Washington, King e la sua organizzazione, la Southern Christian Leadership Conference (SCLC), furono impegnati nella lunga e durissima campagna di Birmingham, la città dell’Alabama che King definiva, “la più completamente segregata d’America”.
Il governatore dell’Alabama George Wallace era tra i più fieri avversari dei diritti civili. Il capo della polizia di Birmingham, Eugene “Bull” Connor forse il più duro e violento paladino della segregazione assoluta. King era reduce da una cocente sconfitta nel tentativo di desegregare la città di Albany, in Georgia, ed era altrettanto determinato nel non subire un nuovo scacco. Iniziata alla fine del ‘62 con un boicottaggio di tutte le attività commerciali ispirato a quello dei bus a Montgomery, la guerra di Birmingham proseguì fino a maggio inoltrato. Bull Connor riempì le carceri e quando le celle non furono più sufficienti rinchiuse gli arrestati in campi recintati.
La Sclc mise in campo gli studenti, poi anche i bambini. Connor gli scatenò contro i cani poliziotto e gli idranti ad alta pressione. Il rev. King finì in galera per la tredicesima volta. Le immagini della durissima repressione di Birmingham fecero il giro del mondo e la paralisi commerciale della città diventò intollerabile per i notabili locali che imposero la pace accettando di desegregare quasi completamente la città. La vendetta non si fece attendere a lungo. Il giorno dopo l’accordo esplosero bombe di fronte alla casa di Luther King e alla camera d’albergo del reverendo.
Le manifestazioni di protesta misero da parte quasi per la prima volta la non violenza e il presidente Kennedy, che fino a quel momento aveva discretamente appoggiato la campagna, fece intervenire per la prima volta l’esercito contro i dimostranti. Il mese dopo il leader della Naacp nel Mississippi Medgar Evers fu assassinato mentre preparava una campagna modellata su quella di Birmingham. In settembre il lancio di bombe contro una chiesa nella stessa Birmigham uccise quattro bambine nere.
La campagna di Birmingham, poi la grande Marcia su Washington del 28 agosto ‘63 e la Freedom Summer del ‘64 furono passaggi decisivi nell’imporre, il 2 luglio del 1964, l’approvazione del Civil Rights Act che probiva ogni discriminazione in materia di impiego e alloggi. L’estate seguente, dopo la grande marcia da Selma a Montgomery organizzata dallo stesso King, fu emanato il Voting Rights Act che garantiva ai neri la possibilità, sino a quel momento di fatto negata negli Stati del sud, di iscriversi ai registri elettorali. Era il 6 agosto 1965. Cinque giorni dopo la grande rivolta del ghetto di Watts, a Los Angeles, avrebbe messo fine alla lunga fase della protesta non violenta dei neri americani.