Nuovo scivolone del portavoce
“Ebrei razza di mercanti”: De Angelis versione Nazi non può restare alla Regione Lazio
Dopo lo scivolone sulla strage di Bologna, il portavoce di Rocca ci ricasca. A questo punto è in gioco la credibilità e l’onore della Repubblica
Politica - di Iuri Maria Prado
Di Marcello De Angelis, responsabile della Comunicazione della Regione Lazio, avevamo difeso il diritto di dire quel che pensava del processo per la strage di Bologna e di manifestare il suo convincimento circa l’innocenza di quelli che furono ritenuti responsabili, a suo giudizio ingiustamente, della commissione di quell’atroce delitto.
E in quell’occasione, nel difendere non tanto De Angelis, del quale francamente ci interessa poco, ma appunto il suo diritto di manifestare quelle sue opinioni, avevamo denunciato la diffusa, risibile e illiberale pretesa che una sentenza (non quella in particolare: qualsiasi) possa essere sottratta a critica e debba fare stato sulla coscienza e il giudizio di tutti come un monito oracolare.
Ancora, avevamo denunciato che chiedere o imporre, per quel motivo, le dimissioni di De Angelis avrebbe rappresentato un’interferenza molto grave, espressione di una concezione autoritaria del potere pubblico e rivelatrice di un rapporto a dir poco disturbato con le libertà costituzionali. Ma quando dal passato di questo signore emerge l’allegra composizione della canzoncina razzista, che mette insieme e reitera i più vomitevoli stereotipi della propaganda nazista e fa apologia dell’assassinio e del terrorismo antisemita, allora le cose cambiano. E cambiano non ostante quel che De Angelis ha inadeguatamente e insufficientemente creduto di opporre a riparazione di quel suo passato ignominioso, vale a dire che lui non vi si riconosce e che ha “dedicato anni al rispetto dei valori dell’imparzialità e della neutralità”.
Scrivere e mettere in musica che gli ebrei sono “una razza di mercanti”, che gli ebrei “cantano pace e ci violentano le donne”, e che contro questa ingiustizia combatte valorosamente “il mitra di Settembre Nero”, non è buttar giù qualcosa di discutibile e che, a distanza di anni, uno decide se “riconoscere” o no: è fare la compilazione delle più oscene rappresentazioni antisemite e, appunto, è fare apologia dello stragismo terrorista. (E ieri abbiamo saputo anche delle sue frasi apologetiche del gerarca nazista Himmler). E non è una vita successiva pretesamente dedicata all’“imparzialità”, non è attenendosi alla “neutralità” che si pone rimedio alla passata condivisione e propalazione di quelle schifezze: salvo credere che per formulare il giudizio opportuno su Dachau occorra essere “imparziali”, e che serva essere “neutrali” per farsi l’idea dovuta sul massacro al Villaggio Olimpico di Monaco. Che cosa ci vuole per condannare le leggi razziali? Imparzialità? Che cosa ci vuole per condannare il genocidio? Neutralità?
Deve andarsene. E se non se ne va deve essere cacciato. Immediatamente. Gli si addebita anche un infortunio, chiamiamolo così, più recente. E cioè di aver fatto circolare una fotografia di auguri con un brindisi alla luce di una lampada di Yule. Un oggetto ben risalente – bisogna saperlo – rispetto al nazismo, e dunque teoricamente neutro, salvo il fatto notorio che Himmler ne faceva dono ai suoi macellai per capodanno dopo averne commissionato la manifattura agli internati nei campi di sterminio. Se De Angelis non lo sapeva, adesso lo sa. E nel tempo del suo nuovo impiego potrà riflettere su questo ulteriore e meno antico stigma di impresentabilità della propria immagine pubblica.
E ripetiamo che a questo punto non è più neppure un problema solo suo, se rimane al suo posto, né è più soltanto un problema del potere che immediatamente gli sta sopra, insomma del governatore del Lazio. A questo punto è in gioco la credibilità e (diciamolo) l’onore della Repubblica se una persona palesemente indesiderabile resta nei ranghi e anzi nelle parti apicali di una pubblica amministrazione. Ci vuole una voce di vertice che reclami, e con i mezzi necessari imponga (non facciamo finta che sia impossibile per ragioni di competenza), l’allontanamento di questo signore dalla sua funzione.
Avrebbe potuto, forse, essere destinatario di un giudizio diverso se avesse reagito alle notizie che lo riguardano in un altro modo, e cioè adoperando per quel proprio passato (nemmeno troppo lontano, viste le ultime emergenze), parole di ripudio meno volatili e più risarcitorie rispetto a quelle cui ha fatto ricorso. Ne aveva il tempo e ne aveva il modo. Adesso è tardi.