Le morti sul lavoro
Per quanti soldi si muore sul lavoro, l’ecatombe infinita e la Repubblica fondata sullo sfruttamento
Si dovrebbe affiggere un immenso manifesto in cui si leggano le buste paga di quelle vittime, in modo da capire per quanto denaro hanno corso giorno dopo giorno il rischio di perdere la vita.
Cronaca - di Alberto Cisterna
Un fiume di sangue, lungo quanto una guerra. 450 croci popolano il cimitero della morti sul lavoro di questo 2023. Mancano mesi e non c’è alcuna speranza che l’ecatombe cessi, che il dolore per chi paga con la vita il diritto a un lavoro smetta di essere un tormento per chi sopravvive. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Le fondamenta stesse delle Istituzioni e della democrazia trovano legittimazione nel lavoro, nella sua dignità.
Non credo abbia senso comporre un gigantesco murales che metta insieme i 450 volti di chi non è tornato a casa dopo esserne uscito come ogni giorno per la necessità di un salario. I volti sfuggono, si dimenticano, sono tragicamente così simili, così normali come normali sono tutte le persone che ci circondano ogni giorno. Però una provocazione è pur sempre possibile. Un gesto eclatante e non scontato che forse, più di quei volti, si imprimerebbe nella memoria e nella coscienza di un popolo troppo distratto, troppo abituato a dimenticare e che, quasi freddamente, scorre da una tragedia a un’altra, da una croce appena piantata alla prossima.
Si dovrebbe affiggere, invece, un immenso manifesto in cui si leggano le buste paga di quelle vittime, in modo da capire per quanto denaro hanno corso giorno dopo giorno il rischio di perdere la vita, per quale salario ogni mattina hanno affrontato fatiche che l’insipienza di altri uomini (quasi sempre) o un destino tragico (quasi mai) hanno reso mortali. In un tempo in cui si parla confusamente e con scarsa attenzione di salario minimo, di imprese commissariate per paghe da fame, di sfruttamento sistematico per i lavori più umili è un imperativo sapere quanti denari vale l’esistenza di poveri cristi la cui vita sembra non importare davvero ad alcuno, se non lo spazio di qualche minuto in tv o di qualche pagina nei giornali.
Per quali salari si muore in Italia è una domanda che esige una risposta per ricordarlo a quanti si oppongono alla dignità della retribuzione e pensano che la Repubblica sia fondata sullo sfruttamento di chi fatica. La violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, la spavalda negligenza di chi non rispetta le regole di prevenzione non è solo il frutto di delinquente incuria, ma è piuttosto il segno di un profondo disprezzo verso la dignità di chi – non avendo privilegi o rendite – deve quotidianamente affrontare la fatica e scampare spesso la morte.