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La tecnica come alienazione dell’uomo

La tecnica come alienazione dell’uomo

Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi.
(U. Galimberti)

Nelle due precedenti rubriche abbiamo considerato le potenzialità e i rischi dell’ “intelligenza” artificiale. Siamo, oggi, all’acme della tecnica. L’uomo contemporaneo è immerso nella vertigine degli strumenti che – pensa – gli risolvono molti problemi pratici, e gli fanno risparmiare tempo e fatica. Sembra non rendersi conto che i mezzi artificiali, che usa, spesso lo allontanano dalle cose reali. Per esempio: più televediamo e teleparliamo, meno ci accorgiamo del circostante, e meno parliamo con noi stessi, con il coniuge, i figli, gli amici.

Inoltre: la frenesia con cui viviamo determina l’angosciante alienazione quotidiana: non a caso circa il 50 per cento di noi assume psicofarmaci, per sentirsi vivi. Gli strumenti, di cui ci serviamo, finiscono inevitabilmente per condizionare il risultato. Non ci rendiamo conto che le nostre protesi tecnologiche sono come un Giano bifronte. L’uomo contemporaneo ha smarrito la consapevolezza che, al riguardo, avevano gli antichi. Per i greci téchne (da cui “tecnica”) indicava sì l’arte di assemblare e costruire, ma significava pure “artificio”, “tranello”, “inganno”. La cultura occidentale, che deriva in larga parte da quella greca, ha occultato la coscienza della intrinseca ambivalenza della tecnica, sulle cui ali pensiamo di volare all’infinito, passando di successo in successo.

L’uomo usa la tecnica, e non si avvede che essa usa lui. La tecnica, da mezzo, si trasforma in fine: il suo scopo è l’illimitato accrescimento di se stessa. Ha scritto Emanuele Severino: “Il destino della tecnica, nel suo senso autentico, è porsi alla guida dei popoli: diventare tecnocrazia”. Siamo su questa strada. Così il “paradiso” della tecnica può convertirsi nell’inferno. L’uomo potrà sfuggirne solo se torna a vedere il “tranello” e l’ “inganno” che la tecnica porta con sé, oltre i temporanei benefici.