Il dibattito
Giustizia e devianza minorile, come funziona in Italia e in Europa. Togliere i figli ai genitori, aumentare le pene e abbassare l’età punibile non sono la soluzione ma l’ultima spiaggia di una politica incapace
Il brutale omicidio di Giovanbattista Cutolo a Napoli, per mano di un 17enne, ha scatenato di nuovo il confronto sul tema. Da una parte c'è il fronte giustizialista per il quale basterebbe allontanare i bimbi dalle proprie famiglie, inasprire le sanzioni e sbattere in galera i minorenni. Dall'altra c'è chi crede che non basta solo la certezza della pena, ma è necessaria anche la certezza del diritto: il diritto allo studio, al lavoro e il diritto a vivere in contesti sociali civili. Il paragone tra il Belpaese e i principali paesi europei
Editoriali - di Andrea Aversa
La morte di Giovanbattista Cutolo, ucciso a Napoli da un 17enne, ha riaperto il dibattito ‘penale’ sui rimedi da porre alla devianza giovanile. Tre sarebbero le soluzioni che secondo molti risolverebbero questa piaga sociale: togliere la patria potestà a genitori che vivono in contesti criminali, condannando i loro figli alla stessa vita; aumentare le pene per specifici reati; abbassare l’età punibile e quindi condannare e mandare in carcere i minorenni colpevoli di reati gravi. Rimedi da prendere in considerazione ma che non devono sfuggire a due considerazioni. La prima: siamo sicuri, scientificamente, che l’approvazione di tali provvedimenti renderebbe più pulita e sicura la nostra società? La seconda: non è che si tratta semplicemente di norme-spot da ‘ultima spiaggia’ realizzate da una politica incapace e alla continua ricerca del consenso?
Giustizia e devianza minorile in Italia e in Europa
Veniamo ai fatti, anzi ai numeri. Nei principali paesi europei, secondo l’European Prison Observatory, Prison Insider e dalla pubblicazione “Alternatives To Custody For Young Offenders And The Influence Of Foster Care In European Juvenile Justice” (fonte, ragazzidentro.it, 2020), l’età punibile varia (ad esempio, si può finire sotto processo – ma non per forza in carcere – a 8 anni in Scozia, a 10 in Inghilterra, a 12 in Irlanda e in Olanda, in Francia e in Polonia a 13, in Italia a 14 e in Danimarca, in Finlandia, in Repubblica Ceca e in Svezia, a 15 anni). In generale si è assistito a un processo che ha disincentivato l’uso della detenzione e promosso quello delle pene alternative.
In Europa
In Spagna, i minori che hanno tra i 14 e i 18 anni (non compiuti) sono giudicati attraverso un codice penale a parte. Per loro non è previso il carcere ma la reclusione presso strutture differenti. Molto spesso vengono condannati a svolgere attività socialmente utili o affidati temporaneamente ad una famiglia. In Germania è capitato che anche ragazzi di 20-21 anni siano stati giudicati con il sistema penale per minorenni. In generale la legislazione dipende da regione a regione, secondo le leggi federali previste. Spesso è considerato ‘minorenne’ anche un giovane di 24 anni.
La detenzione
La detenzione è l’estrema ratio, sono invece tenute in grande considerazione, pene definite educative (l’impossibilità per il minore di recarsi in qualche luogo specifico) e disciplinari (il minore è condannato a riparare il danno causato e a prestare servizio presso un’associazione di volontariato). In Francia, per i minorenni, anche vige un sistema penale differente da quello previsto per gli adulti. Spesso, però, la separazione tra minori e maggiorenni all’interno degli istituti – da un punto di vista della detenzione – non sempre avviene. Nel paese transalpino le pene vengono comminate per probation (nel caso in cui la pena è sospesa) o attraverso i lavori socialmente utili.
Pene alternative
In Portogallo, anche il sistema penale minorile sia separato da quello degli adulti, capita che i minorenni possano essere giudicati come i maggiorenni e addirittura detenuti con gli adulti. Se un giovane colpevole di reato ha tra i 12 e i 16 anni, è recluso in un centro educativo fino al compimento dei 20 anni (alle volte anche fino ai 25 anni). Previste dall’ordinamento giudiziario portoghese, anche pene alternative, attraverso le quali il minore condannato può prestare servizio presso associazioni di volontariato o partecipare a corsi di formazione.
Il problema è sociale
Dunque, ad oggi, l’Italia è piuttosto in linea con il sistema penale di questi paesi. Perché introdurre quei cambiamenti tanto urlati in piazza e in tv servirebbe a ben poco? Innanzitutto, uno Stato che come soluzione alla devianza minorile decida di togliere l’affidamento dei figli ai propri genitori, è uno Stato che ha fallito. Certo, le scene alle quali spesso abbiamo assistito di bambini costretti dai familiari a spacciare droga, sono vergognose. Tuttavia, siamo sicuri che un ragazzino strappato ai suoi affetti non subisca alcun trauma? Questo nonostante alcuni casi, secondo quanto dichiarato a La Repubblica dal presidente del tribunale per i minorenni di Catania Roberto Di Bella, abbiano dimostrato che qualche minore sia stato così ‘salvato’ dalla vita alla quale suo padre e sua madre lo avrebbero condannato. Secondo argomento: l’inasprimento delle pene.
Il regime penale
L’Italia è uno dei paesi con più leggi al mondo e uno dei pochi paesi dove qualsiasi problema si crede di risolverlo creando un nuovo reato. Nel Belpaese la prevenzione è inesistente, la bonifica sociale inefficace. La politica non interviene sulla dispersione scolastica, sulla disoccupazione, sull’incentivare attività sportive e culturali. Negli ultimi 30 anni c’è stata un’incapacità amministrativa che avrebbe dovuto garantire una certa mobilità sociale. Di conseguenza chi nasce in un determinato contesto, è impossibilitato ad emergervi. Sarebbe più facile, appunto, mandare in carcere un minorenne, piuttosto che recuperarlo. E veniamo qui all’ultimo tema: quello della detenzione minorile.
Il carcere
Di sicuro, negli ambienti criminali, c’è spesso la tendenza a scaricare sui minorenni le responsabilità di un reato. Soprattutto se quest’ultimo è grave. Spesso gli adolescenti sono armati dagli adulti proprio per sfruttare tale vantaggio: un adolescente in carcere non ci va. E dunque? Gettiamo in cella un ragazzino, lo buttiamo in una stanza di pochi metri quadri insieme ad altre 6-7 persone più grandi, lo facciamo entrare in una struttura dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, dove scarseggiano lavoro e attività educative. In questo modo saremo sicuri di aver risolto il problema.
La soluzione è il diritto
Che finalmente tale punizione sia da monito per tutti quei gio0vani che usano pistole e coltelli come acqua fresca. Convinti che nessun minorenne delinquerà, perché impaurito dal finire in un penitenziario. Ciò con la consapevolezza che le carceri italiane tutto fanno, tranne che riabilitare il detenuto, così come invece afferma la Costituzione. In un paese nel quale il tasso di recidiva è molto elevato, quindi chi commette dei reati continuerà molto probabilmente a commetterli anche dopo la detenzione. Sempre se quella persona avrà la fortuna di uscire vivo da una cella.
A Napoli
Tornando a Napoli, città (non la sola) devastata dalla devianza minorile e che ha visto morire troppi giovanissimi negli ultimi anni, il Comune ha attivato un ‘Patto educativo‘ per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Soluzione che dovrebbe, si spera, dare i suoi frutti tra qualche tempo. Inoltre, il Ministero degli Interni – tramite la Prefettura e gli operatori del Terzo settore – svolgerà un lavoro capillare sul territorio grazie all’attività delle forze dell’ordine. Queste ultime, secondo le anticipazioni pubblicate da La Repubblica, dovranno segnalare alla Procura quei minori che vivono in contesti sociali degradati.
Il futuro
Contesti dove vi sono pregiudicati e / o latitanti, scenari familiari nel quale l’adolescente è costretto a lavorare invece di andare a scuola. Particolare attenzione sarà data a quei nuclei familiari collegati alla criminalità organizzata. Non ci è dato sapere se tutto questo funzionerà. Di sicuro non è abbastanza. Però ci auguriamo che possa essere un primo e piccolo passo per il futuro di questi giovani.