Questa volta ha scelto la televisione. Non TikTok come era successo nei primi sfoghi, le prime parole dopo aver denunciato uno stupro di gruppo a Palermo, consumato lo scorso 7 luglio, per il quale sette ragazzi sono stati arrestati. La 19enne ha inviato una lettera a “Zona Bianca”, trasmissione su Rete4. “Devono essere forti – ha scritto alle donne vittime di violenze sessuali – perché per quanto sporche si possano sentire, per quanto dolore abbiano potuto provare, c’è sempre una soluzione”. La ragazza dalla settimana scorsa è stata trasferita in una comunità protetta. Continuava a vivere nello stesso quartiere di Palermo dove abitano le famiglie di alcuni dei ragazzi arrestati per le sue denunce. Aveva ricevuto anche delle minacce. “Ho sentito parlare di ‘rieducazione’ per gli stupratori. Ma come si fa a pensare di rieducare una persona e lasciarla nuovamente in giro dopo che ha rovinato una ragazza? Ora, se qualcuno provasse a toccarmi, io piangerei. Non sono più capace di interagire con un uomo in tal senso”.
Il caso di Palermo è diventato un caso nazionale, ha convogliato un’attenzione al limite del morboso. La ragazza aveva raccontato ai carabinieri di esser stata invitata da un amico, di aver incontrato il gruppo in un locale, di esser stata spinta a ubriacarsi e di essere stata portata in un cantiere abbandonato al Foro Italico. Sui canali Telegram è scattata la caccia al video delle violenze. Sui social sono stati pubblicati i volti degli arrestati. Anche personaggi famosi sono intervenuti sulla vicenda con parole forti. Soltanto una decina di giorni fa la ragazza aveva rotto il silenzio sui social. Su TikTok aveva pubblicato il suo sfogo: “Sono stanca. Mi state portando alla morte. Io stessa anche senza questi commenti non ce la faccio più. Non ho più voglia di lottare, né per me né per gli altri. Non posso aiutare nessuno se sto così. Non serve a nulla continuare. Pensavo di farcela, non è così. Se riesco a farla finita porterò tutti quelli che volevano aiutarmi sempre nel mio cuore”.
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Per niente rassicuranti i toni con i quali si era espressa sui social: “Ve lo dico in francese, mi avete rotto … con cose del tipo ah ma fa i video su tik tok con delle canzoni oscene è normale che poi le succede questo… Me ne dovrei fregare ma non lo dico per me, più che altro se andate a scrivere cose del genere a ragazze a cui succedono cose come me e fanno post come me potrebbero ammazzarsi. Sapete che significa suicidio? Io rimango me stessa e manco se mi pagate cambio, perciò chiudetevi la boccuccia e continuate a guardarvi le altre tiktoker che si aprono le gambe nei video commentandoli col cuoricino piuttosto che giudicare una ragazza stuprata”.
La Procura non la farà testimoniare al processo. La 19enne ribadirà le sue accuse al gip in occasione dell’incidente probatorio. Ha parlato anche della sua difficile situazione familiare: ha perso la madre, abbandonata dal padre, per anni in una casa famiglia, viveva una zia.”Perché lasciarmi condizionare l’esistenza così tanto da persone che vogliono solo questo? – ha scritto nella lettera – Devo andare avanti, voglio farlo, controvoglia, ma devo riuscirci. Non solo perché voglio una vita migliore ma anche per mia madre, che nonostante fosse molto malata e bloccata a letto, si faceva sempre vedere col sorriso. Non si è mai arresa, dopo decenni passati in sedia a rotelle”. E ancora: “Molte donne hanno paura di denunciare per vergogna, non dobbiamo essere noi a vergognarci ma chi osa sfiorarci senza il nostro consenso. Ho letto di ragazze che dopo quello che è successo a me non vogliono più uscire… ma perché privarci di uscire? Perché noi? Sono le bestie che si dovrebbero essere private“.
Non solo un invito a farsi coraggio ma anche un appello alle istituzioni. “A volte ci si spaventa per ripercussioni da parte di parenti e amici degli stupratori come è successo a me, che sono stata inondata di minacce. Se ci fosse una protezione completa molte più donne sarebbero disposte a denunciare. Mi dispiace dirlo ma non è sempre così … Ci sono donne che dopo aver denunciato vengono uccise o sfregiate e di certo nessuno vuole rischiare tutto ciò. Se ci fosse più tutela e una legge più incisiva, gli uomini stessi ci penserebbero due volte prima di fare una cosa simile. Molto spesso per loro è un semplice sfogo, ma se si parlasse di ergastolo o comunque di tanti di anni di carcere, ci penserebbero due volte anzi 20 prima di toccare una donna. Poi resterebbero solo i maniaci che purtroppo essendo malati manco gli importa della pena …”.