Lutto nel mondo del cinema
È morto Giuliano Montaldo, addio al regista di “Sacco e Vanzetti” e “L’Agnese va a morire”
Regista e sceneggiatore, anche attore vincitore di un David di Donatello. Tra gli ultimi di una generazione di registi che ha fatto grande il cinema italiano a partire dagli anni Sessanta
Cinema - di Redazione Web
Salutano “l’eterno ragazzo del cinema italiano”, il “compagno” e “Partigiano”, il “regista dell’impegno”. Giuliano Montaldo era di certo uno degli ultimi grandi di una generazione di registi che avevano fatto grande il cinema italiano a partire dagli anni Sessanta. È morto, a 93 anni si è spento nella sua casa di Roma vicino alla moglie Vera Pescarolo, alla figlia Elisabetta e ai nipoti Inti e Hana Carboni. Per scelta della famiglia non si terranno esequie pubbliche.
Romano d’azione, genovese di nascita. A vent’anni arrivò a Roma con il sogno del cinema. Il regista Carlo Lizzani lo volle aiuto-regista nel 1951 per Achtung, Banditi!. Si girava in Liguria, Montaldo era pratico dei luoghi e si fece notare anche come attore. Per quanto gli venissero affidate altre piccole parti, era dietro la macchina da presa il suo posto, spinto anche da Elio Petri, istruito da Citto Maselli e Luciano Emmer. Esordì nel 1961 in Tiro al piccione, il successivo Una bella grinta uscì nel 1965. Poco successo di pubblico, anche la critica piuttosto severa.
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Montaldo conquistò i produttori con i thriller Ad ogni costo con Edward G.Robinson e Gli intoccabili con John Cassavetes. Gott mit uns del 1970, ambientato nella Germania nazista, segnò il cambio di passo nella carriera e il primo capitolo di una trilogia sulle aberrazioni del potere che continuò con Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno. Due grandi successi popolari con le grandissime interpretazioni di Gian Maria Volontè. Seguirono L’Agnese va a morire, gli otto episodi di Marco Polo per la televisione, Gli occhiali d’oro, Tempo di uccidere. Di nuovo attore con Nanni Moretti per Il Caimano, fu anche presidente del David di Donatello nel 2017. Statuetta che aveva vinto da attore non protagonista per Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni.
Per anni alternò la regia cinematografica a quelle liriche – con Pavarotti, Placido Domingo, Cecilia Gasdia. E dal 1999 al 2004 fu Presidente di RaiCinema. Aveva raccontato la sua vita nell’autobiografia Un grande amore pubblicata da La Nave di Teseo. Aveva paura “di dimenticare le cose che ho vissuto. Oggi rivivo i ricordi proprio come se ogni giorno girassi un film solo per me” aveva raccontato in un’intervista al Corriere della Sera in cui rivelava che avrebbe sempre desiderato realizzare un film su Salvador Allende e un altro sull’incendio del Reichstag.