Dl in Consiglio dei ministri
Più carcere, Daspo urbano e inasprimento delle pene: la risposta manettara del governo ai fatti di Caivano e Napoli
Cronaca - di Carmine Di Niro
La risposta è sempre la stessa, come già avvenuto col primo provvedimento dell’esecutivo, quello sui rave: più carcere e inasprimento delle pene. Per contrastare il disagio giovanile, sulla scia di quanto accaduto a Caivano, Palermo (con lo stupro di due cugine di 11 e 12 nel Parco Verde nell’hinterland napoletano e di una 17enne da un ‘branco’ in Sicilia) e Napoli (con l’omicidio di Giovanbattista Cutolo, musicista 24enne ammazzato da un 16enne per una banale discussione su un parcheggio), la risposta del governo Meloni è un decreto che arriverà giovedì in Consiglio dei ministri.
All’interno misure in larga parte giù anticipate dal ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini, che torna a urlare le parole d’ordine della destra securitaria “law and order”, arrivando ad auspicare l’abbassamento dell’età di imputabilità “perché il 14enne che gira con un coltello o con una pistola, è capace di intendere e volere e se sbaglia, se uccide, se rapina, se spaccia deve pagare come paga un 50enne”.
Tra le misure previste nella bozza di decreto c’è il Daspo urbano per i minorenni che abbiano compiuto 14 anni e l’avviso orale del questore. “L’avviso orale può essere rivolto anche ai soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età – si legge all’articolo 4 della bozza -. Ai fini dell’avviso orale, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale”. Se il soggetto a cui viene notificato l’avviso risulta condannato, anche in via non definitiva, per delitti contro la persona, il patrimonio, inerenti ad armi o droga, il questore può proporre al tribunale il divieto di utilizzare “piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere telefoni cellulari”.
Nel mirino anche i genitori: a chi è tenuto alla sorveglianza del minore “è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto”. Si arriva quindi ai due anni di carcere, niente più multa da 30 euro, per chi “rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di fargli impartire l’istruzione obbligatoria”. Per i minori viene anche introdotto un “percorso di rieducazione del minore” nei casi per i quali è prevista la pena non superiore a 5 anni di reclusione.
La risposta del governo di destra al disagio giovanile è quella più facile, una scorciatoia che scarica sul sistema giudiziario e sulle carceri un tema ben più complicato e dalle tante sfaccettature. A sottolinearlo è dall’opposizione la deputata del Partito Democratico della commissione Giustizia Michela Di Biase, che spiega come “la risposta ai fatti di Caivano non è aprire le porte del carcere ai 14enni, ma investire risorse sul contrasto al disagio giovanile e alla povertà educativa. L’impostazione securitaria che arriva da esponenti del Governo Meloni — dice la deputata Dem — è preoccupante: usano slogan facili ed un linguaggio poliziesco invece di pensare ad interventi strutturali”.
Sulla stessa linea Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi-Sinistra, che evidenzia come “l’inasprimento delle pene” sia “l’unica soluzione per tutto” per il governo Meloni, come già fatto ad ottobre sui rave. Le critiche arrivano in particolare per la questione del carcere e del Daspo urbano da applicare ai 14enni: per la senatrice è “ancor più grave il divieto di spostarsi dal comune di residenza, condannando di fatto quei giovani a vivere in quello stesso ambiente tossico in cui sono nati e cresciuti, penalizzandoli quindi ulteriormente”.
La bocciatura del Garante per l’infanzia e adolescenza
Dello stesso avviso è Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che in vista della stretta sulla violenza giovanile prevista nel dl che arriverà domani sul tavolo del Consiglio dei Ministri fa sentire la sua voce e boccia la prospettiva di inasprire il sistema penale per contrastare la criminalità minorile, una soluzione che “non serve”.
In una nota indirizzata alla premier Giorgia Meloni, Garlatti sottolinea che “il primo punto fermo è che abbassare l’età imputabile non serve. Già oggi il minorenne che ha meno di 14 anni e commette reato può essere convocato davanti a un giudice. Inoltre, ove ne ricorrano le condizioni, può essere destinatario di interventi di sostegno che includano anche la sua famiglia. Nei casi più gravi anche il minore di 14 anni può essere destinatario di misure di sicurezza basate sulla sua pericolosità sociale”. Secondo principio è quello della specificità degli interventi destinati a persone che sono in crescita e la cui personalità è ancora in formazione. “Occorre pensare a sanzioni penali su misura per i minorenni, diverse da quelle degli adulti e parametrate alla gravità del fatto – prosegue Garlatti – come, per esempio, l’obbligo di svolgere servizi per la collettività. Ancora, nell’ottica del recupero e del reinserimento del minorenne, oltre che del contrasto alla recidiva, va valorizzata la giustizia riparativa, che offre strumenti che consentono all’autore del reato di comprendere la gravità delle proprie azioni, anche in relazione alla sofferenza di una vittima che finalmente non è più sola e trova supporto”.
Infine l’Autorità garante sottolinea che “a proposito di criminalità minorile non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo: il ragazzo che sbaglia va certamente punito, ma questo non basta. È necessario in primo luogo investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi – in particolare nelle zone a maggior criticità – valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare, sempre che il contesto familiare non risulti dannoso per lo sviluppo e il futuro del ragazzo”.