La testimonianza
Verdini inguaia Piantedosi: “Chiese aiuto ad Amara”
Lo scrive “La Verità”. Su richiesta dell’ex avvocato dell’Eni l’allora senatore forzista aveva quindi incontrato il prefetto Piantedosi che, caduto in disgrazia durante i governi Letta e Renzi, sperava in un appuntamento col ministro Alfano
Giustizia - di Paolo Comi
Almeno ogni mese, le cronache giornalistiche devono raccontarci qualche regolamento di conti fra i vari apparati di sicurezza dello Stato. Dopo il recente caso del finanziere Pasquale Striano, accusato di creare dossier su politici e personaggi in vista grazie alle informazioni raccolte presso la Direzione nazionale antimafia, ecco arrivare a scoppio ritardato il “caso Piantedosi”.
Dagli atti trasmessi nelle scorse settimane dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone a quello di Milano Marcello Viola, e da quest’ultimo depositati nel procedimento contro l’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara per la calunnia relativa alla Loggia Ungheria, è venuto infatti fuori anche il nome di Matteo Piantedosi, attuale ministro dell’Interno. A fare il nome di Piantedosi erano stati Amara e nel 2021 Denis Verdini, ex braccio destro di Silvio Berlusconi prima di abbandonare Forza Italia per dar vita nel 2015 ad Ala.
Piantedosi, prefetto di lungo corso, durante i governi Letta e Renzi, racconta Verdini, era caduto in disgrazia, non essendo probabilmente nelle grazie dell’allora capo del Viminale Angelino Alfano. Per cercare di ‘sbloccare’ la situazione, Piantedosi aveva deciso, prosegue Verdini, di intrattenere relazioni personali con Amara il quale, oltre a tutelare gli interessi dell’Eni, aveva una passione particolare, come si è poi scoperto, per le nomine dei vertici dello Stato e dei capi degli uffici giudiziari al Csm. Faccendiere esperto, Amara si era quindi rivolto proprio a Verdini, l’ideologo del Patto del Nazareno e all’epoca potentissimo.
L’ex senatore forzista, a sua volta, aveva incontrato Piantedosi che era alla ricerca spasmodica di un appuntamento con Alfano per potergli dimostrare il suo valore professionale. Il fatto che all’epoca Amara fosse sotto indagine in Sicilia per corruzione in atti giudiziari insieme ai vertici della Procura di Siracusa, non aveva creato imbarazzi a Piantedosi. La ricerca della ‘premura’ politica da parte dell’attuale ministro dell’Interno è spuntata fuori ieri grazie ad un articolo sulla Verità. La vicenda, molto italiana, si presta ad un paio di considerazioni. Tralasciando le tempistiche della pubblicazione del verbale delle dichiarazioni di Verdini su Piantedosi in un momento di difficoltà estrema per il Viminale, ‘commissariato’ da Palazzo Chigi nella gestione dei migranti, la prima riflessione certamente riguarda l’assoluta irritualità che un prefetto per parlare con il suo ministro debba chiedere ad un avvocato di intercedere con un politico che non aveva alcun incarico di governo.
La seconda, invece, riguarda il comportamento tenuto sull’accaduto dalla Procura di Perugia. Nelle circa 170 pagine della richiesta di archiviazione avanzata da Cantone nel procedimento perugino sulla Loggia Ungheria il nome di Piantedosi, pur essendo estraneo al sodalizio para massonico in quanto mai indicato come appartenente, viene citato per ben dieci volte: una vera stranezza. Negli stessi termini appaiono del tutto estranei all’indagine le domande poste dai pubblici ministeri di Perugia a Verdini sui rapporti tra Amara e Piantedosi anche perché sui predetti rapporti, laddove fossero stati penalmente rilevanti, avrebbe dovuto indagare la Procura di Roma e non certo quella di Perugia, dal momento che l’attuale ministro non era indicato come appartenente alla Loggia.
Il sospetto, dunque, è che si possa essere trattato di attività giudiziarie orientate ‘ad personam’. E ciò risulta del resto dall’assenza di domande e approfondimenti sui rapporti, pure riferiti da Verdini, tra Amara e l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone il quale, contrariamente a Piantedosi, si era occupato di Amara per ragioni di ufficio avendo trattato importanti procedimenti penali a carico di quest’ultimo. Eppure su Pignatone non si è fatta alcuna domanda.
La sollecita e ripetuta attenzione della Procura di Perugia nei confronti di Piantedosi fa il paio, del resto, con quella nei confronti dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, il quale, pur non essendo indicato anch’egli tra gli appartenenti alla Loggia, è stato investigato in lungo e in largo ed è citato nella richiesta di archiviazione 111 volte. Appare a dir poco sorprendente, inoltre, che sia stata delegata come polizia giudiziaria il Gico della guardia di finanza di Roma (che viene citato ben 19 volte), con risultati investigativi non certo esaltanti.
Lo stesso comandante del Gico, il maggiore Fabio Di Bella, nel processo che si sta svolgendo a Perugia nei confronti di Luca Palamara e Stefano Fava, all’udienza del 9 giugno 2022 aveva dovuto confessare che il suo reparto consegnava le informative ad Amara, principale indagato del procedimento, prima ancora che esse fossero depositate alla Procura di Roma, anche avvisandolo in anticipo delle perquisizioni che dovevano essere effettuate.