Se sei un rom, anzi uno zingaro come si usa dire, non puoi possedere un appartamento, figuriamoci una villetta. E’ quanto accaduto a Cedomir Vicario, 48enne imprenditore italiano di origini croate, residente a Marcallo con Casone, un piccolo paese alla periferia nord-ovest di Milano. La vicenda inizia negli ‘90 del secolo scorso quando il padre di Cedomir decide di trasferirsi in Italia insieme alla propria famiglia. Con i proventi della vendita di un appartamento di sua proprietà a Belgrado, l’uomo acquista quindi una piccola villa nel comune di Marcallo con Casone. La compravendita avviene in contanti, all’epoca una proceduta non vietata dalla legge.
Alla morte del padre, Cedomir eredita la villetta dove vi trasferisce la residenza. Immediatamente, però, scatta un procedimento di prevenzione: le Autorità italiane ritengono infatti che la casa sia stata acquistata dal padre con soldi di provenienza illecita e frutto di attività criminali. Cedomir, per confutare tale ipotesi, consegna allora le ricevute della vendita dell’immobile a Belgrado e anche le ricevute dei vari bonifici bancari. Al termine di un contenzioso estenuante, la casa di Marcallo con Casone nel 2017 viene comunque sottoposta a confisca in quanto il tribunale è convinto ci sia una ‘sproporzione’ fra il suo valore ed il reddito di Cedomir in Italia.
Nonostante il provvedimento della magistratura, Cedomir continua in questi anni ad abitare nella villa insieme alla moglie, i tre figli minori, e una parente affetta da grave ritardo mentale e riconosciuta invalida al 100 percento, soggetta anche a procedura di amministrazione di sostegno a far data dal 2004 e di cui egli è l’amministratore di sostegno nominato dal Tribunale di Milano. Lo scorso 19 luglio, l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati decide di effettuare un blitz per ‘sfrattare’ Cedomir e la sua famiglia. Vengono impiegati un centinaio di appartenenti alle Forze dell’Ordine, con l’utilizzo anche di squadre cinofile. Il maxi blitz, totalmente sproporzionato essendo noto che Cedomir non è un pericoloso latitante, è un fulmine a ciel sereno in quanto l’ordinanza di sgombero non era mai stata notificata in precedenza, impedendo in questo modo di presentare ricorso nei tempi previsti.
Il risultato è che da due mesi Cedomir e tutta la sua famiglia sono finiti in mezzo alla strada, costretti a vivere a bordo della propria autovettura in condizioni igieniche che definire precarie è un gravoso esercizio di eufemismo, senza che il comune di Marcallo con Casone abbia provveduto a trovare una diversa soluzione abitativa. “Quel che stride in una vicenda contrassegnata da un pregresso distorto uso della misura di prevenzione patrimoniale, è lo sbandierato scalpo esibito dall’amministrazione comunale di Marcallo con Casone”, ha dichiarato l’avvocato milanese Roberto Lassini che domani discuterà al Tar del Lazio la richiesta di sospensiva dello sgombero.
La sindaca di Marcallo con Casone, Marina Roma, è la moglie di Massimo Garavaglia, attuale presidente della Commissione bilancio della Camera ed ex ministro del governo Draghi, leghista di stretta osservanza e persona di fiducia di Matteo Salvini. Garavaglia, prima di andare in Parlamento, era stato anch’egli sindaco di Marcallo con Casone. “Non sarà certo un caso che simili sgomberi hanno subito una notevole accelerazione per ragioni certamente legate ai nuovi recenti orientamenti politici”, prosegue l’avvocato Lassini, riferendosi al ‘pugno duro’ che contraddistingue il governo Meloni in materia di repressione del disagio sociale. “E ciò traspare anche dall’immediato comunicato stampa con il quale la sindaca definiva l’abitazione di cui trattasi la “villa degli zingari”, con buona pace di tenersi lontano da atteggiamento razzisti e di maggiore equilibrio istituzionale”, aggiunge poi Lassini, prima di lasciarsi andare ad una amara riflessione: “Sembra una beffa il fatto che fu proprio Massimo Garavaglia, all’epoca molto più giovane e solo in un secondo momento assurto alla ribalta delle cronache nazionali, a rilasciare la concessione edilizia in virtù della quale il fratellastro di Cedomir veniva qualificato da un lato imprenditore agricolo e dall’altro con tale qualifica di indubbia rilevanza, veniva autorizzato a costruire in area agricola in forza delle note facilitazioni contenute nella vigente legislazione di regione Lombardia”.
“Non pretendiamo nessun trattamento diversificato, la legge deve essere uguale per tutti, ma qui c’è una ‘aggravante’ rom. Cedomir e la sua famiglia sono stati trattati come mafiosi. Parliamo di una persona che non ha creato problemi e che ha figli che vanno a scuola e sono integrati”, ha commentato Dijana Pavlovic, portavoce e responsabile per l’Advocacy per il Movimento Kethane Rom e Sinti per l’Italia.
“Non tutti i rom sono come quelli della famiglia Casamonica, spesso dediti al crimine, un dato sul quale nessuno vuole chiudere gli occhi, ma in questa vicenda è palese l’accanimento da parte delle autorità”, ha aggiunto Pavlovic.
Ma adesso, dopo il blitz estivo, che ne sarà della ‘villa degli zingari’? A spiegarlo è stato la stessa sindaca. “Il bene è nelle mani dell’Agenzia dei Beni Confiscati. A questo punto si farà una verifica per capire se l’immobile possa passare liberamente al comune o se invece è sottoposto ad ulteriori gravami”, ha affermato Marina Roma. ”Nel caso sia valida la prima ipotesi – ha poi sottolineato la sindaca – l’Amministrazione di Marcallo con Casone potrà riaverlo indietro dallo Stato, tenendo sempre conto della finalità sociale intervenire e decidere come meglio riutilizzare tale immobile a vantaggio del territorio e della comunità”. Ad esempio darlo a persone con grave disagio abitativo, come la famiglia di Cedomir finita in mezzo allo strada.