Le morti sul lavoro
Lo sfogo di Papa Francesco sulle morti bianche: “Persone ridotte a merce”
Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni. Non possiamo accettare lo scarto della vita umana.
Ieri mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri dell’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL) in occasione dell’80mo anniversario della fondazione.
… A volte sembra di sentire un bollettino di guerra. Questo accade quando il lavoro si disumanizza e, anziché essere lo strumento con cui l’essere umano realizza sé stesso mettendosi a disposizione della comunità, diventa una corsa esasperata al profitto. E questo è brutto. Le tragedie iniziano quando il fine non è più l’uomo, ma la produttività, e l’uomo diventa una macchina di produzione. Amici, i compiti educativi e formativi che vi aspettano sono ancora fondamentali, sia nei riguardi dei lavoratori, sia dei datori di lavoro, sia all’interno della società. La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo: ci accorgiamo della sua importanza solo quando viene tragicamente a mancare, ed è sempre troppo tardi!
La parabola del Buon Samaritano si ripete: davanti alle persone ferite e che rischiano l’abbandono sul ciglio della strada della vita possiamo fare come quei due personaggi religiosi, il sacerdote e il levita che, per non contaminarsi, non si fermano e tirano dritto, nell’indifferenza. E nel mondo del lavoro a volte succede proprio così: si va avanti, come se nulla fosse, devoti all’idolatria del mercato. Ma non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni. Non possiamo accettare lo scarto della vita umana. Le morti e gli infortuni sono un tragico impoverimento sociale che riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte. Non dobbiamo stancarci di imparare e reimparare l’arte del prenderci cura, in nome della comune umanità.
La sicurezza, infatti, non è solo garantita da una buona legislazione, che va fatta rispettare, ma anche dalla capacità di vivere da fratelli e sorelle nei luoghi di lavoro. L’Apostolo Paolo, riflettendo sul valore della corporeità, pone una domanda estremamente attuale: «Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi». E conclude: «Glorificate Dio nel vostro corpo!». San Paolo si riferisce all’affettività, ma possiamo allargare lo sguardo anche al mondo del lavoro. Se il corpo è tempio dello Spirito Santo, significa che, curandone le fragilità, rendiamo lode a Dio. L’umanità è dunque “luogo di culto” e la cura è l’atteggiamento con cui collaboriamo all’opera stessa del Creatore.
A tanto arriva la fede cristiana: la centralità della persona, in quanto tempio dello Spirito Santo, non conosce scarti, non conosce compravendite o baratti sulla vita umana. Non si può, in nome di un maggior profitto, chiedere troppe ore lavorative, facendo diminuire la concentrazione, oppure pensare di annoverare le forme assicurative o le richieste di sicurezza come spese inutili e perdite di guadagno. La sicurezza sul lavoro è parte integrante della cura della persona. Anzi, per un datore di lavoro, è il primo dovere e la prima forma di bene. Sono invece diffuse forme che vanno in senso opposto e che in una parola si possono chiamare di carewashing. Accade quando imprenditori o legislatori, invece di investire sulla sicurezza, preferiscono lavarsi la coscienza con qualche opera benefica. È brutto.
Così antepongono la loro immagine pubblica a tutto il resto, facendosi benefattori nella cultura o nello sport, nelle opere buone, rendendo fruibili opere d’arte o edifici di culto, ma non prestando attenzione al fatto che, come insegna un grande padre e dottore della Chiesa, «la gloria di Dio è l’uomo vivente» (Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, IV,20,7). Questo è il primo lavoro: prendersi cura dei fratelli e delle sorelle, del corpo dei fratelli e delle sorelle. La responsabilità verso i lavoratori è prioritaria: la vita non si smercia per alcuna ragione, tanto più se è povera, precaria e fragile. Siamo esseri umani e non macchinari, persone uniche e non pezzi di ricambio. E tante volte alcuni operatori sono trattati come pezzi di ricambio.