La dura reazione dell'Ucpi
Separazione delle carriere, nuovo scontro: per l’Anm è un “cavallo di Troia della politica”
Per le toghe l’intento è “assoggettare giudici e pm al potere politico”. Insorgono i penalisti: “Sono idee pericolose per la democrazia”
Giustizia - di Angela Stella
Si infiamma lo scontro tra Anm e Ucpi sul tema della separazione delle carriere. Era inevitabile: un totem per la prima, un monumento da abbattere per la seconda. Il tutto avviene tra sabato e domenica: a Roma è in corso il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati che licenzia quasi all’unanimità il documento ‘Cavallo di Troia’: «L’Anm esprime grande preoccupazione per i contenuti dei disegni di legge in discussione dinanzi alla Commissione affari costituzionali della Camera di deputati che, nel riprodurre fedelmente la proposta di iniziativa popolare presentata dalle Camere Penali nella XVII legislatura, rivelano, al di là dei propositi annunciati nelle relazioni illustrative, l’intento di assoggettare tutti i magistrati, giudici e pubblici ministeri, al potere politico».
Il punto centrale è proprio questo: per le toghe guidate da Giuseppe Santalucia le proposte in discussione hanno il reale obiettivo di assoggettare persino i giudici al potere politico, un po’ in stile polacco e ungherese. Domenica è arrivata la reazione durissima dell’Unione Camere Penali. «L’Anm ha licenziato un documento gravissimo – si legge in una nota – . Per proporre le solite faziose e indimostrate critiche al progetto di riforma della separazione delle carriere dei magistrati, getta la maschera lanciandosi in considerazioni e idee pericolose per la democrazia e in alcuni spropositi culturali e giuridici».
Ciò che desta maggiore allarme «non è tanto il merito delle osservazioni critiche rivolte alle varie proposte di legge oggi, che si afferma riproducono “fedelmente la proposta di iniziativa popolare presentata dalle Camere Penali”. Si tratta in larga parte di obiezioni ben conosciute, tutte caratterizzate da una capziosa faziosità, interamente volte a dimostrare ciò che il testo di tutte quelle proposte invece esplicitamente nega, è cioè la fantomatica sottoposizione del PM al potere esecutivo». Quello che realmente ha suscitato la severa reazione dell’Ucpi è che «ora anzi Anm gioca al rialzo, pretendendo di sostenere che la volontà della “Politica” sarebbe in realtà quella di sottoporre indistintamente giudici e pubblici ministeri al proprio indiscriminato controllo. Ciò avverrebbe, tra l’altro, perché nei due Csm conseguenti alla separazione delle carriere, la presenza dei componenti di parte politica è prevista come paritaria e non più minoritaria».
Per tutto questo i penalisti auspicano che «Parlamento, Governo e forze politiche di maggioranza e di opposizione sappiano cogliere la straordinaria gravità del documento licenziato dal Cdc nazionale di ANM, sulla prospettiva della riforma costituzionale della separazione delle carriere» e si convincano «di quanto quella della separazione delle carriere sia la sola riforma davvero indispensabile per cambiare il volto della giustizia penale nel nostro Paese». Ora c’è da chiedersi cosa faranno il Parlamento e il Governo dinanzi a tutto questo. Più che via Arenula deciderà la premier Meloni insieme a Mantovano.
Intanto ieri si è tenuto un faccia a faccia nella sede dell’Anm tra il presidente dell’Ucpi, Gian Domenico Caiazza, e il magistrato in pensione Armando Spataro, tra i 500 firmatari come lui ritiratisi, che hanno sottoscritto un appello contro la separazione delle carriere. Caiazza: «Ho letto il documento sottoscritto dai magistrati a riposo, rilevo che per lo più sono inquirenti. Nessuno di noi immagina che una riforma ordinamentale di separazione delle carriere sia una sorta di panacea che risolva tutti i problemi dell’amministrazione della giustizia e trasfiguri il processo in un processo giusto. È uno schema che appartiene alla stragrande maggioranza delle democrazie europee ed extra europee anche se in maniera diversa. A ragion veduta, una delle poche eccezioni è la Francia che conferma la regola, perché ha un sistema processuale inquisitorio. Mentre il processo accusatorio esige invece la separazione: si tratta di dare coerenza ad un sistema in cui il giudice è equidistante da accusa e difesa. Veniamo accusati di voler mettere il pm sotto il controllo della politica. La nostra proposta dice chiaramente altro: “L’ordine giudiziario è costituito dalla magistratura giudicante e dalla magistratura requirente ed è autonomo e indipendente da ogni potere”».
Per Spataro invece «la separazione delle carriere non è un problema fondamentale della nostra giustizia. È singolare che quasi tutte le pdl siano frutto di un copia e incolla tra di loro e di conseguenza di quella dell’Ucpi. Perché allora non firmare tutti insieme una proposta? Aggiungo che non è vero che l’intera avvocatura è a favore della separazione delle carriere, come Franco Coppi». Noi ricordiamo a Spataro che anche tra i magistrati c’è chi è a favore della separazione delle carriere, come il togato del Csm Andrea Mirenda e pm di Napoli Paolo Itri.