Il nuovo libro
C’è una battaglia da fare: per il diritto universale al respiro
L'ultima opera di Barbara Balzerani, una lunghissima militanza politica tra Potere Operaio e Brigate Rosse, sei ergastoli, 26 anni scontati libera dal 2011,
Cultura - di Frank Cimini
Respiro, 92 pagine, 12 euro, editore “Derive Approdi” è l’ultima opera di Barbara Balzerani che a sentirsi definire scrittrice quasi si offende: “Io non sono una scrittrice, racconto storie”. Balzerani una lunghissima militanza politica tra Potere Operaio e Brigate Rosse, sei ergastoli, 26 anni scontati libera dal 2011, mai pentita o dissociata, ha rivisitato criticamente il suo passato al fine di rafforzare, come dimostra anche questo lavoro, la necessità di criticare lo stato di cose presenti che è molto peggio della realtà di circa mezzo secolo fa.
“Achille Mbembe filososo camerunense ha scritto che l’umanità era già in pericolo di soffocare prima del virus, che se si parla di guerra dovrebbe essere contro tutto ciò che il capitalismo usa per condannarci a una respirazione difficile, una guerra in nome del diritto universale al respiro… Ma poi basta il mantra dell’andrà tutto bene a ogni balcone per tornare a un po’ bambini che si incantano per il buon finale di felici e contenti. Basta rispettare le regole mentre la casa brucia, la sanità agonizza, la scuola è perduta, i redditi sprofondano”.
“Non ci tornavo da molti anni a Venezia dopo esserci andata in gita scolastica. Mia madre aveva messo insieme a fatica i denari affinché potessi andarci, lei emigrata da una valle vicentina, non l’aveva mai vista e ne parlava come una delle privazioni a cui una vita faticosa l’aveva destinata. Con un ‘almeno tu potrai vederla’. Adesso solo bar che sembrano salotti tutt’altro che popolari ma almeno non c’è più traccia dei patiboli con i corpi dei condannati appesi a testa in giù. Magnificenza e ignominia della Serenissima”.
“Un compagno a Parigi dove sconta l’esilio e un cancro mi mette a disposizione il suo sapere, vive da anni il cambiamento del suo fragile stare in piedi e si incuriosisce del mio, mi ha ispirata e accompagnata negli incontri per un mio libro tradotto, mi dice che a battagliare in nome di una storia, la nostra, lo aiuta a vincere i dolori della sua malattia, che a fine giornata non ha bisogno di prendere i pesanti sedativi. Insieme affrontiamo giornalisti e lettori in verità molto più accoglienti di quelli che avremmo trovato nel nostro bel paese. A conferma che nessuno è profeta in domo sua”.
Barbara Balzerani racconta anche la sua malattia. Al tempo del Covid ma non è Covid. “Dopo un mese di ospedale non sono più io, non sto in piedi, i muscoli sono andati, la faccia gonfia, ma sono a casa, torno per i controlli. Un ospite tiranno con cui dovrò convivere”. “Non è vero che andrà tutto bene che tutto tornerà come prima. Il gioco semantico sembra di un’innocenza disarmante se non contenesse la forza di evocare un salvifico ritorno alla vita di prima, quella che ci ha buttato nel precipizio di neutralizzare l’opportunità di un cambiamento che le crisi portano con sé. D’altra parte chi non desidera la fine di una guerra anche a condizioni poco felici?”.
“Faccio l’andirivieni con l’ospedale, nel reparto delle visite ci arrivo con le mie gambe le trascino un po’, il rituale è sempre lo stesso, mi sono chiusa a riccio, ripiegata sulle mie sensazioni malate, affidata alle mani altrui, come se non volessi sapere, capire, intromettermi. La sofferenza come uno scudo a protezione da ciò che non posso cambiare”. “Il Covid ci renderà tutti migliori, una delle dicerie di successo meno riuscite perde qualche tono. Spettacolare la smentita come solo una guerra di eserciti può fare, sembra che nulla possa interrompere la sequenza di morte che fa parte del nostro quotidiano, la morte per crisi climatiche, sanitarie, per lavoro, per stupri del territorio”, si legge nel penultimo capitolo dal titolo “Sopravvivere”.
“Sabotare e disertare” il titolo dell’ultimo capitolo.” C’è chi tace di fronte alla pretesa di vita di un militante anarchico, voce potente che attraversa le spesse mura del buco in cui è stato rinchiuso, i tanti nessuno ammazzati o suicidati per non essere scesi a patti con un sistema che li ha scaraventati in un abisso di esclusioni. Chi si illude pensando di salvarsi facendo finta di non sentire, in complicità con un sistema che tortura, ammutolisce e uccide per il reato di non asservimento alle sue regole disumane. C’è chi non comprende quanto deve agli inadatti, agli sbagliati, ai cattivi esempi se può continuare a mantenere i propri tratti umani”.