La faccia feroce non funziona

Flop della Meloni all’Onu: chiede di fermare i migranti nel gelo dell’Assemblea

La premier insiste: “Non saremo il campo profughi d’Europa”. Ma la Commissione la silura sul blocco navale: “Se mettiamo navi in mare, è solo per salvare vite”

Politica - di David Romoli

21 Settembre 2023 alle 13:30

Condividi l'articolo

Flop della Meloni all’Onu: chiede di fermare i migranti nel gelo dell’Assemblea

Non c’è palco più eminente, per rivolgersi al mondo, dell’assemblea dell’Onu. Nella sua prima volta al Palazzo di vetro, Giorgia Meloni vuole utilizzare quel palco per rilanciare la sua formula sull’immigrazione: “Finché in Europa pretendiamo di discutere sulla distribuzione delle persone non ne verremo a capo: l’unico modo serio per risolvere la questione è lavorare insieme sulla difesa dei confini esterni”. In effetti lo “stallo” in sede di consiglio Ue sul testo che dovrebbe regolamentare “le crisi migratorie” si ripercuote immediatamente sul Parlamento europeo e congela la discussione sulle redistribuzioni.

La faccenda però non preoccupa la premier italiana, convinta appunto che si debba parlare non di accoglienza ed equa distribuzione dei migranti ma solo di come fermarli e rimpatriarli: “Le nazioni hanno difficoltà sui ricollocamenti ma non è quello che io chiedo. Io chiedo di fermare le partenze illegali. Nei confronti dell’Europa la premier mantiene un doppio registro: piena fiducia nell’amica Ursula von der Leyen ma diffidenza e moniti nei confronti delle forze ostili al progetto che condivide, o crede di condividere, con la presidente della Commissione: “Non consentirò che l’Italia diventi il campo profughi d’Europa”.

La differenza tra le due destre europee, incarnate in Italia una da Meloni e l’altra, quella lepenista, da Salvini in sostanza è tutta qui. La premier italiana scommette sulla possibilità di trascinare l’intera Unione sulla sua linea, quella della Fortezza Europa. La leader del Rassemblement National e quello della Lega, fingono di non sperarci e di non crederci, e insistono perché i singoli Stati si muovano in piena autonomia. In realtà però proprio non se lo augurano: la formula della Sorella d’Italia è ancora centrata sull’Europa, sia pure su un’Europa molto spostata a destra, mentre loro l’Europa mirano a terremotarla. Dunque Salvini, appigliandosi alla decisione austriaca di limitare i movimenti dei Tir al Brennero per impedire l’ingresso di irregolari, “atto di violenza e arroganza”, si scaglia di nuovo contro la presidente della Commissione, alla faccia dell’amica Giorgia. La von der Leyen non ha firmato l’ avvio della procedura che consentirebbe all’Italia di ricorrere contro l’Austria di fronte alla Corte di Giustizia europea e il vicepremier leghista la prende di mira: “Non si può pontificare a spese dell’Italia, cercando accoglienza e integrazione a Lampedusa, blindando il confine del Brennero”.

Lo scontro sotterraneo con la Lega proseguirà sino alle Europee. Meloni lo sa perfettamente e probabilmente non è questo che la preoccupa. Il cruccio vero è che la disponibilità europea a seguirla sulla strada del blocco in realtà non esiste, anche se tutti i governi, nel clima pre-elettorale e temendo l’avanzata delle rispettive destre interne, le danno corda. Il portavoce della Commissione delegato agli Esteri Peter Stano, ieri, ha gelato gli entusiasmi della presidente italiana: “Una eventuale missione navale può essere decisa solo dal Consiglio e richiede l’accordo di tutti i 27 Stati membri. Quindi parlarne ora è prematuro”. La Commissione, tuttavia, mette le mani avanti subito: “Deve essere chiaro che qualsiasi nave coinvolta deve salvare le persone intercettate in mare aperto e in difficoltà”.

Dunque la forza navale che vagheggia la premier dovrebbe sì intercettare le barche che trasportano i migranti, ma per poi trasportarne gli occupanti in territorio italiano. Del resto questo faceva la missione Sophia che la destra prende ora a modello e proprio per questo motivo il governo gialloverde di cui faceva parte la Lega la aveva affondata, sostenendo che in questo modo invogliava i profughi a partire. L’alternativa sarebbe riportare i migranti nei Paesi da cui partono ma su questo punto si ripeterebbe, elevato all’ennesima potenza, lo scontro in atto in questi giorni sul memorandum von der Leyen con la Tunisia.

Il braccio di ferro continua, i fondi, con la scusa degli adempimenti burocratici, restano congelati ma l’asse Meloni-von der Leyen ha segnato un punto quando ieri mattina, nella riunione degli ambasciatori Ue, la maggioranza degli Stati si è espressa a favore del memorandum e ha chiesto di metterne l’attuazione all’odg del prossimo Consiglio Affari Interni della Ue, il 28 settembre.

Ma in una battaglia elettorale che si combatte già senza esclusione di colpi, immaginare una missione come quella che ha in mente Meloni nei prossimi mesi è quasi surreale. Né avranno vita più facile i campi profughi che la Difesa dovrebbe costruire a spron battuto. I governatori di Emilia e Toscana hanno già detto che non li accetteranno nelle loro regioni, i tempi di costruzione saranno giocoforza lunghi, lo spettro delle tendopoli, che in inverno diventerebbero un incubo per i migranti detenuti ma un problema grosso anche per il governo, è quasi una certezza.

21 Settembre 2023

Condividi l'articolo