Il Pd propone una modifica costituzionale, apparentemente piccola ma non insignificante, e la premier si presenta in conferenza stampa per presentarla in pompa magna. Si tratterebbe di modificare il famoso art. 11, quello in base al quale “l’Italia ripudia la guerra” con un’aggiunta per sancire l’appartenenza del Paese all’Unione europea. “In Europa ho imparato che se sei ambiguo sui temi europei poi non conti. Se non ci credi non conti e noi ci crediamo eccome. Non ci sono oggi crisi che non debbano essere affrontate in sede comunitaria”, spiega la segretaria e aggiunge che il Pd “si batterà per un bilancio europeo più forte e per fondi comuni che sostengano la transizione ecologica”.
Trattandosi di una conferenza stampa fioccano le domande a tutto campo. Le risposte però latitano. La situazione interna al Pd, con l’ipotesi di una sua nascitura corrente? “Non commento i retroscena”. Il rapporto con il popolo di sinistra, che stando ai sondaggi stenta a ripartire anche dopo il ricambio al vertice? “Abbiamo dimostrato in estate, con oltre 800 iniziative, quanto il Pd riesca a lavorare in modo capillare. Stiamo lavorando per renderlo capillare nella presenza sui territori”. Le tensioni tra i potenziali che impediscono di arare il campo largo, specie quella tra 5S e Azione? “Noi ci siamo e stiamo dialogando per vedere se ci sono punti comuni”. L’attacco al governo è di prammatica: “È tutto chiacchiere e distintivo. Sull’immigrazione ha peggiorato le cose e reso più difficile salvare le vite. La sua specialità sono i condoni e stanno litigando sull’ennesimo: è una sberla per i cittadini che pagano le tasse”.
Nel complesso è difficile evitare la sensazione che la conferenza stampa serva solo a farsi vedere, secondo una strategia mediatica che in sé non è certo sbagliata ma che andrebbe sostanziata con qualcosa in più degli abituali slogan. La proposta in sé presenta aspetti discutibili: dalla scelta di rendere costituzionale l’adesione all’Unione, che ha senso invece proprio in quanto volontaria e non coatta, a quello di inserire il passaggio nell’articolo sul ripudio della guerra, che mira chiaramente a identifcare l’Europa con la pace e di conseguenza i sovranisti con la guerra. Ma sono particolari, come anche il fatto che, con gli attuali rapporti di forza in Parlamento, l’obiettivo sia non tanto far passare la modifica quanto mettersi nella postazione giusta per accusare gli avversari di essere europei solo per finta, anzi, per dirla con la segretaria stessa, di “non crederci”.
Il vero elemento assente, però, è una riflessione sull’Europa, sulla sua situazione attuale, sui suoi limiti e sul come superarli: passaggio che sarebbe invece essenziale quando si propone un’aggiunta alla Costituzione sull’Europa. Di quei nodi Elly Schlein ne cita una solo, per rispondere a Calenda e alla sua convinzione che proporre di modificare il Trattato di Dublino, come fa il Pd, sia insensato dal momento che nessuno in Europa è disposto a rivedere quel trattato: “Dire questo significa rinunciare a fare politica, che vuol dire provare a portare un cambiamento anche laddove è difficile”. Indiscutibile. Però fare politica significa anche indicare un percorso per provare a realizzare quel che è difficile fare.