L'ultimo saluto al Presidente
Sulla tomba di Napolitano va in scena il festival bipartisan dei cretini
A destra festeggiano la morte del “comunista che sospese la democrazia”, a sinistra lo chiamano “servo degli Usa”: non hanno capito la sua storia
Editoriali - di Duccio Trombadori
Lo attaccano in tutti i modi. Comunista servo di Mosca, dicono i cretini di destra. Liberale servo degli Usa, si accaniscono i cretini di sinistra; poi ci sono gli anti-europeisti, ma quelli non vanno nemmeno calcolati. La congerie di stupidità che si è accanita sulla rete informativa dopo la scomparsa di Giorgio Napolitano ha quasi dell’inverosimile. Bisognerà mettere a posto molti connotati in questo paese devastato da una crisi che appare soprattutto di decadenza culturale e politica. Ma procediamo con una precisazione chiave da fare una volta per tutte ai cretini di destra e “de sinistra”.
A seguire le grida di lorsignori si capisce che non hanno mai capito un cavolo della reale vicenda storica italiana, a partire dalla tragica epopea che va dal 1940 al 1945. Bene. Giorgio Napolitano è un figlio purissimo di quella storia che succede alla rovinosa sconfitta subita dal nostro paese per colpa del fascismo e del suo presuntuoso capo, Benito Mussolini. La vittoria angloamericana e sovietica sul nazifascismo passò per prima con le armate statunitensi nel Sud d’Italia, in particolare si consolidò a Salerno e poi a Napoli, dove il giovane Napolitano andò alla scuola di Togliatti e di Giorgio Amendola, comunisti diversi tra loro, ma staliniani convinti e allora protetti e sostenuti dagli alleati angloamericani.
Solo un cretino può pensare, date queste premesse, che quella antica alleanza non abbia dato frutti nel tempo anche e perfino durante le fasi più difficili della guerra fredda. Fino al 1947 il Pci non fu escluso, ma fu un perno decisivo del governo in Italia, sostenuto dagli Usa e anche dagli aiuti non solo economici provenienti dall’Urss. Il Pci cosiffatto come organismo socio-politico è stato un cardine della Costituzione repubblicana nella quale noi italiani oggi viviamo, assieme all’altro cardine, la centrale presenza della Dc. E Napolitano è stato tutta la vita un limpido, coerente esemplare di questa storia, che è alla radice dello svolgimento della vita politica e della democrazia in Italia.
Sono note tra l’altro a complemento le buone relazioni di Napolitano con Henry Kissinger, maturate prima ancora che con gli esponenti del Partito democratico Usa, fin dagli anni Settanta quando, assieme al suo rivale di partito Enrico Berlinguer, egli preparò in anticipo il “passaggio ad Ovest” dei comunisti italiani in previsione dello sblocco della Guerra fredda, che avvenne poi alla fine degli anni Ottanta (ma il primo eloquente segnale fu la dichiarazione del 1976 non peregrina di Berlinguer sull’ombrello della Nato, garanzia di sicurezza).
Il Pci fu molto legato all’Urss: è inutile e superfluo ricordarlo. Ma in quanto e per quanto affine al campo sovietico, seppe trovare il modo di non rompere mai il filo che lo tenne legato anche agli Usa fin dagli anni della Resistenza. Questa fu la peculiare identità di una visione politica maturata nell’interesse della nuova Italia. Ecco perché solo un cervello di corte vedute può pensare che i comunisti italiani fossero degli sciocchi “servi di Mosca” e nulla più. No, cari detrattori, niente da fare: i comunisti italiani, in primis Togliatti e dietro lui lo stesso Napolitano, furono gli artefici di una originale impalcatura democratica strutturata nel sistema dei partiti che ha garantito la crescita di giustizia e libertà in Italia dopo il fascismo.
E di questo grande merito -storico ma ancora attuale-bisogna tenere conto quando si parla di loro. A meno di non voler vivere in mezzo alle fandonie e allo spaccio minuto delle menzogne, delle cretinerie o delle infamità escrementizie, come accade a chi oggi tenta di offendere la figura di uomini come il presidente emerito Giorgio Napolitano.