L'attacco del magistrato
Il Pm Albamonte contro Salvini: “Intolleranza per la funzione dei giudici”
Il leader uscente di Area replica agli attacchi alla magistrata che non ha convalidato il trattenimento di tre profughi. Ancora scontro sulla separazione delle carriere
Giustizia - di Angela Stella
“Quel che più ci preoccupa è l’attacco portato alla giurisdizione: diversi sono i segnali che indicano la volontà di ridimensionare il potere giudiziario quale strumento di controllo della legalità del Paese, di tutela dei diritti, di contrasto ai fenomeni illegali”: questo è uno dei passaggi più importanti della mozione approvata al termine del Congresso di AreaDg, la corrente progressista della magistratura, riunita per tre giorni a Palermo. Dopo quattro anni, si chiude l’era di Eugenio Albamonte: il 25 ottobre sarà eletta la nuova dirigenza tra i 13 candidati al coordinamento nazionale.
Ma ora è sempre lui a controbattere alle dichiarazioni Salvini – “faremo la riforma della Giustizia, con separazione delle carriere e responsabilità civile dei magistrati che sbagliano” – contro la giudice catanese che non ha convalidato il fermo di tre immigrati. “Quello che sta accadendo in queste ore – dice il pm romano – è esattamente la conferma di tutto quello che abbiamo detto nel congresso. Quando abbiamo parlato di una profonda e visibile insofferenza rispetto alle decisioni dei magistrati mi riferivo ad ormai decine di episodi che si sono verificati. Quando parlavo di intolleranza per la funzione interpretativa delle leggi, in cui c’è anche la sua conformità al parametro costituzionale o ai parametri delle leggi europee, mi riferivo esattamente a questo. Le cronache degli ultimi giorni, immediatamente successive alla chiusura della mia relazione, confermano tutti i timori che abbiamo condiviso”.
Il livello degli interlocutori del congresso, paragonato da alcuni persino a quello dell’ANM, è stato alto e la partecipazione ampia: dai leader di tutti i gruppi associativi al vice presidente del Csm, Fabio Pinelli, dai Giuseppe Conte a Elly Schlein fino al Ministro Nordio che però non ha colto le provocazioni della relazione del Segretario e ha solo tranquillizzato dicendo che il pm non verrà mai posto sotto l’esecutivo, qualora si arrivasse alla separazione delle carriere. Su questo ci dice Albamonte, rispetto alla richiesta del presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza che è intervenuto chiedendo un confronto non ideologico ma fattivo: “il dialogo con le Camere Penali non si è mai interrotto. Caiazza era ospite nostro, io sarà loro ospite venerdì al loro congresso”.
Parlarsi ai Congressi non è la stessa cosa che sedersi ad un tavolo e discutere di come arrivare ad un punto di accordo su una modifica così importante: “dire che in quella proposta ci sono previsioni ancora più pericolose della stessa separazione delle carriere, non significa che siamo pronti ad accettarla. È impensabile che si possa aprire una trattativa con la magistratura sull’accettare forme meno virulente di riforma costituzionale”. Non sono comunque mancate le polemiche dalla stampa di destra, da esponenti di FdI ma anche da parte di Enrico Costa di Azione, che hanno accusato Area di essersi trasformato in un partito, all’interno del campo largo di Pd e M5S, mettendo a rischio anche la fiducia dei cittadini nei confronti dell’indipendenza della magistratura.
Replica Albamonte: “Anche queste dichiarazioni mi sembrano una conferma di un altro pericolo che io avevo denunciato: si arriva a negare la nostra libertà di espressione, utilizzando strumentalmente ed in modo inappropriato una lettura del dovere di terzietà. Assistiamo a reazioni scomposte solo quando il magistrato dice cose sgradite e non sintoniche al sentiment maggioritario. Vanno bene solo i magistrati che parlano di cose che non danneggiano nessuno, che discutono solo con determinati interlocutori, rendendoci in pratica cittadini con diritti limitati rispetto agli altri. Qui non si tratta di ‘campo largo’ ma di scegliersi tra gli interlocutori politici quelli che hanno l’idea di mantenere l’attuale equilibrio tra i poteri e non modificare né nella forma né nella sostanza quanto scritto in Costituzione”. Come ha detto la segretaria dem Elly Schlein “Dopo un anno di governo qualcosa emerge con chiarezza: l’esistenza di una postura animata da pulsioni, da un approccio muscolare e aggressivo verso la magistratura per limitarne e gli spazi di autonomia e indipendenza”.
Non solo: dalla mozione emergono forti timori per la gestione del governo autonomo della magistratura: “Siamo anche preoccupati dal fatto che il Consiglio Superiore della Magistratura si avvii ad essere governato da un blocco di voti portatore di una unica identità culturale. Anche qui paiono prevalere logiche maggioritarie, tutte volte a orientare le scelte di alta amministrazione e di politica giudiziaria in un’unica direzione, che rischia di assecondare le spinte messe in atto dalla maggioranza politica di governo verso la trasformazione irreversibile del ruolo costituzionale della giurisdizione”.
Che fare per invertire la rotta? “Il compito che ci attende – conclude la mozione – è allora quello di coltivare la cultura del nostro ruolo e delle nostre funzioni per come sono state disegnate dalla Costituzione, al servizio dei diritti e dei cittadini, quello di continuare con coraggio nella attività di interpretazione e applicazione del diritto, con competenza e professionalità, senza auto censurarci per compiacere il sentimento maggioritario o per timore di essere investiti da campagne mediatiche di delegittimazione”. All’orizzonte tempesta per i prossimi quattro anni: Meloni e Mantovano siano pronti.