La lezione del Pontefice
Papa Francesco zittisce la Chiesa reazionaria: “Siamo qui per capire, non per giudicare”
Dalle unioni gay alle donne sacerdote, cinque cardinali provano a incastrare Bergoglio sperando in una sua risposta “eretica”. Ma Francesco impartisce loro una straordinaria lezione teologica
Editoriali - di Fabrizio Mastrofini
Papa Francesco risponde. La ‘cosa’ è clamorosa. Cinque cardinali (tutti piuttosto anziani e conservatori: Brandmüller 94 anni, Burke 75, Juan Sandoval Íñiguez 90, Robert Sarah 78, Joseph Zen Ze-kiun 91) pongono al Papa 5 domande o ‘dubia’. Nel 2016 i cardinali erano quattro (oltre a Brandmüller e Burke c’erano Caffarra e Meisner, nel frattempo deceduti) e le domande riguardavano la morale matrimoniale. Oggi allargano il campo. E forse realizzano un clamoroso autogol, perché se nel 2016 papa Francesco aveva lasciato cadere, adesso risponde. E non gliela manda a dire.
Spiega il Papa nelle articolate risposte che fornisce, d’intesa con il Dicastero per la Dottrina della Fede e il suo nuovo Prefetto, che è necessario capire di più e meglio il Vangelo che viene prima della teologia; dice poi con chiarezza che il matrimonio cattolico è l’unione di un uomo e una donna, ma va esercitata misericordia e comprensione verso altre forme di unione e mai condanna senza appello. “I cambiamenti culturali e le nuove sfide della storia non modificano la Rivelazione, ma possono stimolarci a esprimere meglio alcuni aspetti della sua traboccante ricchezza che offre sempre di più. È inevitabile che ciò possa portare a una migliore espressione di alcune affermazioni passate del Magistero, ed è infatti successo così lungo la storia”. Sull’ordinazione delle donne: bisogna continuare a cercare perché non c’è una definizione dogmatica negativa.
La vicenda dei ‘dubia’ è articolata e complessa, al punto che anche i siti conservatori cattolici italiani, statunitensi, spagnoli, francesi, svizzeri e polacchi, stanno prendendo tempo e sono rimasti spiazzati dalle ampie e puntali risposte. Papa Francesco non è caduto nel tentativo di intrappolarlo attuato dai cinque vecchi: i ‘dubia’ sono domande che prevedono una risposta positiva o negativa, e basta. Da tribunale Usa, quando l’avvocato chiede all’imputato o al testimone di rispondere sì o no, senza commenti. Ma come si fa a parlare di Sinodo, teologia, ordinazione delle donne, morale sessuale e matrimoniale, rispondendo o sì o no? E infatti il Papa risponde in lungo e largo. Allora che fanno i cardinali? Si affidano ad una dichiarazione, peggiorando la loro reputazione. Sappiamo ora che il 10 luglio Brandmüller e Burke avevano mandato al Papa questi 5 ‘dubia’.
Il Papa aveva risposto, ma i due cardinali hanno ritenuto valida la loro posizione critica, riproponendo le domande, anzi – scrivono ora – ritenendo che le risposte aumentino i problemi piuttosto che chiarirli. E così hanno assoldato altri tre aderenti (Sandoval, Sarah, Zen). Insomma un pasticcio ecclesiale, da cui si capisce che papa Francesco non cade della trappola del ‘sì’ e del ‘no’ secco – ma come si fa a pensare che su questioni complesse valga una risposta semplice? E i conservatori non sanno più cosa fare, pensar o dire perché si capisce ora che l’opposizione è cristallizzata e non vuole il confronto ma solo avere ragione a tutti i costi.
Che vuol dire reinterpretare la tradizione cattolica? – chiedono i cardinali. E aggiungono: non si può fare perché la tradizione è immutabile e sempre quella. E il Papa spiega (ai cardinali, che forse dovrebbero già saperlo…): “Il Magistero non è superiore alla Parola di Dio, ma è anche vero che sia i testi delle Scritture che le testimonianze della Tradizione necessitano di un’interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali”. E aggiunge: “Questo è evidente, ad esempio, nei testi biblici (come Esodo 21, 20-21) e in alcuni interventi magisteriali che tolleravano la schiavitù (Cfr. Niccolò V, Bolla Dum Diversas, 1452). Non è un argomento secondario dato il suo intimo legame con la verità perenne della dignità inalienabile della persona umana. Questi testi hanno bisogno di un’interpretazione. Lo stesso vale per alcune considerazioni del Nuovo Testamento sulle donne (1 Corinzi 11, 3-10; 1 Timoteo 2, 11-14) e per altri testi delle Scritture e testimonianze della Tradizione che oggi non possono essere ripetuti così come sono”.
Secondo. Come rispondere a chi pensa che sia possibile benedire le unioni di persone dello stesso sesso? E il Papa: il matrimonio per la Chiesa è “un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli”. Però serve “carità pastorale” perché “sebbene ci siano situazioni che dal punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili, la stessa carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come ‘peccatori’ altre persone”. Terzo. La Chiesa è per natura sinodale? Il Papa: “Con queste domande stesse manifestate il vostro bisogno di partecipare, di esprimere liberamente il vostro parere e di collaborare, chiedendo così una forma di ‘sinodalità’ nell’esercizio del mio ministero”.
Tradotto: avete fatto autogol. Chissà se hanno capito. Ma non finisce qui. La quarta questione: la teologia è cambiata e le donne potrebbero venire ordinate sacerdote? Papa Francesco: nonostante i pronunciamenti che finora non ammettono l’ordinazione (Giovanni Paolo II, Congregazione per la Dottrina della Fede) “non è stata ancora sviluppata esaustivamente una dottrina chiara e autorevole sulla natura esatta di una ‘dichiarazione definitiva’. Non è una definizione dogmatica, eppure deve essere accettata da tutti. Nessuno può contraddirla pubblicamente e tuttavia può essere oggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunione anglicana”.
Traduzione in lingua corrente: è necessario continuare a interrogare le fonti, approfondire, riflettere. E la quinta domanda: insistere sul perdono e sull’assolvere tutti, di fatto vanifica l’idea di peccato? Papa Francesco: “Il pentimento è necessario per la validità dell’assoluzione sacramentale e implica l’intenzione di non peccare. Ma qui non c’è matematica e devo ricordare ancora una volta che il confessionale non è una dogana. Non siamo padroni, ma umili amministratori dei Sacramenti che nutrono i fedeli, perché questi doni del Signore, più che reliquie da custodire, sono aiuti dello Spirito Santo per la vita delle persone”.
In apertura, il Papa aveva chiarito che gli era sembrato opportuno rispondere proprio in vista del Sinodo, che si apre stamattina in San Pietro, e vuole discutere sulla possibilità di una Chiesa aperta, in dialogo, salda certamente nella dottrina ma attenta alle persone e alle loro richieste. C’è da dire che solo nella pubblicistica conservatrice i cardinali dei ‘dubia’ possono apparire come una sorta di campioni di cattolicità. Nella realtà si tratta di un gruppo che a quanto pare ha una teologia scarsa (viste le domande) e soprattutto una visione ecclesiale e culturale limitata. Se i ‘dubia’ compendiano i punti di maggiore dissenso rispetto alle supposte aperture del pontificato, è abbastanza riduttivo ridurre le problematiche ecclesiali più attuali alla definizione di matrimonio, alla sinodalità (il Sinodo dei vescovi è stato istituito da Paolo VI, pensa un po’!), ai divieti da emettere come se la Tradizione fosse un concetto al di là dei tempi, delle epoche, delle culture.
Tuttavia il periodo ecclesiale che viviamo è un concentrato di questioni che indicano l’importanza di seguire l’evoluzione in atto e i fermenti in corso. La principale novità è il dialogo, tra vescovi e cardinali, tra teologi, con i fedeli. Il vero timore dei ‘dubia’ è perdere potere di fronte alle passate sicurezze di un mondo cattolico ordinato e gerarchico: c’è un papa e tutti gli obbediscono perché parla solo di fede, i cardinali e vescovi sono testimoni muti, i preti obbediscono ai vescovi e i laici obbediscono a tutti costoro. Le laiche (e le suore) stanno nel girone promozione e non contano. Forse questo modello ora scricchiola.