Parla la presidente dell'AOI
“Hotspot e centri strapieni, Italia sempre più vicina al modello libico”, parla Silvia Stilli
«Il governo pensa di fermare i flussi con le minacce, abbiamo chiesto all’ambasciata italiana a Dakar di ritirare un video in cui Meloni dice ai cittadini africani che chi varca irregolarmente i confini sarà detenuto e rimpatriato senza tener conto delle sue ragioni: parole che vanno contro le convenzioni sui diritti umani»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Silvia Stilli, Presidente dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI), che rappresenta più di 500 organizzazioni non governative, interne e internazionali: un anno di governo Meloni sul fronte migranti. Quale bilancio trae?
Disastroso. Sia nella lettura interna, che in quella di politica estera. Una serie di insuccessi, che dimostrano assenza di una strategia efficace, anche fosse quella del securitarismo, mantra ripetuto ad ogni uscita pubblica dalla Presidente del Consiglio, dal suo Vice Salvini, dal Ministro Piantedosi, dal loro collega Crosetto, per citare i più noti.
In termini di politica interna, dalla strage di Cutro soprattutto ad oggi, questo Governo non è riuscito a costruire un quadro legislativo sul tema delle migrazioni che sia convincente e chiaro: va per tentativi, tutti volti ad inasprire passo dopo passo le norme per bloccare asilo e accoglienza con l’idea che minacciando punizioni e pene per chi entra ‘irregolarmente’ nel nostro Paese si fermino i flussi e i traffici di vite umane. Come afferma giustamente il Tavolo Asilo e Immigrazione, si tratta di mera propagando politica. Siamo al terzo DL governativo approvato in meno di un anno, gli arrivi aumentano e le problematiche dell’accoglienza, sollevate anche dalle amministrazioni locali, che chiedono potenziamento e valorizzazione del sistema di accoglienza diffusa, non trovano soluzione.
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Hot spot e megastrutture di primo arrivo e accoglienza sono occupati fino al doppio della capienza, quindi in deroga alle elementari norme di sicurezza. Ci stiamo avvicinando al ‘modello libico’ dei centri di detenzione, le cui immagini e le cui vicissitudini raccontate dalle persone sopravvissute e fuggite sono da film dell’orrore: la promiscuità tra adulti e minori è una negazione dei principi umanitari fondamentali, così come l’attacco governativo ai minori non accompagnati, accusati di mentire sulla propria età. Non basta…
Cos’altro ancora connota questa realtà dell’orrore?
Il grottesco prosegue con la richiesta di soldi per ‘autoriscattarsi’ alle persone disperate che hanno già dato tutti i loro beni ai trafficanti. Le tre reti e rappresentanze di Ong e organizzazioni della società impegnate nella solidarietà e cooperazione internazionale, AOI, CINI e Link2007, il 21 settembre hanno diffuso un comunicato stampa in cui chiedono all’Ambasciata italiana a Dakar di ritirare dalla sua pagina Facebook un passaggio del video di Giorgia Meloni rivolto alle cittadine e cittadini dei Paesi africani di migrazione, in cui la Presidente del Consiglio afferma che chi varca in maniera irregolare il confine italiano sarà detenuto e successivamente rimpatriato, senza tener conto della motivazione di ingresso. Messaggio giuridicamente infondato, nel linguaggio volto a incutere terrore e minaccia esplicita, che va contro tutti i trattati e le Convenzioni sui Diritti Umani e di protezione sottoscritti dall’Italia stessa. Non tutte le Ambasciate lo hanno diffuso e la reazione delle comunità in Senegal e anche delle istituzioni non è stata davvero di gradimento. Quale considerazione intende avere il Governo del nostro Paese nel dialogo con i Paesi africani per costruire il fantomatico Piano Mattei o Piano Africa? Siamo ancora in trepida attesa, come le ho detto qualche tempo fa, che si svelino i contenuti e gli impegni.
Come stanno le cose su questo versante?
All’oggi, dalle indiscrezioni nelle interviste e dichiarazioni pubbliche di Vice Ministri e sottosegretari, in verità si tratta di riaffermare il concetto di ‘aiuto vincolato’ all’esternalizzazione delle frontiere europee con il contenimento delle uscite migratorie, in cambio di accordi commerciali, legati all’energia, alla costruzione di grandi infrastrutture e con le solite sigle coinvolte, in primis l’ENI. Oppure di impegno della parte militare per fornire Tunisia e Libia di motovedette e per presidiare con nostri contingenti l’Africa subsahariana e difendere gli interessi futuri dell’Italia, in un braccio di ferro con la Francia. Logica neocoloniale, neppure tanto celata dietro l’aiuto. Di educazione, economia e sviluppo sostenibile, formazione a vari livelli, empowerment delle comunità e di genere, diritti umani non si parla mai. I fondi destinati dall’Italia all’Aiuto Pubblico per lo Sviluppo ci collocano ancora ai piani bassi in Europa: siamo a mala pena allo 0,30 della ricchezza nazionale impiegata, peraltro in buona parte investito a casa nostra appunto per i rifugiati e richiedenti asilo. Lo 0,70 nel 2030 previsto dall’Agenda 2030 per noi è obiettivo lontanissimo da raggiungere.
Lo scontro sui salvataggi in mare ha superato i confini nazionali. Non c’è giorno che un ministro, in specie Salvini e Crosetto, non sparino bordate contro la Germania: per loro, salvare vite umane in mare o finanziare Ong, come fa la Germania, è un atto ostile contro l’Italia. Salvo poi brindare alla riappacificazione
Propaganda politica: chi deve difendersi, in questo caso dall’accusa di mancanza di una strategia efficace, attacca. Prima vengono le Ong. E chi le difende o sostiene. Ormai più nessuno in Europa definisce le Ong del salvataggio in mare pull factor dell’immigrazione irregolare. Anche l’Agenzia UE Frontex ha cancellato dai suoi report questo riferimento. Invece, di nuovo ricompare il nome del “mitico” comandante libico Bija, stavolta citato dalle Nazioni Unite, in un rapporto del Panel of experts, dedicato alle ricerche fatte da ispettori del Consiglio di Sicurezza ONU, appunto, sulle trame libiche. Prima di loro alcune freelance giornaliste italiane conosciute, coraggiose e competenti, avevano dimostrato che Bija è stato coinvolto nella tratta di esseri umani, prima ancora di essere definito “il peggiore dei carcerieri”. Con questi personaggi coopera il nostro Governo, a loro affida motovedette per intercettare i barconi della morte e riprendersi indietro chi l’Italia respinge nelle mani di aguzzini e trafficanti, coinvolti peraltro nel contrabbando di petrolio. Ma ovviamente le Ong del SAR sono il pull factor, loro sì coinvolte anche nel traffico stesso delle migrazioni irregolari. La Germania ha scelto invece di sostenere il salvataggio in mare, quindi le organizzazioni umanitarie anche non tedesche che lo praticano. Per il Governo Meloni è un atto di lesa maestà. Torno a quanto già detto: la questione migratoria per questo governo è un punto di profonda debolezza: non ha risposte all’oggi e ciò che lo porta a reagire nervosamente e senza lucidità. Diciamolo più spesso.
Commentando la sentenza del tribunale di Catania, la presidente del Consiglio si è detta basita e ha rincarato la dose: un pezzo d’Italia lavora per favorire l’immigrazione illegale.
Quando poi ci si mette anche la magistratura a non perseguire o condannare come secondo questo Governo si dovrebbe chi salva vite umane, oppure a cancellare norme sacrosante redatte dalle forze paladine dei modelli sicuritari, allora l’accusa di cospirazione emerge come minaccia. In effetti la giudice Iolanda Apostolico a Catania ha messo in sentenza quanto Ong e associazioni impegnate nell’accoglienza di richiedenti asilo e migranti affermano riguardo i recenti decreti immigrazione: il Governo italiano si muove in contrasto con la normativa europea.
Dalla guerra alle Ong ai patti con la Tunisia. Il securitarismo impera?
Evidentemente sì. Ma non per questo è efficace nei risultati. Nonostante il passaggio estivo a Tunisi e il Meeting con gli africani a Roma insieme alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la settimana seguente, la Presidente del Consiglio Meloni non è riuscita a stupirci con notizie di accordi certi, a tranquillizzare l’elettorato del suo Governo: lo dimostra il secco rifiuto davanti alle proposte di cooperazione dell’Europa esplicitato dal Presidente tunisino, Kais Saied nei giorni scorsi. L’uomo politico, che sta cancellando i diritti costituzionali in Tunisia, adesso sospesi, che caccia ai confini estremi in aree di pericolo i migranti, non ne fa una questione di importo dei fondi legati al Memorandum firmato di recente. Respinge gli accordi facendosi addirittura paladino delle ragioni dei popoli e Paesi africani “vittime di un sistema globale in cui mancano giustizia e rispetto per la dignità umana”. Giuste parole in bocca ad un nemico della democrazia e dei diritti, che Italia ed Europa ci hanno presentato in questi mesi come l’alleato ideale per esternalizzare le frontiere.
Il prossimo anno si vota per le europee. Il mondo solidale, di cui lei è una delle rappresentanti più autorevoli, cosa si sente di chiedere alla politica?
Oddio, ogni volta che mi si fa una domanda del genere mi sento morire. Anzi, mi trovo in imbarazzo. Personalmente, come la maggior parte delle colleghe e dei colleghi del mondo della cooperazione internazionale, ho a lungo creduto che la dimensione europea per le politiche che ci interessano fosse quella ottimale. Pensando all’importanza, per un’Italia fanalino di coda, del confronto con altri Paesi più attenti al tema dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo e alla sostenibilità ambientale e sociale, alla pace. Parlamentari interessati e disponibili ci sono stati: il punto è che, oggi come ieri, si tratta di “mosche bianche” non sostenute nelle loro vertenze da un posizionamento di partito o di alleanza strategicamente definito. Non so se chiedere nelle liste elettorali per le elezioni europee una maggiore presenza di figure competenti su politiche migratorie, diritti umani e cooperazione internazionale sia efficace. Noi ci siamo, se i partiti sono interessati ad ascoltare le nostre ragioni e proposte, sanno dove trovarci.