Cambio al vertice
I penalisti eleggono presidente Francesco Petrelli, il ‘guerriero’ del garantismo
Oggi il congresso delle Camere Penali lo elegge presidente. Sessantasei anni, una lunga carriera da avvocato e da “guerriero” del garantismo
Giustizia - di Angela Stella
Oggi alle 11:30 ci sarà la presentazione ufficiale dell’avvocato Francesco Petrelli al timone dell’Unione Camere Penali. Non ha bisogno certo di presentazioni ma ripercorriamo brevemente la sua storia. Classe 1957, si laurea nel 1980 alla Sapienza di Roma con 110 e lode discutendo una tesi di laurea in Diritto Processuale Penale dal titolo «La motivazione della sentenza penale e il suo controllo in Cassazione».
È avvocato del foro capitolino dal 1983. Il suo nome è legato a noti processi come quello per l’uccisione di Marta Russo (quando difendeva Giovanni Scattone), quello per la morte di Stefano Cucchi, durante il quale ha assistito il carabiniere Francesco Tedesco, e da ultimo anche quello per la morte del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, nel quale difende uno dei due americani. Nonostante sia stato protagonista di vicende di cronaca giudiziaria che hanno attirato molto l’attenzione della stampa, Petrelli ha sempre rifuggito il presenzialismo mediatico. Ma non la scrittura da fine giurista: infatti dagli anni 2014 – 2023 ha pubblicato diversi articoli dedicati alla politica giudiziaria sui quotidiani “Cronache del Garantista”, “Il Tempo”, “Il Foglio”, “Il Corriere della Sera”, “Il Manifesto”, “Il Sole 24 Ore”, “Questione giustizia”, “Il Dubbio”, “Il Riformista”, “L’Unità”.
Dal 2004 al 2008 ha ricoperto la carica di Vice-Presidente della Camera Penale di Roma, mentre dal 2014 al 2018 è stato Segretario nazionale dell’Unione Camere Penali Italiane con delega di Giunta alla Formazione, sotto la presidenza Migliucci. Attualmente ricopre la carica di direttore della rivista dell’Ucpi, ‘Diritto di Difesa’. Nel suo recente libro ‘Critica della retorica giustizialista’ (Giuffrè editore, prefazione Biagio De Giovanni) ha ricordato come «nel denunciare, nel lontano 2002, l’uso disinvolto e innovativo del termine ‘giustizialismo’, il Procuratore Generale Borrelli ne sanciva in qualche modo la fortuna, non prevedendo che quindici anni dopo, con un tipico ‘rovesciamento di stigma’, quel termine sarebbe risuonato come un grido di orgoglio nel lessico dei nuovi populismi penali».
Ha fatto parte di una delle Commissioni istituite dall’ex Ministra Marta Cartabia per la riforma del processo penale, in particolare di quella che si è occupata del delicato tema delle impugnazioni. Ha presentato un programma di settanta pagine. Sei capitoli dove descrive la situazione attuale e le linee da tracciare nel prossimo biennio. Ve ne diamo ovviamente solo una minima sintesi. Si parte da una critica a Nordio: «Avevamo apprezzato il dottor Nordio quando affermava che “il legislatore, nell’affannosa ricerca di un consenso immediato ed emotivo, conseguibile attraverso i titoli dei quotidiani o gli slogan dei social, si rifiuta di considerare l’opzione di una riforma organica e di ampio respiro, che occuperebbe tempo e avrebbe un impatto mediatico scialbo e diluito” e che dunque “il politico preferisce affidarsi ai vociferanti proclami delle manette facili, che generalmente suscitano consensi a buon mercato”. Non ci sono parsi, pertanto, in linea con quel condivisibile pensiero i primi atti del Governo caratterizzati da legislazioni volte proprio a rispondere a quelle sollecitazioni che erano state oggetto di condanna, come il D.L. in materia di rave party, o gli inasprimenti di pena nei confronti dei cd. scafisti ed il D.L. avente ad oggetto l’aumento delle pene con riferimento agli incendi boschivi, nonché l’introduzione dell’omicidio nautico, ed infine il D.L. “Caivano”, con il quale si sono introdotte nuove discutibili fattispecie di reato per il contrasto dell’abbandono scolastico, irragionevolmente estese ai minori, misure previste per i soli maggiorenni ed operati nuovi aumenti di pena in materia di stupefacenti al fine di consentire cautele anche per le ipotesi lievi. In tutti questi casi si è trattato di interventi che hanno fatto seguito a singoli casi di cronaca, secondo il copione della legislazione compulsiva reiterato nel tempo da tutti i governi».
Ma quali saranno le priorità su cui concentrarsi? Sicuramente la separazione delle carriere ma occorre anche «rompere l’egemonia non solo ordinamentale ma anche culturale, sociale e mediatica del pubblico ministero, affinché l’asse del processo torni ad essere costituita dalla decisione e la figura del giudice riacquisti quella centralità che la giurisdizione le assegna». Un’altra questione da affrontare sarà quella dei magistrati fuori ruolo: « L’invasione dei gangli nodali dei Ministeri, in particolare del Ministero della Giustizia, da parte della magistratura comporta, senza dubbio, l’esercizio diretto o indiretto di ampi poteri, che dovrebbero essere riservati all’esecutivo e talvolta al legislativo, che sono esercitati nell’interesse della propria corrente di riferimento e/o della corporazione, in modo incompatibile con il principio di separazione dei poteri sui quali dovrebbe basarsi una democrazia costituzionale».
Sarà poi «necessario emendare al più presto la riforma Cartabia da tutte le norme che hanno inammissibilmente compresso il diritto di difesa ed i poteri del difensore e contribuire ad una più vasta riforma del processo che recuperi le radici e i valori del modello accusatorio». In bocca al lupo avvocato Petrelli!