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Perché in Italia ci sono i salari più bassi

La nuova rubrica Sottosopra: l’attuale mondo rovesciato e la necessità, urgente e inderogabile, di (ri)mettere le cose dritte sui piedi

Editoriali - di Mario Capanna - 8 Ottobre 2023

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Perché in Italia ci sono i salari più bassi

C’è solo una regola per il capo di un’azienda: prodotti della migliore qualità, prezzi minori e pagando i salari più alti possibile.
(H. Ford)

 

È un dato di fatto risaputo che i salari, in Italia, sono i più bassi rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Sono fermi dal 1990. Altrove sono cresciuti ovunque: del 63 per cento in Svezia, del 38 in Danimarca, del 33 in Germania, del 31 in Francia, del 30 in Grecia, solo per fare degli esempi. Da noi sono addirittura diminuiti del 2,9 per cento.

Se si tiene presente, per di più, che il potere d’acquisto reale è fortemente eroso dall’inflazione, la situazione di milioni di persone è davvero preoccupante. Siamo al punto che un cittadino su quattro deve fare i conti con la soglia di povertà. Per i disoccupati – dopo che è stato tolto il reddito di cittadinanza – e per i precari l’esistenza è sempre più grama.

Nei 33 anni intercorsi fra il 1990 e oggi, i profitti non sono calati e, anzi, ci sono stati gli extraprofitti, soprattutto quelli recenti, accumulati durante la pandemia (industrie farmaceutiche) e in seguito alle complicazioni energetiche derivanti dalla guerra Russia-Ucraina-Nato-Usa. (Per inciso: la tassa della Meloni sugli extraprofitti delle banche si èrivelata una farsa). Nel trentennio considerato abbiamo avuto governi di ogni colore – di centro destra, di centro sinistra, “tecnici”, e adesso di destra – ma la musica è stata, ed è, sempre la stessa. A riprova che la “democrazia finta” è sempre funzionale ai ceti dominanti.

Rilevanti, le responsabilità dei sindacati. La “svolta dell’Eur” (1978) chi se la ricorda? Quando Luciano Lama, in pieno “compromesso storico” – astensione del Pci sui governi Andreotti – proclamò il principio “meno salari per più occupazione”, e ci furono meno salari e più disoccupazione? Da allora sono venuti molti frutti velenosi. Buona cosa la manifestazione della Cgil a Roma. Ma Landini dovrebbe sapere che non si avranno risultati positivi, senza una lotta vera per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per lavorare meno e lavorare in più.

Si tratta di capire, nelle condizioni nuove di oggi, la lezione del Sessantotto e dell’ “autunno caldo” del 1969, quando una lotta corale e tenace (non le chiacchiere) riuscì a conquistare, fra molte altre cose, la settimana lavorativa di 40 ore e forti aumenti salariali, addirittura uguali per tutti. Bisogna archiviare definitivamente l’Eur. Poiché gli stomaci…sono per lo più uguali, in caso di difficoltà delle imprese siano i profitti a decurtarsi – nonché le stratosferiche remunerazioni dei dirigenti aziendali – e non i salari. E questo vale anche per aumentare le pensioni.

8 Ottobre 2023

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