Perché Israele va difeso, se cade lo Stato Ebraico muore l’Occidente
Gli attacchi terroristici non hanno nulla a che vedere con la lotta palestinese. Dei palestinesi non interessa nulla ad Hamas che li tiene in ostaggio nella Striscia di Gaza. Non interessa nulla alla vetusta e corrotta autorità palestinese. Non interessa di certo ai regimi arabi che invece la usano per attaccare Israele e l'Occidente. Se fosse vero il contrario, lo stato palestinese sarebbe già nato da anni. Questa è un'ennesima guerra di civiltà, tra le dittature e le democrazie. Una guerra geopolitica, di convenienza e di supremazia tra potenze regionali come l'Iran e l'Arabia Saudita. È un conflitto combattuto da chi non parla di sconfitta o vittoria ma di chi predica l'estinzione e la distruzione di uno stato e del suo popolo. È lo scontro culturale di chi manifesta il proprio antisemitismo e la propria ossessione antisraeliana. Perché ancora oggi l'unica colpa degli israeliani è quella di essere ebrei. Per questo l'Europa, gli Usa e l'intero mondo occidentale - liberale e democratico - non possono girarsi dall'altra parte. Vorrebbe dire soccombere alle barbarie
Editoriali - di Andrea Aversa
Ci risiamo, i mortai dei terroristi sono tornati a sparare. Le loro braccia sono state di nuovo armate. Le loro difese sono state rinforzate da alleati forti e spregiudicati. Non si è trattato del solito attacco, realizzato con il lancio di qualche decina di razzi. In quel caso il copione sarebbe stato ben noto: colpire qualche località nel Sud di Israele, aspettare la loro rabbiosa reazione, colpevolizzarli per la morte di qualche civile, raccogliendo – nel frattempo – la solidarietà e i fondi della comunità internazionale. Un modo per rafforzare i propri arsenali e il proprio dominio su Gaza. Non è andata così, questa volta Hamas è andata oltre. Ha pianificato e realizzato, con il sostegno dell’Iran e i soldi del Qatar, un vero e proprio atto di guerra.
Perché Israele va difeso
Israele è sotto assedio. Lo Stato Ebraico è attaccato da Sud, rischia di essere attaccato da Nord dalle milizie di Hezbollah (che nel frattempo ha ‘divorato’ il Libano), può subire attacchi terroristici causati dagli jihadisti radicati in Cisgiordania. Come è potuto succedere che Israele si sia trovato in questa situazione? Gerusalemme si trova stretto in una morsa pronto a stritolarla, dopo le furiose divisioni che la tanto discussa riforma della giustizia, ha determinato all’interno della società israeliana. Eppure è accaduto, le numerose e continue minacce, urlate dalla propaganda radicale ed estremista araba e islamica (sunnita o sciita ha poco importanza), hanno avuto un seguito, drammatico e concreto. Non si contano più le immagini dei civili, donne, bambini, giovani e anziani, picchiati e rapiti dai terroristi. Perché Hamas agisce così, in patria e nei confronti del nemico.
I macellai di Hamas
Questa è la realtà. Ci si scontra contro chi difende se stesso e le proprie armi, usando come scudi i corpi dei bambini e delle famiglie di Gaza. Le stesse persone che diventate cadaveri, diventano delle fotografie da esporre per la propria e lurida propaganda. Gli stessi giovani che magari poco prima, hanno manifestato e sono stati immortalati con un mitra tra le mani, inneggiando alla morte di Israele. Perché così sono cresciute intere generazioni. Nell’odio. Come sempre lo Stato Ebraico non lotta per vincere una guerra, ma combatte per sopravvivere. Una sopravvivenza da conquistare rispetto a chi predica l’estinzione e la distruzione di un paese e del suo popolo. La questione è tutta qui.
La scusa palestinese
Come sempre quella palestinese non è una giustificazione ma una scusa. Dei palestinesi non interessa niente a nessuno. Non interessano ad Hamas, non interessano all’Iran, non interessano ai sauditi, agli sceicchi, ai turchi e agli emiri. I palestinesi, dagli arabi (popoli che continuano a vivere con logiche tribali in stati dittatoriali, militari o teocratici), sono considerati come schiavi. Se i palestinesi fossero indiani, farebbero parte dell’ultima casta della società. Se le loro sorti fossero davvero interessate a qualcuno, lo Stato Palestinese sarebbe già nato.
Invece sono stati proprio gli arabi, a partire da Yasser Arafat, a boicottare e rifiutare qualsiasi accordo di pace (tranne quelli di Oslo, silurati dall’estremismo ebraico che ha causato la morte del premier Yitzhak Rabin). Così come, fin dalla Guerra dei Sei Giorni, sono sempre state le nazioni arabe ad aver attaccato Israele. Per poi diventarne amico una volta sconfitte. Questo, forse, vuol dire che ai dirigenti arabi, che siano i corrotti dell’Autorità palestinese in Cisgiordania o i terroristi di Hamas a Gaza, la guerra conviene.
Senza, tutti loro non avrebbero motivo di esistere. La pace li annienterebbe. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che lo stessa convenienza potrebbe averla Israele, il cui governo – nel combattere un nemico ‘esterno’ – ricompatterebbe l’opinione pubblica interna. Ma siamo sicuri che lo Stato Ebraico dia tutta questa importanza ai poveri palestinesi? Presumo che le priorità per Gerusalemme, in termine di sicurezza, siano altre.
Ipocrisia araba
I veri interessi di chi non ha nulla a che vedere con la democrazia israeliana (ed è questo il vero pericolo temuto dai regimi illiberali arabi), sono economici, religiosi e geopolitici. Hamas vuole diventare un riferimento della lotta armata in Medio Oriente e allo stesso tempo continuare ad avere via libera per i propri traffici in armi e droga. L’Iran sciita vuole assestare un duro colpo ai rivali sunniti dell’Arabia Saudita, per diventare il pilastro della fede islamica. Una mossa, quella degli Ayatollah della Repubblica Islamica, per cercare di rompere il proprio isolamento internazionale, ostacolando gli Accordi di Abramo tra Riyad e Gerusalemme e oscurando le manifestazioni dei propri cittadini desiderosi di libertà e maggiori diritti. Quest’operazione ha di nuovo scatenato il sentimento antisraeliano latente (e nemmeno tanto) nell’opinione pubblica mondiale, soprattutto di sinistra.
Diritto di esistere
Israele meriterebbe di perire sotto i missili dei terroristi a causa delle sue politiche di occupazione. Ecco come vengono sovrapposti due discorsi: quello legittimo di critica alle azioni di un governo e quello sulla messa in discussione dell’esistenza di uno stato. Il tutto cancellando alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto, prima che nascesse l’attuale Medio Oriente, c’erano numerose comunità ebraiche in tutti gli stati (già durante l’Impero Ottomano e la dominazione anglo-francese): quindi in Siria, Arabia e nel Regno di Giordania. Tali cittadini vivevano in minoranza ed erano vittime delle più brutali violazioni dei diritti fondamentali.
Israele da un punto di vista geografico, rappresenta lo 0,2% dell’intero territorio mediorentale. Questo vuol dire che il 99,08% del restante spazio è abitato per intero da arabi. Forse questo, considerati i numerosi nemici come vicini, può giustificare una determinata strategia difensiva fatta di muri, fili spinati, check point, controlli serrati, raid chirurgici (avvisando sempre prima la popolazione) su obiettivi militari avversari. Israele si è ritirato del tutto da Gaza nel 2005. In quasi 20 anni di dominio arabo, non mi pare che la Striscia sia diventato un Paradiso terrestre. In Israele se sei donna, omosessuale, trans, cristiano e arabo puoi vivere, uscire e lavorare.
Se la pensi diversamente da chi governa, non vieni arrestato, imprigionato, torturato e condannato a morte. A dimostrarlo le furiose manifestazioni contro la tanto discussa riforma della giustizia varata dal governo – Netanyahu. Nella Knesset, il parlamento israeliano, vi sono dei politici arabi eletti con dei partiti arabi. È stimato che la demografia futura di Israele possa essere caratterizzata da una maggioranza di cittadini arabi israeliani.
L’unica colpa e l’antisraelismo
È evidente, senza tediarci con lagnose e lunghe analisi storiche, sociali, religiose e geopolitiche che l’unica colpa dei cittadini israeliani è quella di essere ebrei. E di esserlo in uno stato giovane, avanzato, libero e democratico, sito in un territorio fatto solo di dittature, dove lo Stato di diritto è calpestato e ignorato e dove i popoli sono ridotti alla fame. Marco Pannella predicava l’ingresso di Israele nell’Unione Europea. Lo Stato Ebraico come confine dell’Occidente libero e democratico. In sintesi, se attaccate Israele attaccate tutti noi. Lo storico leader radicale aveva ragione. Sta accadendo proprio questo. E se l’Europa, gli Usa e l’intero mondo occidentale non reagiscono, difendendo senza se e senza ma ciò che lo Stato Ebraico rappresenta e sconfiggendo una volta per tutte questi rappresentati del terrore, allora non soccomberà solo Israele, ma tutti noi. Il mondo libero sarà sconfitto dalle barbarie mentre restiamo a guardarne le macerie.