Pare che da tempo il generale Herzi Halevi avvertisse il governo che le divisioni interne, le lacerazioni che attraversavano Israele, le tensioni e le manifestazioni scatenate dalla discussa e controversa riforma giudiziaria del premier Benjamin Netanyahu potessero offrire il fianco ai nemici dello Stato Ebraico. E per quei suoi avvertimenti era stato criticato da canali ed emittenti allineati all’estrema destra israeliana. Hamas sabato scorso ha colpito, lo Stato ebraico è stato colto alla sprovvista, una leggerezza imprevedibile e ancora incredibile su cui si stanno interrogando osservatori ed esperti militari. Oltre 1.200 vittime israeliane. Un trauma che ha segnato forse irrimediabilmente il mito dell’intelligence e dell’esercito israeliani.
È lui, Herzi Halevi, il generale che conduce la controffensiva contro Hamas dopo l’attacco scagliato dai terroristi palestinesi sabato scorso. Classe 1967, nato pochi giorni dopo la Guerra dei Sei Giorni, ha ereditato il nome da un parente morto in guerra. Il nonno militava nel gruppo clandestino ebraico Irgun, contrario al Mandato Britannico in Palestina. È legato da parte di madre a un’influente dinastia rabbinica. Laureato in filosofia, è cresciuto tra i paracadutisti, ha comandato le unità di élite Sayeret Matcal, ha guidato l’intelligence militare e dal 2018 ha assunto il comando nella zona militare a Sud, quella colpita da Hamas. Conosce bene la Striscia di Gaza.
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Halevi dallo scorso gennaio è Capo di Stato Maggiore. Nel suo discorso di investitura aveva reso omaggio al generale Daivd “Dado” Elazar, il Capo di Stato Maggiore silurato dopo la Guerra del Kippur nonostante il successo della campagna militare contro gli eserciti di Egitto e Siria. “Dado non aveva scelto l’ora, eppure uscì vincitore da quella prova”. È stato accusato dall’estrema destra di simpatizzare con i manifestanti contrari alla riforma della Giustizia o di non riuscire a gestire i malumori all’interno delle forze armate – riservisti dell’aviazione, mentre montavano le proteste in piazza, avevano minacciato di non presentarsi più – e in alcuni casi in effetti non si erano presentati – nelle loro unità alle chiamate obbligatorie. Una sorta di sciopero che non si era mai visto in Israele. Come riporta l’Ansa il generale aveva provato a convincere il premier anche nella scorsa estate a dialogare e raggiungere un’intesa con la maggioranza, anche per compattare l’esercito.
A settembre battaglioni israeliani sono stati spostati in Cisgiordania – per proteggere i coloni israeliani in quell’area – alleggerendo troppo la presenza militare verso la Striscia. E la colpa di quella mossa oggi è imputata allo stesso Halevi, al comandante della zona militare sud, generale Yaron Finkelman, al capo dell’intelligence Aharon Haliwa e al capo dello Shin Bet Ronen Bar. L’offensiva e l’invasione dei miliziani palestinesi saranno presumibilmente oggetto di commissioni d’inchiesta. Secondo Reuters almeno mille miliziani sono stati coinvolti negli attacchi via terra, via cielo e via mare. Alla stessa agenzia una fonte interna all’esercito israeliano ha confidato che l’intelligence era più concentrata a governare la Striscia di Gaza che ad attaccare in questo momento.
L’analista israeliano Yyigal Carmon, Presidente del Middle East Media Research Institute, aveva scritto in un documento pubblicato due mesi fa come i terroristi si stessero preparando ad attaccare. “È tragicamente molto semplice, è tutto su internet. Gli uomini di Hamas avevano diffuso video in cu si addestrano dentro kibbutz ricostruiti appositamente per esercitarsi”, ha detto al TG1. Di certo negli ultimi anni il presidente Netanyahu è passato dall’essere definito “Mr. Security” a essere criticato apertamente sia da funzionari del Mossad che dello Shin Bet, i servizi segreti esterni e interni. “So che ci sono molte domande e frustrazione”, ha detto alla televisione dopo il blitz di Hamas. “Ma oggi l’importante è andare avanti, questo è tempo di guerra“.
Il governo di Israele ha ordinato lunedì l’“assedio totale” della Striscia di Gaza, dal 2007 governata da Hamas. Le prime mosse sono state tagliare le forniture d’acqua, energia elettrica, cibo e carburante. Il territorio è oggetto di bombardamenti da giorni, colpite anche infrastrutture civili, complessi residenziali, attività commerciali e campi per rifugiati. Hamas ha minacciato di uccidere un civile preso in ostaggio ogni volta che un bombardamento non dovesse essere preceduto dal cosiddetto “roof knocking”, ovvero il lancio di un missile senza esplosivo che avverte di un imminente bombardamento e permette ai civili di mettersi in salvo. Proprio la questione degli ostaggi rende le operazioni difficilissime per Israele. Non è esclusa un’invasione di terra.