Il falco di Netanyahu
Chi è Itamar Ben Gvir, il ministro estremista che vuole armare i civili israeliani contro Hamas
Esteri - di Carmine Di Niro
Itamar Ben Gvir rappresentata l’ala più radicale del governo di Bibi Netanyahu e le sue proposte politiche sono estreme come lui, personaggio più controverso dell’esecutivo più a destra della storia di Israele, ora allargatosi in un governo di unità nazionale anche all’opposizione di Benny Gantz per rispondere all’offensiva di Hamas.
Se il falco dell’ultradestra israeliana, leader del partito di estrema destra Otzmah Yehudit (Potere Ebraico) e ministro della Sicurezza Nazionale, ha dovuto “chinare il capo” davanti all’allargamento al centro del governo, col punto cardine dell’accordo con Gantz che comporta lo stop al progetto della discussa riforma della giustizia finché sarà in corso la guerra, dall’altra parte Ben Gvir non ha mostrato alcun arretramento sulle sue battaglie politiche.
- “Con Netanyahu Hamas è più forte, ora deve dimettersi”, l’accusa di Alon Pinkas
- Guerra Hamas-Israele, il conflitto si sposta in Cisgiordania: coloni attaccano e uccidono tre palestinesi vicino Nablus
- Il massacro di Kfar Aza: così Hamas ha ucciso oltre 200 persone nel kibbutz, tra le vittime decine di bambini
Così vanno lette le dichiarazioni esplosive del ministro che da Sderot, cittadina israeliana a pochi chilometri dalla Striscia di Gaza e per questo storicamente tra le più colpite dai razzi di Hamas, ha annunciato che “ogni residente della città potrà portare con sé un’arma a partire da oggi”.
Parlando alla stampa fuori alla stazione di polizia locale, mercoledì il ministro ha sottolineato come “la guerra dimostra che occorre distribuire armi ai cittadini”, perché nel corso di un conflitto “non c’è destra, né sinistra, né religiosi né laici”. Martedì Ben Gvir aveva annunciato che il suo ministero stava acquistando 10000 fucili per armare le squadre di sicurezza civile, composte in prevalenza da cittadini volontari, che operano nelle città israeliane al confine con Gaza, nelle città a etnia mista e negli insediamenti in Cisgiordania. Sono stati acquistati anche elmetti e giubbotti antiproiettile che verranno distribuiti insieme ai fucili d’assalto. “Ho dato istruzioni per armare massicciamente le squadre di sicurezza civile per fornire soluzioni alle città e per non lasciare le città senza protezione“, aveva detto Gvir.
Chi è Ben Gvir
Proposte estreme che non devono stupire. Itamar Ben Gvir è un estremista dalle posizioni che somigliano pericolosamente, dal fronte opposto, a quelle portate avanti dai terroristi di Hamas. Nel 1995, dopo che il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin firmò gli accordi di pace di Oslo con la Palestina, Ben Gvir minacciò Rabin rubando l’ornamento del cappuccio della sua Cadillac e dicendo: “Siamo arrivati alla sua macchina, arriveremo anche a lui“. Rabin fu poi assassinato da un estremista religioso israeliano due settimane dopo.
In passato era noto anche per l’appartenenza al gruppo radicale Kach e Kahane Chai, partito che alla fine è stato considerato come un’organizzazione terroristica dal governo israeliano, ma anche da Stati Uniti ed Unione Europea.
Padre di cinque figli, Ben Gvir è stato incriminato più di cinquanta volte, spesso per incitamento all’odio e alla sommossa, teorizzando l’espulsione da Israele di tutti i cittadini arabi: la maggior parte delle accuse sono state però respinte in tribunale.
Netanyahu per vincere le scorse elezioni si è affidato a lui per ottenere una risicata maggioranza alla Knesset: fu lo stesso premier a convincere Ben Gvir a siglare una alleanza tra Otzmah Yehudit e il Partito Sionista Religioso, così da non disperdere i voti e raggiunger il quorum necessario per entrare nel Parlamento. Obiettivo riuscito: alle elezioni del novembre 2022 la lista dell’estrema destra religiosa ha ottenuto 14 dei 120 seggi della Knesset, sei dei quali assegnati al gruppo di Ben Gvir. In cambio quest’ultimo è stato nominato Ministero della Sicurezza Nazionale, ovvero responsabile della polizia, a cui ha chiesto sin dal suo insediamento una politica di “tolleranza zero” verso le manifestazioni antigovernative e la popolazione araba.