Piantatela col “merito”
La scuola necessita investimenti, ecco perché
È proprio una scuola “vecchia” quella di Valditara, piena di retorica paternalistica e priva di risorse, ennesimo strumento funzionale a quella propaganda securitaria e repressiva con cui, dalle bambine e dai bambini ai migranti, il governo vuol far ben capire che non risparmia nessuno.
Editoriali - di Alessandra Nardini
Il ritorno del voto di condotta è l’ennesima scorciatoia securitaria con cui il governo si illude, sbagliando, di far fronte a un problema reale come la mancanza di rispetto verso i docenti. Come Regione Toscana e come sinistra diciamo no a una visione di scuola che guarda al passato remoto, retorica e obsoleta, classista e ingiusta.
C’è una differenza fondamentale tra la nostra visione di scuola e quella del ministro Valditara: lui e il governo di destra credono nella scuola del merito senza mai parlare di uguaglianza, noi nella concezione di scuola di Don Milani. Come diceva il Priore di Barbiana “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali. Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
È proprio una scuola “vecchia” quella di Valditara, piena di retorica paternalistica e priva di risorse, ennesimo strumento funzionale a quella propaganda securitaria e repressiva con cui, dalle bambine e dai bambini ai migranti, il governo vuol far ben capire che non risparmia nessuno. Ecco allora che per il ministro l’umiliazione è utile a far crescere studentesse e studenti, e già si sente il tintinnare dei ceci riservati alle ginocchia e il frustar di righelli sulle nocche. Ecco allora il ritorno del voto in condotta, con quell’antica idea che le punizioni bastino da sole a raddrizzare, assecondando una narrazione mostrificata delle giovani generazioni. È il vecchio vizio della destra, quello delle pseudo-soluzioni semplificate per i problemi complessi, come se gli anni e la pedagogia non ci avessero insegnato che la strada non è certo quella delle umiliazioni e delle punizioni.
L’educazione al rispetto delle regole è cosa seria e il diffondersi di fenomeni di bullismo e delinquenza che riguardano i giovani lo è altrettanto. La risposta, però, deve essere un rafforzamento del ruolo dei docenti e dell’istituzione scolastica, la strutturazione di percorsi che coinvolgano tutta la comunità educante, partendo da buone pratiche esistenti sui territori e coinvolgendo chi opera nella scuola e chi studia questi fenomeni. Per tutto questo, certamente, servono idee, progetti e, soprattutto, risorse. Mettiamo docenti e scuole nelle condizioni materiali di fare davvero il loro lavoro. Servono investimenti e finanziamenti stabili, non retorica.
La scuola pubblica è il principale ascensore sociale per far sì che il destino di nessuna bambina e nessun bambino sia già scritto alla nascita sulla base delle condizioni socio economiche della famiglia di provenienza. Ecco perché credo che non sia più tollerabile una politica miope e classista fatta di tagli, dopo troppi anni di riduzione di risorse, carenze di personale e scarsa valorizzazione di chi lavora nella scuola e dopo la dura lezione della pandemia sull’importanza di investimenti per salvaguardare la funzione educativa e sociale della scuola.
Il governo Meloni e il ministro Valditara, invece, hanno colpito duramente la scuola pubblica, prevedendo tagli e accorpamenti degli istituti scolastici a cui ci stiamo fermamente opponendo. Per la Toscana questo si tradurrebbe, già dal prossimo Piano di dimensionamento, nel taglio di 15 autonomie scolastiche, infatti dalle attuali 470 istituzioni scolastiche dovremmo passare a 455 previste nell’anno scolastico 2024-25, a 452 nel 2025-26 e a 446 nel 2026-27. Come Regione Toscana abbiamo dato subito battaglia, prima con il voto contrario in Conferenza delle Regioni e con il ricorso alla Corte Costituzionale, infine con una delibera approvata nelle scorse settimane sugli indirizzi per il dimensionamento. In questa delibera, di fatto, non recepiamo le indicazioni di Valditara e ci rifiutiamo di imporre ai territori gli accorpamenti scolastici che il governo vorrebbe.
Non basta. Voglio ricordare la proposta di riforma degli istituti tecnici e professionali, con la riduzione di un anno del percorso scolastico. Scuola, formazione e lavoro non devono essere compartimenti stagni e anche a livello regionale agiamo per collegarli proficuamente, ma non si può svuotare la funzione essenziale della scuola restringendo il valore didattico ed educativo di questi istituti al mero addestramento professionale, creando scuole di serie A e di serie B e tornando a decenni fa, quando in base alla scelta della scuola superiore si cristallizzavano le disuguaglianze sociali.
Sono tutti esempi del perché serve una battaglia a tutto campo contro la visione di questo governo, una visione obsoleta, che impoverisce le scuole, aumenta le disuguaglianze, aggrava i problemi. Noi continueremo a opporci a ogni misura che preveda tagli alla scuola e su questo sfido a unirsi anche le Regioni governate dalla destra. I presidenti Zaia, Fontana, Toti, Rocca, Cirio e Fedriga con chi stanno? Con le famiglie e la scuola o con i tagli del governo?
*Assessore all’istruzione della Regione Toscana