“Per Netanyahu arriverà il giorno del giudizio, molto prima di quanto si pensi”. A parlare così del primo ministro israeliano non è un miliziano di Hamas ma il soldato più decorato della Storia d’Israele, già capo dello Stato maggiore, ministro della Difesa e degli Esteri, fino a diventare premier battendo nelle urne proprio Bibi.
Le parole di fuoco arrivano dall’ex premier laburista Ehud Barak, 81 anni, che oggi in un colloquio col Corriere della Sera mostra chiaramente la spaccatura all’interno della società israeliana e come il suo successore abbia ormai perso la fiducia “della gente e dei soldati”, col Likud, il partito di Bibi, che secondo Barak starebbe “già manovrando perché in futuro possa tentare di negare le responsabilità”.
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Per Barak invece le responsabilità dietro i brutali attacchi da parte dei miliziani di Hamas dello scorso 7 ottobre sono evidenti. In questi giorni messaggi di scuse e ammissioni di responsabilità sono giù arrivate dal capo di Stato maggiore di Gerusalemme, così come dallo Shin Bet, i servizi segreti interni: a mancare è l’ammissione di responsabilità da parte proprio di Netanyahu.
Per Barak, primo ministro dal 1999 al 2001 (fu sconfitto da Ariel Sharon e si ritirò a vita privata), quello avvenuto il 7 ottobre “è un fallimento senza precedenti a tutti i livelli. I vertici hanno coltivato per anni l’idea che Hamas potesse essere addomesticato”. L’ex ministro e premier ricorda come Netanyahu “ha lasciato che il Qatar portasse milioni di dollari in contanti ai fondamentalisti. Sperava di tenerli buoni pagando tangenti e alla comunità internazionale ripeteva: vedete, come posso negoziare con Abu Mazen se controlla solo metà dei palestinesi? Intanto Hamas si rafforzava”.
Nell’intervista Barak guarda già al futuro e indica quella che secondo lui è una possibile “road map” per il futuro della Striscia di Gaza. Secondo l’ex premier israeliano “una forza internazionale deve riempire il vuoto per 4-5 mesi dopo che avremo eliminato Hamas”, per arrivare “alla possibilità di restaurare il potere dell’Autorità palestinese sulla Striscia”.
Quanto al destino di Netanyahu, per ora dovrà restare al suo posto finché il conflitto è in corso: “Questo è il momento dell’unità — dice Barak dal suo appartamento di Tel Aviv – perché abbiamo subito l’assalto più devastante da quando è nata la nazione”.