La sentenza
Chi è Alma Shalabayeva e perché la Cassazione ha disposto un nuovo processo
I giudici hanno annullato il precedente dispositivo: appello da rifare. Sono coinvolti nel caso della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, agenti della Squadra mobile. I poliziotti erano stati condannati per sequestro di persona in primo grado e poi assolti. La donna, oggi in Italia, fu espulsa e fatta tornare in Kazakistan
Giustizia - di Redazione Web
Annullata con rinvio dalla Cassazione la sentenza con la quale la Corte d’appello di Perugia ha assolto con formula piena gli imputati accusati di sequestro di persona per le presunte irregolarità legate al rimpatrio di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa verso il Kazakhstan nel 2013 insieme alla figlia Alua e poi entrambe tornate in Italia.
Chi è Alma Shalabayeva e perché la Cassazione ha disposto un nuovo processo
Tra loro gli ex capi della squadra mobile e dell’ufficio immigrazione della questura di Roma, Renato Cortese e Maurizio Improta. È stato quindi disposto un nuovo processo a Firenze. La sentenza era stata impugnata dalla procura generale di Perugia. Era il 9 giugno 2022 quando gli imputati sono stati assolti. Il collegio giudicante era presieduto da Paolo Micheli. Il motivo: “il fatto non sussiste”. In primo grado, invece, gli imputati erano stati condannati a 5 anni di reclusione.
La vicenda diplomatica
Il tutto è nato da una presunta truffa bancaria di cui Ablazov sarebbe stata la mente. La vittima sarebbe stata il principale istituto di credito kazako. Era la notte tra il 28 e il 29 maggio 2013, quando in una villetta nei pressi di Casal Palocco, nell’Agro Romano, circa 50 persone fecero irruzione. Si trattava di agenti e funzionari della Digos. All’interno, invece di Ablazov, le forze dell’ordine trovarono la Shalabayeva e la figlia. Entrambe erano ospiti di Venera, sorella di Alma, e del marito di lei. La donna sarebbe stata poi trasferita in un Centro di identificazione ed espulsione, a causa di un passaporto ritenuto falso e del cognome indicato (Ayan) che la donna portava da nubile.