Mentre il “dibattito” è ancora aperto sulle responsabilità del bombardamento dell’ospedale al-Ahli di Gaza City, dalla Striscia controllata da Hamas arrivano nuove notizie che tirano in ballo le responsabilità israeliani dietro possibili crimini di guerra.
Il Ministero degli Interni controllato da Hamas ha denunciato che diversi sfollati che si erano rifugiati in una chiesa ortodossa, quella di San Porfirio nella Striscia di Gaza, sono stati uccisi e feriti in un attacco israeliano.
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Testimoni hanno raccontato all’agenzia Afp che l’attacco sembra essere stato mirato a un obiettivo vicino al luogo di culto in cui si erano rifugiati molti residenti di Gaza, lasciando invece “un gran numero di morti e feriti” nel complesso, come denunciato dal ministero.
L’Idf, le forze di difesa israeliane, hanno ammesso questa mattina di aver danneggiato la chiesa in un raid sulla Striscia di Gaza. “Giovedì, aerei da combattimento delle Forze di difesa israeliane (Idf) hanno attaccato il centro di comando e controllo di un terrorista di Hamas coinvolto nel lancio di razzi e mortai contro Israele“, ha spiegato un portavoce dell’esercito all’Afp. “In seguito all’attacco dell’Idf, il muro di una chiesa nella zona è stato danneggiato. Siamo consapevoli che ci sono segnalazioni di vittime e l’incidente è in fase di verifica“, ha detto. “Hamas si posiziona intenzionalmente in aree popolate da civili e utilizza i residenti della Striscia di Gaza come scudi umani“, ha aggiunto scaricando le responsabilità su Hamas.
Conferme arrivano però da osservatori “neutrali” del conflitto in corso dal 7 ottobre scorso. È il caso di Geoconfirmed, esperti di geolocalizzazione che da tempo collaborano col giornale investigativo Bellingcat.
Secondo quanto ricostruito da Geconfirmed, “l’esercito israeliano ha bombardato una casa confinante con la chiesa greco-ortodossa di San Porfirio in via Omar Al-Mukhtar a Gaza, facendo crollare la sala riunioni dove si rifugiavano circa 50 sfollati”.
La chiesa di San Porfirio, chiamata così in onore del vescovo di Gaza dal 395 al 420, si trova nella sezione al-Zaytun della Città Vecchia di Gaza. Le sue spesse mura in pietra calcarea ospitano un elaborato interno di icone dorate e dipinti sul soffitto. Nel VII secolo divenne una moschea, prima che venisse costruita una nuova chiesa nel XII secolo, durante le Crociate. La chiesa più antica di Gaza, come raccontato in un reportage per Avvenire da Riccardo Michelucci, era diventata un rifugio per sfollati dopo l’inizio dei bombardamenti israeliani sulla Striscia.
Ulteriore conferma sulle responsabilità israeliane arriva dal patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, che accusa le forze armate israeliane di aver colpito la chiesa: “Condanniamo con la massima fermezza il bombardamento israeliano contro la nostra chiesa a Gaza”, aggiugendo che “non abbandonerà il suo dovere religioso e umanitario” di fornire assistenza. Nel testo si denuncia che “colpire le chiese e le loro istituzioni insieme con rifugi che garantiscono protezione a civili innocenti, in particolare donne e bambini che hanno perso le loro case a causa dei bombardamenti israeliani in aree residenziali negli ultimi 13 giorni, costituisce un crimine di guerra che non può essere ignorato“.
Un sopravvissuto ha dichiarato alla televisione araba Al Jazeera del Qatar che non c’era stato alcun avvertimento da parte dell’esercito israeliano prima dell’esplosione. Secondo Wafa il bilancio dell’operazione è di almeno otto morti e decine di feriti. Gravi sarebbero inoltre i danni materiali, in particolare alla sala del Consiglio pastorale, che sarebbe stata completamente distrutta. “Nell’area si erano rifugiate anche persone cristiane“, ha denunciato all’agenzia dire suor Nabila Saleh, missionaria egiziana che si trova in città.