La rottura definitiva

Rissa infinita tra Renzi e Calenda: divorzio ufficiale, è scontro sui gruppi parlamentari

Dopo il no di Azione alla lista comune alle europee il leader di Iv formalizza la separazione. I suoi senatori votano il cambio del nome del gruppo, ma l’ex ministro annuncia ricorso

Politica - di David Romoli - 20 Ottobre 2023

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Rissa infinita tra Renzi e Calenda: divorzio ufficiale, è scontro sui gruppi parlamentari

“Meglio finire questa telenovela che farci ridere dietro. Oggi formalizziamo la separazione delle strade con gli amici di Azione”, scriveva ieri mattina nella sua enews Matteo Renzi e verrebbe da dire “troppo tardi”. Il ridicolo già c’è ma non è detto che l’amaro calice sia stato degustato fino in fondo. Ieri è comparsa anche l’ombra del tribunale. Non succederà, ma già la minaccia fa commedia all’italiana.

La rottura, cioè la separazione dei gruppi parlamentari, l’ha decisa Renzi dopo il rifiuto di Calenda di assicurare la lista comune alle europee. Separate le aree dell’ormai ex Terzo Polo non hanno chances di passare la soglia di sbarramento del 4%. La proposta ultimativa di Renzi era in nome solo dell’opportunità, certo non della politica. Calenda ha risposto picche. Magari è anche davvero un sussulto di dignità ma non solo quello.

Il leader di Azione punta ad aggirare lo scoglio della raccolta delle firme necessaria a correre il prossimo giugno alleandosi con la +Europa di Riccardo Magi e scommette sulla possibilità di passare la soglia grazie all’apporto di quella formazione ma anche grazie alla mancanza di quell’handicap elettorale che, a torto o a ragione, è Matteo Renzi. Così ieri mattina i senatori di Iv hanno votato la decisione di cambiare il nome del gruppo trasformandolo in “Italia viva-il Centro-Renew Europa” e già il chilometrico nome è un po’ da mani nei capelli. Comunque dal nome del nuovo gruppo sparisce la parola “Azione”, la formazione di Calenda, via obliqua per arrivare alla separazione.

E’ qui che entra in campo l’ombra dell’azione legale. Perché Calenda considera il cambio di nome illecito e annuncia ricorso o peggio. “Per Azione non vi è alcun problema ad accettare la richiesta di Renzi di sciogliere i gruppi. Fino ad ora però nessuna formalizzazione di questa volontà è arrivata da Iv. In soldoni Renzi non ha mai chiesto di sciogliere i gruppi se non a mezzo stampa. Cambiamenti di nome in violazione dello Statuto e altri giochini infantili, non sono invece accettabili”, spiega Calenda.

Le violazioni denunciate dal capo di Azione, nel comunicato e anche in apposita missiva inviata al presidente del Senato La Russa, sarebbero due. La prima è l’aver contato come facente già parte del gruppo la senatrice Musolino, transfuga dal gruppo di Cataldo De Luca, senza che la sua richiesta sia ancora stata accettata dall’ufficio di presidenza. La seconda, più solida, è l’aver cambiato il nome del gruppo in assenza dei due terzi dei voti necessari, e che non sono raggiunti neppure con il contestato voto della Musolino. “Roba da azzaccagarbugli”, sbotta il capogruppo Borghi, renziano di ferro. Calenda però non demorde e il rischio di adire le vie legali è messo in campo davvero.

La questione del gruppo è rilevante. Al Senato i 4 calendiani non bastano a fare un nuovo gruppo. Dovrebbero finire al Misto e in base ai nuovi regolamenti di palazzo Madama resterebbero a secco più o meno di tutto quello di cui godono i gruppi parlamentari, a partire dai fondi. “Per Calenda è tutta questione di soldi” attacca l’ex socio e si sa che nei divorzi spesso volano gli stracci. Alla Camera, dove l’equilibrio è inverso perché Calenda vanta 12 deputati e Renzi solo 9, il problema non si pone. O meglio non si porrà quando anche a Montecitorio Iv deciderà di rompere e per ora non è avvenuto.

Ma i renziani, pur solo in 9, sono già certi di ottenere dal presidente Fontana la deroga in modo da poter formare comunque il loro gruppo. In caso di rottura i due fuoriusciti da Iv Rosato e Bonetti, pezzi da novanta che nella formazione renziana albergavano al vertice, si schiererebbero con Calenda, e certo non è una sorpresa per nessuno. Non è chiaro invece perché, invece di passare subito ad Azione, abbiano deciso di formarne un’altra, battezzata “Per” (sic). “Staremo in Azione con la nostra associazione per costruire il Terzo Polo”, spiega Rosato.

In questa giostra solo una cosa resta incomprensibile al colto e all’inclita: cosa abbia fatto fallire un progetto che, senza ambire a percentuali oceaniche, aveva però tutte le chances di rivelarsi ago della bilancia, in un quadro in cui di due poli, sempre che quello di sinistra riesca a nascere e non è detto, sarebbero più o meno appaiati. Per Calenda l’incolmabile distanza è politica: Renzi voleva solo entrare nella maggioranza di centrodestra. Uno scarto nella visione politica c’è davvero ma è impossibile evitare la sensazione che la vera incompatibilità sia stata tra due leader che considerano i rispettivi partiti più o meno come un bicicletta privata, persino oltre il “partito del leader”. Due galli in un pollaio oltretutto esiguo erano troppi.

20 Ottobre 2023

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