Socialisti e sinistra uniti
Riduzione dell’orario di lavoro, in Spagna accordo per settimana da 37,5 ore
L’accordo tra Psoe e Sumar sbandiera una settimana lavorativa da 37,5 ore. Contrattazione serrata con gli indipendentisti perché votino il governo
Esteri - di Angela Nocioni
Fuoco basso, cottura lenta. Per tutta l’estate. Pedro Sánchez s’è cucinato poco a poco il partito popolare, il Ppe, lasciando che Alberto Núñez Feijóo, capo del tradizionale partito conservatore spagnolo, uscito primo dal voto anticipato convocato dal premier socialista in pieno luglio, tentasse piano piano di mettere insieme i voti necessari a formare una maggioranza di governo a Madrid.
I voti Feijóo non li ha trovati. E così Sánchez, fresco e riposato dopo tre mesi passati a studiare le vie di avvicinamento meno rischiose agli indipendentisti catalani i cui voti gli sono necessari per l’investitura, s’è presentato ieri con un accordo con la sua ministra del lavoro (uscente) Yolanda Diaz, ormai simbolo di una sinistra diffusa e dispersa, delusa negli anni da Podemos e dagli eredi della esplosa Izquierda unida ma intenzionata a non regalare il governo alla destra. Che ha vinto le regionali di maggio, ma non è stata capace di vincere le politiche convocate subito con mossa rischiosa e azzeccata da Sánchez.
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Volete davvero regalare a questa destra che si appoggia a Vox (il partito d’ultradestra di Santiago Abascal alleato che a Giorgia Meloni ora conviene nascondere ma non sempre può) arrivi al governo della Spagna? è stata la domanda rivolta dal premier agli elettori nell’anticipare il voto. Il partito popolare governa ora in 30 dei 50 capoluoghi di provincia spagnoli – ha ottenuto la maggioranza assoluta in 14 – e il partito socialista in dieci. Feijóo, fino all’anno scorso attento a presentarsi come guida moderata e pacata dei conservatori spagnoli, ha sempre detto di non voler patti con Vox perché: “non condivido il discorso di Vox”, “a volte è meglio perdere il governo che vincere con il populismo”, o “Vox non ha mai gestito un solo euro pubblico in vita loro”.
Feijóo – o, meglio, i caudillos locali del Psoe, ma il risultato non cambia – è inizialmente slittato verso Vox, poi ha affrettato il passo fino a scapicollarsi pur di prendere il governo di regioni importanti della Spagna. Patti con Vox ovunque. L’azzardo di Sánchez è riuscito, le elezioni politiche anticipate hanno fermato la corsa della destra e ora tra socialisti e sinistra c’è un “accordo programmatico” per un nuovo “governo di coalizione progressista”. Il pezzo forte è la riduzione dell’orario di lavoro settimanale da 40 a 37,5 ore a parità di salario. L’abbassamento dell’orario di lavoro avverrà per gradi, una legge per abbassarlo a 38,5 nel 2024 e poi a 37,5 nel 2025. Dopo la riforma che cambia lo Statuto dei lavoratori entrerà in gioco la negoziazione collettiva. La confindustria spagnola ha promesso battaglia.
Ai socialisti spagnoli, che presiedono il semestre europeo nel quale verranno prese le decisioni riguardanti il piano di stabilità, servono i voti degli indipendentisti catalani di Esquerra Repubblicana, partito già alleatosi in passato con Sánchez, e soprattutto di Junts per Catalunya, il gruppo ancora molto legato al suo capo Carlos Puigdemont scappato dalla Spagna dopo le accuse giudiziarie per aver tentato la spallata al governo centrale con la convocazione illegale nel 2017 di un referendum per una Catalogna indipendente da Madrid. Si tratta sulla amnistia per gli indipendentisti. Ma Puigdemont vuole la promessa di un referendum che il Psoe non può accettare senza perdere i voti dei tanti socialisti che pur non volendo regalare il governo alla destra non vogliono spingersi molto in là nelle aperture agli indipendentisti.