Armita Geravand è morta. La 16enne iraniana di origine curda, finita in coma 28 giorni fa dopo essere stata picchiata dalla sorveglianza della metropolitana di Teheran a causa di un diverbio perché non indossava il velo, non ce l’ha fatta.
Una fine annunciata ormai da giorni: lo scorso 23 ottobre il padre della ragazza aveva confermato la sua morte cerebrale, dicendo che “il cervello di Armita in questo momento non funziona e non c’è speranza per la sua guarigione“.
Armita era stata ricoverata in coma lo scorso primo ottobre dopo un trauma cranico subito nella metropolitana di Teheran, la capitale dell’Iran: qui era stata malmenata da un sorvegliante perché non portava l’hijab, in violazione della legge che ne prevede l’obbligo per tutte le donne che si muovono negli spazi pubblici.
Il governo di Teheran ha sempre negato questa versione affermando che la giovane era svenuta a causa di un calo di pressione. Ma da un video diffuso dopo il suo ricovero, si vede Armita in compagnia di altre due ragazze: dopo essere salite a bordo, si vede una delle due altre due ragazze fare un passo indietro, scendendo dal treno e piegandosi in avanti. Dopo qualche secondo Geravand viene trascinata fuori dal treno da alcuni passeggeri, apparentemente svenuta, e poi portata via in barella.
Il caso di Armita ha ricordato quella di Mahsa Amini, la 22enne deceduta nel novembre 2022 mentre era detenuta nelle prigioni iraniane. La morte di Masha, colpevole di aver infranto le regole relative al velo, ha scatenato un’ondata di proteste in tutto il Paese, represse nel sangue dal regime iraniano.