Netanyahu rifiuta scambi
Detenuti palestinesi in Israele, merce di scambio in carcere senza accuse e in condizioni terribili
Esteri - di Carmine Di Niro
La proposta di Hamas di scambiare i palestinesi detenuti nelle carceri di Israele con gli ostaggi israeliani, circa 230, in mano al gruppo radicale terroristico che governa la Striscia di Gaza è stata liquidata dal portavoce delle Forze di Difesa israeliane Daniel Hagari come “terrorismo psicologico”. Eppure la situazione dei detenuti palestinesi in mano al governo di Tel Aviv è a dir poco preoccupante, un tema che ha solo sfiorato l’opinione pubblica mondiale, ben più concentrata ad osservare e discutere dell’operazione militare israeliana, la controffensiva dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso.
Quanti sono i palestinesi detenuti in Israele
Secondo una stima Onu dello scorso luglio, i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane erano 5.200, di cui 150 minori e 333 donne, oltre a 1.100 persone in cella senza una vera e propria accusa. Un numero che secondo la Commissione per i prigionieri palestinesi dell’Anp è salito a oltre 10 mila dopo il 7 ottobre, quando Israele ha compiuto raid e arresti di massa in Cisgiordania e Gerusalemme Est, occupata illegalmente dallo Stato ebraico.
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La commissione palestinese denuncia che in questi numeri vi sono persone “arrestate nelle loro case, nei posti di blocco militari”, oltre a “coloro che sono stati costretti a consegnarsi con la minaccia di arresto per i propri familiari”.
I “combattenti illegali”
Tutto possibile grazie ad una speciale legislazione israeliana che dal 2002 consente la detenzione amministrativa per un periodo rinnovabile per sei mesi in assenza di processo per i “combattenti illegali”. Una definizione dalle maglie larghissime e che consente di fatto arresti di massa indiscriminati: viene considerato un “combattente illegale” chi “ha partecipato direttamente o indirettamente ad atti ostili contro lo Stato di Israele, o è membro di una forza che compie atti ostili contro lo Stato di Israele”, accusa rivolta alle migliaia di palestinesi arrestati dal 7 ottobre ad oggi.
Le condizioni di detenzione
Per i palestinesi le condizioni di detenzione nelle carceri israeliane, la maggior parte di loro sono reclusi nelle base militare di Sde Teyman, nel deserto del Negev, nella prigione di Ofer vicino Ramallah e nel campo militare di Anatot, vicino Gerusalemme Est, sono durissime. Per i prigionieri è difficile incontrare avvocati e familiari, nelle celle per molte ore al giorno non c’è elettricità e spesso ai palestinesi vengono ridotti i pasti, come denunciato dalla Commissione per i prigionieri palestinesi dell’Anp. La Ong Save the Children ha rivelato che i minori subirebbero abusi fisici e psicologici all’interno delle carceri, interrogati senza la presenza di un genitore e sfruttati come informatori.
Una ulteriore stretta è arrivata lo scorso 17 ottobre quando, come riferito dal quotidiano israeliano Haaretz, il Parlamento dello Stato ebraico ha approvato un disegno di legge che riduce temporaneamente lo spazio minimo assegnato a ciascun prigioniero, precedentemente fissato in 3,5 metri quadrati. In questo modo si è consentito ad alcune carceri israeliane di aumentare la propria capacità massima, messa a dura prova dalla raffica di arresti tra la popolazione palestinesi: secondo l’Anp con questa mossa in una singola cella possono essere rinchiuse oltre dieci persone. Ai prigionieri verrà assegnato un materasso sul pavimento solo se non saranno disponibili letti e solo per “brevi periodi”.
Anche un rapporto delle Nazioni Unite dello scorso giugno denunciava le detenzioni arbitrarie di Israele, sottolineando che “i palestinesi sono spesso considerati colpevoli senza prove, arrestati senza mandato, detenuti senza accusa né processo e brutalizzati nelle carceri israeliane”.