La storia
Quali sono gli scambi tra ostaggi più importanti del conflitto israelo-palestinese
Una prassi che negli anni ha caratterizzato la guerra. Per Israele anche la singola vita di un cittadino o di un militare ha un'importanza assoluta. Come se ci fosse un patto non scritto tra la cittadinanza e il governo. Ecco perché la controparte ha spesso puntato al rapimento di persone: è l'unico modo per avanzare richieste che lo Stato Ebraico dovrà prendere in considerazione
Esteri - di Andrea Aversa
La chiave di ciò che è accaduto lo scorso 7 ottobre è nelle mani di 240 persone. O meglio in quelle di chi le ha rapite. Stiamo parlando degli ostaggi israeliani presi dai miliziani di Hamas. La strategia del gruppo terrorista ha il suo fulcro in quelle 240 vite: dalla loro sorte dipenderà l’andamento del conflitto. Soprattutto, grazie a quelle 240 persone in ostaggio, Hamas potrà avanzare richieste forti e scomode al governo israeliano. Ed è molto probabile che l’esecutivo di Unità Nazionale guidato da Benjamin Netanyahu farà di tutto per liberare i 240 israeliani al momento prigionieri dei miliziani.
Il valore degli ostaggi
La storia del conflitto israelo-palestinese è stata caratterizzata negli anni dalle vicende relative agli ostaggi. Il terrorismo palestinese ha spesso usato il rapimento di cittadini o militari israeliani per potersi sedere al tavolo delle trattative. Il motivo è chiaro: lo Stato Ebraico ha sempre fatto di tutto per portare a casa i propri ‘figli’ a maggior ragione se soldati o soldate. Per questo l’obiettivo degli attacchi è spesso quello di rapire cittadini israeliani. È successo che la vita di un solo ebreo è costata la liberazione di più di mille detenuti palestinesi. Tra questi ci sono state anche persone accusate di terrorismo o di far parte dei vertici dell’Olp e di Hamas.
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Dai militari siriani all”Affare Jibril”
Ma quali sono gli scambi tra ostaggi più importanti del conflitto israelo-palestinese? Era il 1955 quando il governo del neonato Stato d’Israele accettò di liberare 45 soldati siriani in cambio di quattro militari israeliani più il corpo del loro comandante. Nel 1983, lo Stato Ebraico acconsentì alla liberazione di ben 4.700 cittadini arabi in cambio di 6 cittadini israeliani. Questi ultimi erano prigionieri dell’Olp in Libano. Nel 1985, invece, c’è stato lo scambio di ostaggi più famoso e controverso della storia del conflitto. Stiamo parlando dell”Affare Jebril‘: far tornare a casa tre soldati israeliani in cambio di 1.150 guerriglieri palestinesi.
Il caso-Shalit
Venendo ai tempi più recenti, è rimasta scolpita nella storia la liberazione del soldato Gilad Shalit. Quest’ultimo era entrato nell’esercito nel 2005. Si fece assegnare a un reparto corazzato. L’anno successivo fu rapito dai miliziani di Hamas in occasione di un attacco alle postazioni militari israeliane poste al confine con Gaza. Portato nella Striscia, Shalit è rimasto prigioniero per cinque anni. Il caso divenne mediatico ed esplose all’interno dell’opinione pubblica israeliana. La pressione sul governo di allora, già guidato da Netanyahu, fu enorme. Era il 2011 quando il soldato, ormai 25enne e promosso da caporale a sergente, fu liberato: per lui l’esecutivo fece uscire dalle carceri 1.027 detenuti palestinesi, di cui 78 accusati di attacchi terroristici. Per la sua liberazione fu decisiva l’attività del mediatore tedesco Gerhard Conrad. Tra gli ostaggi arabi liberati figurava Yahya Ibrahim Hassan Sinwar, attuale capo dell’ufficio politico di Hamas a Gaza.