È stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione. L’inchiesta, che risale al 2018 quando Danilo Iervolino era proprietario dell’Università Pegaso, è curata dal magistrato Henry John Woodcock. Iervolino, oggi Presidente della Salernitana ed editore del settimanale L’Espresso, ha rilasciato un’intervista a Il Riformista. “Sono stato costretto a vendere la società e ad andarmene. Purtroppo svolgere una attività imprenditoriale a Napoli era diventato impossibile a causa dell’attenzione, che definirei ‘morbosa’, della Procura della Repubblica nei miei confronti“. Per gli inquirenti, Iervolino avrebbe favorito l’assunzione presso l’ateneo del figlio di Concetta Ferrari, all’epoca direttore generale del Ministero del lavoro, su pressione di Franco Cavallaro, segretario generale della Cisal.
L’intervista
Nell’intervista Iervolino ha spiegato che Cavallaro e Ferrari erano legati da un rapporto di amicizia e che la vicenda legata a tale assunzione è spuntata fuori da un’intercettazione. In pratica, i due amici hanno avuto una telefonata durante quale avrebbero parlato di questo presunto favore. Soprattutto, il patron granata, ha spiegato che, “il ragazzo, che non conoscevo, come non conoscevo la madre, si presenta alla Pegaso e riceve un contratto integrativo. Ma come lui tanti altri“. A un certo punto, nell’indagine, è emerso il nome di Francesco Fimmanò, direttore scientifico della Pegaso e avvocato di Iervolino. Cavallaro avrebbe chiesto al legale di poter combinare un incontro con il vicecapo-gabinetto del Ministero del lavoro, la prefetta Fabia D’Andrea. L’appuntamento fu fissato nonostante, ha affermato Iervolino, “D’Andrea nessun ruolo o potere poteva avere nella vicenda“.
Il caso
Poi ha avuto inizio la trafila amministrava e giudiziaria: lo scorso anno, Woodcock, ha convocato Iervolino e Fimmanò un invito a comparire per fornire spiegazioni sulla vicenda. In seguito, il pm, “aveva fatto una richiesta cautelare ai domiciliari per Ferrari e Cavallaro e un obbligo di dimora per D’Andrea. La richiesta – ha raccontato Iervolino – è stata rigettata dal gip nel mese di maggio. Il magistrato ha allora fatto appello al Riesame. Senza attendere la decisione, a luglio ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti“. Infine, è arrivata la decisione del Tribunale del Riesame che, “ha annichilito l’appello del Pm. Lo ha dichiarato inammissibile, in quanto non v’è alcun indizio visto che queste captazioni trojan di terzi ante 2020 sono inutilizzabili per giurisprudenza ormai consolidata. Guarda caso, esce la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per un procedimento che è già su un binario morto“, ha dichiarato Iervolino.
La persecuzione
L’imprenditore ha poi descritto quello che secondo lui è stato un vero e proprio ‘stalking giudiziario‘ messo in atto contro di lui: “Negli ultimi 5 anni il dottor Woodcock ha ‘gemmato’ una serie enorme di imputazioni, sempre dallo stesso procedimento in cui avrei corrotto il Parlamento – ha detto Iervolino – Anni fa, con uno meccanismo per il quale ho sporto querela nei confronti di Woodcock, è stato abusivamente acquisito ogni dato che mi riguardasse. Sono stato intercettato per anni, con cimici in casa quando ero coi miei bambini e mia moglie, in auto, in ufficio, ovunque, uno stalking giudiziario. Come dicono i miei avvocati, dallo stesso procedimento se ne tira fuori un altro e così all’infinito, è una tecnica consolidata, così la competenza resta sempre allo stesso Pm che, che coincidenza, la prima volta era di turno“. Procedimenti puntualmente rigettati dai giudice del Riesame.
Le conseguenze
Un clima di ‘terrore’ che si è ripercosso anche sulla vita privata di Iervolino e la sua famiglia. “Io non sono in guerra con nessuno, vorrei solo lavorare, produrre e vivere in pace coi miei figli. So soltanto – ha aggiunto l’imprenditore – che questa persecuzione mi ha costretto a lasciare Napoli ed a svendere la metà del mio gruppo per proteggere i miei bambini, ormai traumatizzati da perquisizioni con centinaia di poliziotti e finanzieri a casa ed in ufficio. Ma questo è un tema che molti purtroppo conoscono da anni“. Questo il motivo per il quale l’editore e patron granata avrebbe lasciato Napoli e portato lontano dalla città moglie e figli.
Ad oggi, dopo l’archiviazione del procedimento a suo carico in materia fiscale, Iervolino ha manifestato forte preoccupazione rispetto alle conseguenze che tali vicende possono avere sulla sua vita professionale e sociale. Rispetto a tutte le persone con la quale è in contatto e che potrebbero aver timore di mostrarsi con lui in pubblico, perché persona costantemente nel mirino della Procura. L’imprenditore, che ha parlato di giudici per bene e di pm in cerca di visibilità, si è chiesto: “Si rende conto che siamo ancora a parlare di questo procedimento a cinque anni di distanza? E poi che succede se verrò prosciolto nuovamente? Nulla, ci siamo sbagliati?“.