Il piano della Meloni

La forma repubblicana non si tocca: la destra ha letto la Costituzione?

Al di là delle opinioni, tutte legittime, sul presidenzialismo c’è un dato insuperabile: l’articolo 139 della Carta che vieta modifiche di tale portata

Editoriali - di Giuseppe Sangiorgi - 1 Novembre 2023

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Il piano di Giorgia Meloni sul presidenzialismo
Il piano di Giorgia Meloni sul presidenzialismo

Parlandone con diversi interlocutori dalle elezioni del settembre 2022, mentre io insistevo sul contrario, mi si obiettava che no, la riforma costituzionale non sarebbe stata una priorità del governo Meloni. Ma proprio in questi ultimi giorni la maggioranza che guida il Paese, Fratelli d’Italia in particolare, è passata dalle affermazioni di principio alle proposte di carattere concreto, specie per quanto riguarda il più decisivo dei mutamenti costituzionali: la forma di governo, con l’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri.

Su questa ipotesi vorrei fare una considerazione, e chiedo la tua ospitalità. L‘Unità infatti continua a essere nelle edicole mentre Il Popolo, che era il mio giornale, non lo è più, e non saprei a chi rivolgermi. Sai che nell’immediato dopoguerra i nostri due giornali stampavano nella stessa tipografia. Il Popolo pubblicava i titoli dei film in programmazione con affianco il giudizio del CCC, che era il Centro cattolico cinematografico. L’Unità per comodità pubblicava quegli stessi tamburini, e una volta un lettore scrisse al direttore per complimentarsi perché anche sui film, il giornale offriva i giudizi del … Comitato centrale comunista.

Ma questo è il passato, veniamo alla considerazione che desidero fare ai nostri giorni (senza la pretesa di somigliare ai ragionamenti del caro, e un po’ troppo presto dimenticato Ciriaco De Mita, proprio in circostanze come le attuali). La nostra, va ricordato, è una Costituzione rigida, che prevede all’articolo 138 un severo meccanismo di revisione: “revisione”, attenti alle parole che stanno scritte nella Costituzione. Revisione, dice il dizionario, è un esame teso a esaminare il grado di efficienza di una certa soluzione data a un problema, e se è necessario migliorare tale soluzione.

Nell’immaginario popolare, nei fatti e nel dettato normativo, la nostra è una Repubblica parlamentare.  A sua volta l’impianto della Carta poggia su quattro organi costituzionali – Parlamento, Presidenza della Repubblica, Governo, Corte Costituzionale – parimenti ordinati fra di loro, collegati e interdipendenti uno dall’altro, in un sistema di pesi e contrappesi istituzionali che evitano il prevalere di un singolo organo sugli altri.

L’elezione popolare del presidente del Consiglio scardina questo impianto: non intende migliorarlo, renderlo più completo rispetto al passato, lo sostituisce con un altro. È il passaggio dalla democrazia parlamentare alla democrazia presidenziale. Ma prima di entrare nel merito di questo passaggio, se sia migliore o peggiore – e ognuno legittimamente ha al riguardo le proprie idee – il punto è come debba avvenire questo passaggio che cambia la struttura democratica del Paese.

Basta l’articolo 138? Questo articolo è il penultimo della Costituzione. Il meccanismo di revisione che contempla la doppia lettura, le maggioranze qualificate, l’eventuale referendum confermativo, riguarda tutto ciò che è scritto negli articoli precedenti. Ma dopo c’è la mannaia dell’articolo 139, l’ultimo: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.

Qual è la “forma repubblicana” della nostra Costituzione? È quella della repubblica parlamentare. Tramite l’articolo 138, le revisioni possono avvenire dunque all’interno di questo perimetro, non fuori di esso. E la Repubblica presidenziale è fuori di questo perimetro, è una forma alternativa, respinta a suo tempo dai costituenti.

Ecco il punto, insieme di merito e di metodo: come introdurre il presidenzialismo, se l’articolo 138 non ha il potere di farlo. La via maestra è un’assemblea costituente, non un semplice disegno di legge di revisione, o magari il passaggio attraverso una commissione bicamerale. Su una tale decisione i cittadini vanno chiamati prima, non a cose fatte. Articolo uno cost: “… La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

1 Novembre 2023

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