La polemica
Yair Netanyahu, il figlio del premier Bibi “imboscato” a Miami: solidale con i soldati ma in fuga dai riservisti
Esteri - di Carmine Di Niro
A differenza di tanti giovani israeliani che da un capo all’altro del mondo sono partiti subito dopo il 7 ottobre per raggiungere la loro patria e arruolarsi per servire lo Stato, lui resta nel suo “esilio” dorato di Miami, in Florida. Il “lui” in questione è Yair Netanyahu, figlio 32enne del primo ministro israeliano Bibi Netanyahu.
Una decisione che sta aumentando le critiche sdegnate in Israele nei confronti del premier, già nell’occhio del ciclone per l’incapacità del suo governo e dei vertici militari di prevenire l’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre contro lo Stato ebraico, con oltre mille morti nei raid nei kibbutzim e al rave nel deserto nel Negev.
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Perché se sono 370mila gli israeliani che hanno lasciato gli Stati Uniti e gli altri Paesi in cui risiedono per rispondere al richiamo dei riservisti, Yair pur essendo in età compatibile con la “chiamata alle armi” ha preferito resta al caldo della Florida. Il figlio di Netanyahu ha limitato il suo sostegno ai soldati in prima linea e nelle retrovie a qualche storia su Instagram.
La “fuga” in Florida
Il 32enne Yair si è rifugiato negli Stati Uniti dallo scorso aprile su suggerimento del padre: tutta colpa di una causa per diffamazione persa dal figlio del primo ministro, avviata da una attivista politica e rivale del padre accusata di aver avuto una relazione sentimentale inesistente. In effetti il giovane Netanyahu era noto in patria per il suo uso a dir poco violento dei social network: piattaforme che utilizzava per sferrare durissimi attacchi contro i detrattori del padre e del Likud, con i bersagli preferiti nella sinistra israeliana, tra l’altro sempre più impotente di fronte ad uno spostamento a destra dell’elettorato in corso ormai da anni. Ma nell’elenco dei suoi nemici ci sono anche George Soros, l’ex ministro Yitzhak Rabin, assassinato nel 1995 da un fanatico religioso ebreo, accusato di aver “ucciso i sopravvissuti all’Olocausto”.
Dalla “fuga” a Miami la sua attività social si era sensibilmente ridotta, fino al 7 ottobre: da Yair ha ripreso a postare da vero “soldato dei social”, preferendo il mondo virtuale al campo di battaglia dei suoi coetanei tornati in patria.
Le critiche dei riservisti
Riservisti che non l’hanno presa bene, per usare un eufemismo. “Yair – ha commentato un riservista al Times di Londra – si sta godendo la vita a Miami Beach mentre io sono al fronte”. “Siamo noi – ha continuato – che lasciamo il nostro lavoro, le nostre famiglie, i nostri bambini, per proteggere il Paese, non le persone che sono responsabili di questa situazione”. “I nostri fratelli – ha ricordato – i nostri padri, i figli, stanno andando tutti al fronte, ma Yair non c’è. Questo non aiuta a costruire fiducia attorno alla leadership di un Paese”.
Un altro israeliano tornato in patria ha aggiunto: “Ho lasciato gli Stati Uniti dove ho un lavoro, una vita e la mia famiglia. Non potrei abbandonare il mio Paese in questo momento cruciale. Dov’è, invece, il figlio del premier? Perché non è in Israele?”.